Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Orta San Giulio

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OrtaOggi voglio andare alla scoperta di uno dei borghi più romantici di tutto il Piemonte. La giornata è iniziata con la consapevolezza che fuori di casa c'è il sole che mi aspetta. Sono certo che le sue carezze scioglieranno il fresco che all'alba ho trovato, quando è trillata la sveglia.
In auto, percorro un tratto di autostrada ed è veramente piacevole essere scortati dai raggi del astro diurno che si sono anch'essi appena stirati dopo la nottata, dove la luna è stata padrona del cielo stellato. Lasciata l'autostrada m'avvio a raggiungere il lago Cusio e il suo centro abitato più famoso, Orta San Giulio.
Prima di entrare in Orta San Giulio, uno sguardo da sempre curioso viaggia su un meraviglioso edificio, pare di essere nel cuore di un paese arabo posto al centro del Piemonte. Un luogo da mille e una notte con un edificio di architettura moresca con il suo alto minareto. È Villa Crespi; antica dimora privata voluta da Benigno Crespi, ora è divenuta un albergo di lusso, ma che prima di diventare un Grand Hotel a 5 stelle questa lussuosa e particolare residenza ha ospitato tantissimi nomi illustri come re Umberto I che vi passava lunghi periodi di riposo.
Questa villa fu costruita nel 1879 da Cristoforo Benigno Crespi, un imprenditore lombardo del settore tessile e fu dedicata alla moglie Pia Travelli, chiamata Villa Pia (ora Villa Crespi), da utilizzare come residenza estiva. Oggi la villa ospita un hotel e un ristorante diretto dal noto cuoco Antonino Cannavacciuolo, noto per essere conduttore, su diversi canale televisivi di trasmissioni come Cucine da incubo e giudice del talent show culinario MasterChef Italia.
Ci inoltriamo nelle strette viuzze di questo importantissimo borgo che per gli amanti della storia dell'architettura del passato è rimasto uguale a quello che era secoli fa, una chicca per gli amanti della tranquillità della quiete e della bellezza, subito mi trovo difronte la chiesa di San Rocco edificata nel 1631 per voto degli ortesi liberati dalla peste.
La facciata della chiesa è tripartita da quattro semplici lesene, sul portale un affresco rappresenta San Rocco, esternamente si presenta in ottime condizione, segno della devozione che gli abitanti del luogo hanno ancora per il santo invocato contro le pestilenze.
Mi avvio verso il centro di questo piccolo borgo, affascinato dall'atmosfera che richiama tempi antichi ma che ha la dinamicità di un vivace borgo turistico con i suoi negozi e trattorie unite in un ensamble gradevole. Si possono incontrare anziane signore intente fare la spesa quotidiana, turisti dotati di macchina fotografica che si aggirano tra le vie ammagliati dal fascino del luogo e scolari che escono da scuola con i loro zainetti. Le antiche case che si affacciano, mantengono la loro dignità di un tempo e come le anziane signore che amano impreziosire il loro aspetto con i gioielli di famiglia anche le case si prospettano con i loro colori delicati e con fiori sui balconi e sulle finestre che ne accrescono il decoro. Gli scorci sul lago che ogni tanto si aprono tra le case e tra i giardini che vi si affacciano sono tutte immagini da cartolina. Anche Villa Bossi, attuale sede del Municipio di Orta San Giulio, pare con il suo leggero portico e il suo tenue colore rossastro una casa di marzapane.
La sua facciata è del XVII secolo e guarda verso il lago dove con un bellissimo giardino mi permette una splendida vista al Cusio e ai monti che lo circondano. Difficile camminare in queste strette viuzze, con il naso rivolto all'insù e gli occhi rivolti alla scoperta del borgo e non inciampare in altri turisti. Raggiungo cosi la piccola viuzza che si apre poco dopo in piazza San Bernardino, dove vi si prospetta l'omonima chiesa. Questa risale al XIV secolo, era sede della Confraternita dei Disciplinati sotto la protezione dei Santi Marta, Caterina e Bernardino. La confraternita si occupava tra l'altro anche del vicino Ospedale degli Infermi e possedeva varie case site nei pressi della chiesa, donate loro da un benefattore. Beni che nel 1617 furono ceduti ai Barnabiti (Chierici regolari di San Paolo) i quali fecero sorgere nel 1624 un piccolo collegio, ricordato su un altra porta di entrata secondaria che si affaccia sulla via con la scritta Collegium Clericorum s. Punii.
I beni tornarono alla Confraternita quando Papa Innocenzo X decretò la chiusura delle case religiose troppo piccole.
