Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (XLIII parte)

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George WeasleyGiungo in piazza Palazzo di Città, una volta denominata Piazza delle Erbe, cuore del capoluogo piemontese. Essa è collegata alla vicina piazza Corpus Domini ed è attraversata da via Milano, che si congiunge con via Garibaldi.
L'area urbana su cui sorge la piazza era già importante in epoca romana. Si ritiene, infatti, che coincida al forum dell'antica Julia Augusta Taurinorum, comprendendo anche la piazza Corpus Domini. Sorgeva, come consuetudine, in corrispondenza dell'incrocio del decumanus maximus (ovvero l'attuale via Garibaldi) e del cardo maximus (l'attuale via Porta Palatina).
L'importanza e la centralità del luogo è confermato dalla permanente vocazione commerciale della piazza nel corso dei secoli. Solo durante il periodo medievale, l'area fu suddivisa in due piazze: piazza delle Erbe e la piazza del Grano (ovvero piazza Corpus Domini) e ospitava il mercato degli ortaggi e della frutta. Essa era il fulcro di un sistema di piazze satelliti, che la rendevano il vero e proprio centro commerciale cittadino.
Infatti piazza delle Erbe era collegata, tramite un arco in mattoni, con piazza san Silvestro ossia piazza del Grano e con piazza san Benigno, oggi scomparsa sulla quale prospettava una chiesa, esistente sin dal 1385, anche questa scomparsa. Sul sagrato della chiesa di san Benigno si teneva il mercato del burro e del formaggio; per questo il luogo aveva preso il nome dialettale di "cort dèl Bur", toponimo che oggi definisce l'odierno cortile interno del Palazzo Civico, che sostanzialmente ricalca gli spazi dell'antica piazza medievale.
Completava l'insieme mercatale dell'allora centro commerciale, la piazza di san Gregorio, ubicata di fronte alla Torre Civica tra la contrada di San Francesco e quella di Doragrossa, oggi via Garibaldi, anch'essa demolita nel 1801 in epoca napoleonica perché fuori allineamento con via Garibaldi.
La piazza, a pianta rettangolare, è caratterizzata dalla sua sobrietà simmetrica e dall'elegante sistema di portici di Benedetto Alfieri, che la circonda. Il tutto si raccorda molto bene con il prospetto del palazzo Civico, che è scandito da archi a tutto sesto sorretti da pilastri binati.
In posizione centrale è collocato il monumento che raffigura Amedeo VI di Savoia, detto "Il Conte Verde". La statua è una notevole opera dell'architetto Pelagio Palagi databile 1853. Essa vuole ricordare la crociata di Amedeo VI, in difesa della cristianità ed è un dono di Carlo Alberto di Savoia al Comune, in seguito al matrimonio del figlio con la Principessa di Lorena. Il monumento è collocato all'incirca dove per decenni veniva posto il patibolo, sulla cui corda per giorni veniva lasciato l'impiccato a monito di tutti coloro che passavano per il mercato.
Nel corso del XVII secolo la piazza fu interessata dal piano di trasformazione della città, vedendo la realizzazione del Palazzo Civico e perdendo lentamente la sua destinazione commerciale.
Per secoli il Comune, fu privo di una propria sede ove si potesse riunire il Consiglio e amministrare la giustizia, trovando di volta in volta ospitalità presso le residenze delle più importanti famiglie cittadine. L'amministrazione comunale pertanto acquistò nel 1472 un edificio, posto in Piazza delle Erbe e negli anni successivi ne furono acquisiti altri, finché l'intero isolato che si affacciava sull'antica piazza del mercato, fu occupato dalla sede comunale.
Palazzo Civico fu progettato dall'architetto ducale Francesco Lanfranchi, realizzato tra il 1659 e il 1663. La prima pietra venne posata dall'arcivescovo di Torino Giulio Cesare Bergera, alla presenza del duca Carlo Emanuele II e della madre, la Madama Reale Cristina di Francia. Nel 1756 l'architetto regio Benedetto Alfieri interviene sull'edificio ampliandolo.
Gli ultimi interventi sono della seconda metà dell'ottocento, ad opera di Giuseppe Talucchi con la sopraelevazione del palazzo nella parte centrale.
