Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Retorto

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RetortoOggi il sole è baldanzoso nel cielo, è un fine settimana splendente. Già dal mattino nell'aria si sentiva la prima brezza primaverile. La luce è ancora forte quando m'avvio alla scoperta di questo antico borgo, ora rilegato a poco più che una grande cascina.
Ci sono passato davanti tante volte. Dapprima in auto con mio padre, poi, nel mio girovagare adolescenziale, in motorino, e poi ancora in auto. Mio padre la denominava la "Cascina di Fanfani". Egli era un vecchio politico italiano, che nulla aveva a che fare con la mia terra, né credo con questo antico Borgo. Ma quando c'era da definire un luogo o qualcosa che segnasse facili arricchimenti mio padre lo chiamava così...
Scendo dall'auto, la luce prorompente è in bilico con un'aria fresca e fastidiosa. Retorto è un piccolo borgo posto sulle rive del torrente Orba. Un tempo era situato su una strada di grande comunicazione, ma, con la costruzione della strada provinciale, rimane più isolato.
L'antica strada era un tratto della via Emilia Scauri, chiamata anche "via della Levata" che univa Vada Sabatia (Vado Ligure) a Derthona (Tortona) e qui sul guado del torrente Orba venne costruito una prima torre a casaforte, forse a guardia del guado o anche posto di "gabella".
Retorto oggi è una frazione del comune di Predosa, ma rispetto al suo capoluogo vanta una storia più antica. Si conosce poco ma si è certi che già nel 938 il suo nome è citato da Ugo di Provenza, che donava la cappella di Rivotorto alla regina Berta per le sue nozze. Ugo di Provenza fu re d'Italia. - figlio del conte di Arles, Lotario, cui succedette (898), e Re di Provenza, pur mantenendo il titolo di Marchese, dal 928 al 933, e re d'Italia dal 926 al 947. Chiamato in Italia dai grandi nobili e da papa Giovanni X per essere opposto a Rodolfo di Borgogna, infatti fu incoronato re a Pavia (926).
Non si trattava di un matrimonio da poco: Ugo di Provenza era re d'Italia, quando concede varie corti in dote a Berta, sua sposa e vedova di Rodolfo II, suo predecessore nel regno.
Insieme a Retorto, veniva concesso in dote, anche Gamondio oggi Castellazzo Bormida, Sezzadio curtis col toponimo di Setiacus e curtis regia Urba oggi Casalcermelli.
Comincio la mia passeggiata in questa enorme cascina, un tempo fiorente borgo agricolo, abitato da centinaia di persone. Oggi si presenta in un discreto stato di conservazione, con i giardini curati e le antiche case rurali.
Le grandi costruzioni degli antiche cortili, mettono in mostra orgogliosamente il proprio antico stato di benessere, grandi costruzioni a due piani più il sottotetto ammezzato, con un interminabile serie di porte, indica quanta gente abitasse in queste case. Al piano terreno, la porta introduce nell'area a giorno, mentre una scala in legno porta ai piani superiori con la camera da letto, dove è presente una grande finestra che dava sull'aia.
Insieme ai numeri civici che identificano le abitazioni, una grande insegna dipinta sul muro, ci ricorda che vi era un grande negozio di alimentari, un fabbro e un ciclista. Il vento che soffia sulle mie orecchie sembra ancora trasportare i rumori delle massaie intente a preparare la cena, attendendo i mariti che arrivavano dal lavoro dei campi, ma anche il rumore del fabbro intento a picchiare sull'incudine a preparare i ferri per i cavalli. Pensare che questa parte del borgo fu abitata fino al 1975. Ancora presenti i recinti per i maiali e le galline che sicuramente negli anni precedenti invece razzolavano liberamente per l'aia e i campi intorno al grande caseggiato.