Per l'inaugurazione, il palazzo ospitò una grande festa, indetta in occasione del matrimonio del duca con la Principessa di Francia Francesca Maddalena d'Orléans e sulla piazza antistante, dal loggiato gli sposi, assistettero ad un grande spettacolo pirotecnico. Il palazzo ospitò anche le seconde nozze di Carlo Emanuele II, rimasto vedovo di Francesca Maddalena, con Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours.
Il palazzo, oggi si sviluppa su due piani, oltre al piano terreno, vi si alternano finestre e lesene, posto in posizione centrale, in un ipotetico terzo piano, vi è una piccola torre contenente un orologio ai cui due lati vi sono due nicchie. Un tempo su questo sopralzo pare vi fosse stato un grande stemma con le insegne dei Savoia-Orléans, affiancato da leoni in bronzo, opere che furono distrutte dai giacobini nel 1799.
Al piano terra si sviluppa un bel porticato al cui centro vi è il monumentale ingresso.Qui vi sono due statue: quella di Ferdinando di Savoia, duca di Genova, capostipite del ramo Savoia-Genova, e quella di Eugenio di Savoia, entrambe opere di metà Ottocento.
Sotto il porticato, ai due lati sono collocate in due nicchioni altre due statue: quella di re Carlo Alberto e quella di re Vittorio Emanuele II. Poste sulle pareti e sui portici, tante ed importante lapidi che ricordano momenti salienti dell'unità nazionale. Una di queste, con gli stemmi della città di Torino e con il giglio della città di Firenze, posta il 9 giugno 1855, ricorda i fiorentini caduti per l'indipendenza, durante la campagna del 1848. Un'altra ricorda i torinesi morti combattendo per l'indipendenza d'Italia tra il 1849 e 1859; un'altra ricorda sempre i torinesi morti nelle guerre d'indipendenza del 1859. È inoltre presente una lapide che elenca i torinesi morti nelle guerre d'Africa del 1887, 1895-1896. e poi un altra del 1659 ricorda il miracolo eucaristico. Su una di esse di legge: "... onora i prodi caduti per la rivendicazione della Libia a Roma Italiana..." posta nel 1913. C'è poi una lapide che riporta il comunicato del Comandante in Capo delle forze navali mobilitate Thaon di Revel del novembre 1918; un'altra che ricorda quando nel settembre 1855 i deputati delle assemblee di Toscana, di Modena, di Parma e Piacenza furono a Torino per consegnare l'annessione al Piemonte. Ovviamente non può mancare il bollettino del comando supremo del 4 novembre 1918 con il comunicato di Diaz della vittoria e della fine della prima guerra mondiale".
Posto fuori dai portici, ma sempre sul palazzo Civico, o anche come viene chiamato dai torinesi Palazzo di Città, è posta una lapide che ricorda "l'arguto poeta dialettale de l'antica vita torinese, indagatore e storiografo ..." Alberto Viriglio (1851-1913).
L'interno si apre su un Cortile d'Onore, rimasto pressoché identico al progetto originale del Lanfranchi.
Rimane un troncone di un'altra torre civica, iniziata nel 1786 e mai terminata, che si prospetta su via Milano e via corte d'appello.
Sotto i portici che si aprono su via Garibaldi incontro George Weasley. Qui una lapide ricorda che questa fu l'abitazione del magistrato, scrittore e statista del Regno Sabaudo Federico Scolpii (1799-1878).
L'edificio sotto il quale ci soffermiamo a scambiare convenevoli, fu colpito da bombe incendiarie e dirompenti nelle notti del 30 novembre 1942 e 13 luglio 1943.
È bello rivedere George Weasley, con il quale ho lavorato per un breve periodo di tempo perchè poi si è dovuto trasferire all'estero per impegni lavorativi. Fu un compagno affabile e divertente.
Costui, nella Hogwarts della Rowling, abitava nella "tana" con la sua famiglia ed insieme a suo fratello gemello Fred. Cominciò a frequentare la Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts come tutta la sua famiglia, e come gli altri venne smistato nella Casa di Grifondoro.