Un piccolo ponticello in legno supera il rio Retortino e ben presto mi ritrovo davanti all'antica scuola elementare del borgo. Una palazzina, priva di riscaldamento, benché usata fino agli anni 70 del secolo scorso. Erano gli stessi bambini a provvedere al riscaldamento portano un pezzo di legna per la stufa tutti i giorni. La palazzina, molto ampia e ben tenuta è a due piani. Al piano terreno vi è un corridoio che dà accesso all'unica aula. Al piano superiore l'appartamento delle maestre che fu abitato fino a quando la scuola fu chiusa. Una delle due insegnanti che si occupava della multiclasse I, II, III elementare e l'altra della IV e V. Esse provenivano ultimamente, una da Alessandria e l'altra da Torino. Entrare nell'aula, sembra entrare in una pagina del libro "Cuore". Vi è ancora la lavagna girevole di legno e ardesia con i gessetti, alle pareti il crocifisso e la foto del Presidente della Repubblica Giovanni Leone, in carica quando fu chiusa la scuola. I banchi tutti in legno di diverse misure secondo l'età dei bambini, con le piccolissime sedie diversamente colorate e ormai scrostate, mi fanno tanta tenerezza. Lo scassato armadio per i quaderni, la vecchia carta d'Italia con ancora l'Istria italiana, mi fa sorridere e penso a quanti bambini sono passati da questa scuola. I racconti ascoltati mi dicono che ci fossero iscritti anche 50 bambini per volta. Sarebbe bello sentir suonare la campanella e vedere scemare tutti gli alunni fuori dalla scuola, con i loro grembiuli neri, il grande fiocco al collo, cartella in mano o con il cestino di vimini per la merenda. Lascio questa bella pagina di reminiscenze scolastiche e scrollatomi dalle spalle l'inquietudine e la nostalgia che mi ha pervaso, mi perdo ad ammirare l' ampio giardino molto ben curato. Proseguo la mia passeggiata e mi ritrovo davanti alla chiesa del borgo dedicata a San Bartolomeo. L'attuale edificio e datato1827. Anticamente vi erano state altre strutture religiose. Sulla facciata di una casa ancora si vede in un rosone tamponato di un altro altero edificio religioso, oggi trasformato in un fabbricato adibito ad abitazione civile per i lavoranti della antica tenuta nobiliare. Questa fu sede di parrocchia e chissà quale sensazione offriva l'ascoltare da lontano le campane che suonavano il ritmo della vita campestre, poste sul suo alto e bianco campanile, quasi un ditone che si ergeva in mezzo alla sterminata pianura. La chiesa fu parrocchia fino al 1988. Uno stemma nobiliare posto sopra la porta d'accesso, ricorda la famiglia che volle edificarla: I Dal Pozzo che hanno come stemma un pozzo circondato da due grifoni. L'interno della chiesa, ancora utilizzata per matrimoni e battesimi, è a navata unica, con bei arredi barocchi. Un' antica lapide, forse una pietra tombale ricorda gli antichi nobili feudatari della nobile famiglia Dal Pozzo, sicuramente precedentemente collocata in una chiesa più antica. Una più moderna lapide in marmo bianco ed incisa in rosso ricorda che il 30 settembre del 1968, vi sostarono le spoglie di San Paolo della Croce, fondatore dei passionisti, in un viaggio che da Roma lo portava a Castellazzo Bormida e a Ovada sua città natale. La lapide ricorda come San Paolo della Croce predicò proprio a Retorto. Curiosa una grata che s'affaccia sull'abside che ricorda come un tempo al servizio della chiesa ci fossero delle suore di clausura e che appunto assistevano alle funzioni religiose da dietro la grata. Sempre affacciato all'abside un balconcino permetteva alla nobile famiglia di assistere alla celebrazione, senza mischiarsi con i ceti inferiori. Il balconcino era collegato direttamente al castello, attraverso un corridoio coperto. Purtroppo anche questa chiesa è stata oggetto di furti di opere sacre, depredandola di chi sa quali preziosi arredi.
Da un lato del sagrato della chiesa sono ben visibili le diverse corti che costituiscono la tenuta agricola, tutte tra loro comunicanti ed organizzate in maniera razionale. Dall'altro lato, è presente l'imponente residenza nobiliare secentesca, che ingloba l'antica casaforte. La residenza è circondata da un parco popolato da alberi secolari. Mi pare proprio l'ambiente giusto per incontrare Don Abbondio e i Bravi de "I Promessi Sposi". Già vedo dietro le finestre delle case, Lucia, che è intenta nei preparativi del matrimonio con Renzo che avrebbe dovuto svolgersi il giorno successivo. Chissà in quale vialetto Don Abbondio incontrerà i masnadieri inviati da Don Rodrigo. Mi accontento di fare un giro intorno al castello e ricordare come la storia d'Italia, sia passata anche da qui.
Infatti il piccolo borgo ebbe diversi proprietari, tra i quali ricordiamo il Monastero di San Benigno di Fruttuaria concesso dall'Imperatore Enrico IV, il 1 aprile 1065, poi Federico I Barbarossa lo concede a Guglielmo V Marchese del Monferrato. Mentre il 21 agosto 1203 Guglielmo VI, figlio di Bonifacio I marchese del Monferrato e re di Tessalonica, mentre era impegnato nella IV crociata ne concesse metà in feudo agli alessandrini, diventati suoi alleati. Conquistata Alessandria da parte del ducato di Milano, il 2 luglio 1463 Francesco Sforza diede Retorto in feudo a Giacomo Dal Pozzo. Benché nel 1748 Carlo Emanuele IV re di Sardegna infeudò Carlo Maria Accusani, come Barone di Retorto, la proprietà rimase ai Marchesi Dal Pozzo fino al 1918 quando fu acquistata dalla famiglia Bruzzo che ne sono ancora gli attuali proprietari.
Proprio sotto il castello vi era il porto, o meglio vi era il traghetto che collegava Retorto con Fresonara, serviva a trasportare le persone e le merci. Un traghettatore vi lavorò fino a dopo la Seconda Guerra Mondiale. Dal tenutario di Retorto riceveva la concessioni di pesca, l'autorizzazione ad andare a caccia nella proprietà, l'abitazione e la possibilità di raccogliere legna lungo le rive. Dai contadini delle cascine, si faceva pagare il trasbordo ‘nå mèinå d'màiéå, un' emina di meliga all'anno, che doveva andare a ritirarla cascina per cascina prima dell'inverno.
Prima di lasciare il borgo lancio uno sguardo alle diverse meridiane disegnate sui muri del castello e delle varie case, dove ci sono anche degli affreschi votivi.
La luce rimbalza ancora sugli antichi muretti, realizzati con ciottoli di fiume alternati a mattoni, tenuti insieme da una malta bianca, ombreggiati dai prunus e dai peschi in fiore.
Lascio la gigantesca tenuta di Retorto, passando vicino all'antico pozzo che fino agli anni settanta del XIX secolo era l'unica fonte di approvvigionamento idrico per tutte le famiglie residenti. Un borgo che ancora negli anni '50 contava più di 120 famiglie, con tanto di bar, spacci, chiesa, cimitero, oltre alle case coloniche ed al palazzo casaforte padronale. Di Retorto, antico insediamento alto-medioevale è rimasto poco se non le pietre che possono raccontarne la storia. Sotto gli antichi e grandi portici, oggi hanno sostituito i cavalli e i buoi, potenti trattori ed immense mietitrebbiatrici. Ne rimane comunque un mix di operosità e di silenzio in cui il tempo pare essersi fermato. Lascio il Borgo dai giardini curati e dalle antiche case rurali, il silenzio pare assordante, ti aspetti di trovarti bambini che giocano a palla, infanti sui tricicli, anziane sull'uscio a cucire e rammendare i panni degli uomini al lavoro, invece nulla di questo se non la mia immaginazione che vede questi antichi fantasmi. Una persiana sbatte violentemente da una casa, è solo il vento ma non posso fare a meno di pensare di essere osservato da qualcuno, da dietro una finestra. Mi volto, ma non c'è nessuno, se non un bellissimo borgo, sopravvissuto tra fiabe e antichi racconti.