Io, invece, non riesco ancora oggi ad inquadrarlo. Il mio Cappello Parlante non lo metterebbe né con Grifondoro né con Serpeverde, potrebbe forse, incorporarlo in Corvonero. La Rowling lo descrive come un ragazzo alto dai capelli color sabbia, uno studente molto dotato, di origini irlandesi, anche perché tifa per la squadra dell'Irlanda del Quidditch. Il George Weasley torinese, invece è un ragazzo sulla trentina, magro, viso olivastro ed ovale con due occhi scuri e il capello corto e sempre ben curato. George Weasley viveva nell'hinterland della città, ha alle spalle una storia vissuta molto particolare e travagliata. Ninfadora fu amica e confidente di George, mi raccontò un po' di sue vicessitudini, che me lo resero ancor più simpatico. Vive e lavora in un altro continente, è un piacere rivederlo e scambiare quattro chiacchiere con lui. Insieme ci rechiamo nel vicino bar per berci un caffè e raccontarci gli ultimi vicissitudini delle nostre reciproche vite.
Dato che George Weasley si deve recare a Palazzo di Città ci congediamo e io proseguo da solo per via Milano. Due targhe attirano la mia attenzione: una in via palazzo di Città, vicina al civico 14 e un'altra, quasi semi nascosta sotto il porticato di Piazza Palazzo di Città, davanti al civico 7. La prima ricorda il ventunenne Cillario Mario che mentre sostava sotto la sua vecchia abitazione in via Palazzo di Città (si era trasferito in via Vassalli Eandi) si trovò al
centro di un attacco mosso dai reparti fascisti per riconquistare il Municipio, occupato dai partigiani. Egli fu colpito dal fuoco di mitraglia e morì il 27 aprile 1945 all'ospedale Astanteria Martini.
La seconda ricorda il partigiano Carlo Chiesa, morto il 6 aprile 1945, costui aveva appena compiuto 54 anni, quando venne trucidato dopo aver subito pesanti torture e sevizie dai fascisti dei reparti anti-partigiani (RAP). Chiesa era residente in via Santa Chiara 10, era un impiegato Fiat, combattente della Prima Guerra Mondiale. Egli aveva aderito ai Sap (squadre di azione patriottica), divenendone ispettore, con il nome di battaglia Carlin. Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943 fu decorato con medaglia d'oro al valor militare per non aver voluto riconoscere dei collaboratori del movimento partigiano.
L'area della piazza ancora oggi, per i vecchi torinesi, viene chiamata "borsa dii busiard" borsa dei bugiardi, definizione popolare che non so se riferita all'antica presenza dei mercanti o per la presenza dell'arengo politico cittadino.
Questa piazza è stato lo scenario di principeschi matrimoni, di grandi manifestazioni con truppe schierate e vessilli sventolanti. Nel gennaio 1919 ha anche visto la presenza, sul balcone di Palazzo di Città, del presidente degli Stati Uniti Woodrow Wilson che salutava i torinesi radunatisi sotto una pioggia insistente.
Nel cortile interno del Municipio sono poste tre modeste lapidi che ricordano dei dipendenti comunali morti in servizio. Essi erano: la guardia civica Giovanni Cisti morto il 2 marzo 1898; lo spazzino Pietro Rossetti morto il 26 luglio 1898 e il pompiere Giovanni Salza deceduto il 28 ottobre 1875. Si racconta che in piazza Palazzo di Città, appaia ogni tanto, il fantasma di un cordaio, morto per suicidio tramite impiccagione. Si vuole che questo spirito sia dispettoso e si diverta a far cadere gli oggetti lasciati sui davanzali dei palazzi prospicienti la piazza.
Questa piazza fu anche lo scenario del film "La donna della domenica" del 1975 diretto da Luigi Comencini. Il film è tratto dall'omonimo romanzo del 1972 di Carlo Fruttero e Franco Lucentini. Il racconto è ambientato nella Torino dei primi anni Settanta. Il commissario Santamaria indaga sull'assassinio di un individuo equivoco, l'architetto Garrone. Questi era un professionista fallito, un personaggio volgare che vivacchiava ai margini della Torino bene, da cui era tollerato ma disprezzato.



Fine XLIII parte.