Lasciata la contrada Villa e l'antico cuore dell'abitato, raggiungo la piazza principale, dove sui tre lati si affacciano bei palazzi anche di origine rinascimentale, mentre il vero scenario lo fa il lago con la prospettiva dell'Isola di san Giulio. La piazza è dedicata all'Ing. Mario Motta, uno tra i più attivi collaboratori dei partigiani locali, poiché metteva spesso a loro disposizione il proprio camioncino e la barca per il trasporto di cose e persone. I fascisti sapevano della sua attività di collaboratore dei partigiani ma costui continuò ad operare a loro favore. Nel novembre del 1944 Enrico Vezzalini, Capo della Provincia di Novara, ordinò l'arresto del Motta, e successivamente lo condanna a morte. Il 16 novembre i carcerieri lo uccisero sulla strada che da Gozzano porta a Bolzano Novaresea, dove ora vi è un monumento a ricordare il suo sacrificio:
"A fil di lago, proprio davanti all'isola inquadrata da un filare di ippocastani, si spalanca una sorta di campiello goldoniano, circondato da bassi porticati fra cui spicca un rustico e armonioso palazzotto cinquecentesco posato su quattro pilastri angolari inframmezzati da colonne di granito, coronato da un campaniletto, la facciata ingentilita da blasoni affrescati: la sede dell'antica Comunità della Riviera". Guadalupi Giovanni, Hortus Conclusus, Franco Maria Ricci editore, 1996.
Entrando in piazza, da una finestra affrescata, appare una misteriosa dama che pare spiare tutti coloro accedono alla piazza, l'affresco è posto sull'imponente e bell'edificio che si prospetta quasi al centro della piazza; comunemente chiamato il Palazzotto, Broletto o anche Università della Riviera, costruito nel 1582 e vi veniva amministrata la giustizia amministrativa e le regole della comunità ortensa e di tutti i paesi rivieraschi del lago. Il salone è sopraelevato su un portico sorretto da colone, davanti e nel quale si svolge il mercato dal 1228. Questo particolare Palazzo fu realizzato nel 1582 e viene considerato uno dei simboli dello stato-feudo della Riviera di San Giulio, istituito nel XII secolo. Una scaletta esterna, situata in un angolo del porticato, conduce al piano sovrastante, dove in una grande sala con finestre affacciate sulla piazza, un tempo si riuniva il Consiglio Generale. Questo organismo era costituito da deputati eletti nei vari paesi della Riviera ed esercitava il potere legislativo ed esecutivo, comprese le importanti decisioni sulle condanne capitali. Nella sala si trova un affresco di periodo barocco che rappresenta la Madonna e i Santi Francesco e Giulio. L'esterno del Palazzotto è affrescato e decorato dagli stemmi di alcuni vescovi di Novara, mentre nella facciata di destra si trova lo stemma di Orta con la scritta "Hortus Conslusus", che sarebbe un giardino segreto che offre riparo e preclude i mali, idea medievale quale simbolo del "giardino dello spirito". Mentre sulla parete laterale destra, si può osservare lo stemma dei Visconti, riproducente il biscione 'ingollante' ossia che ingoia un Moro, forse un saraceno. Sopra la porta d'accesso, al primo piano, invece c'è l'affresco di una donna, la Giustizia con ai suoi lati due angeli con la spada e la bilancia, simboli del potere legislativo ed esecutivo. Sempre sulla facciata ove insiste la porta si trovano delle meridiane, orologi solari che servivano ad indicare il trascorrere del tempo tramite i movimenti dell'ombra che veniva prodotta da un gnomone sopra delle linee numerate. Le meridiane sono tre e i tre quadranti sono stati in diversi modi rovinati dal tempo ed è impossibile la lettura delle ore, tuttavia è ancora possibile vedere i simboli dei mesi, le linee orarie e varie decorazioni.
Il mio sguardo viene attirato dal molo, da dove si può ammirare una deliziosa vista sull'Isola di San Giulio e beneficiare di un panorama di un luogo annoverato tra i borghi più belli d'Italia. Mi accomodo su una panchina per godermi, sia il bel sole che si riflette con i suoi caldi raggi sull'acqua, creando bellissimi giochi di luci e per poter ammirare con tranquillità tutto ciò che mi circonda. Sul lungo lago, sotto i frondosi alberi, tra le verdeggianti aiuole fiorite, indisturbati e quasi indifferenti dai turisti che accedono ai pontili per l'imbarco sui motoscafi, quasi in cerca di compagnia, s'aggirano intere famiglie di germani reali. La femmina di Germano reale, non solo è facilmente distinguibile per la differenza di piumaggio e dimensioni dal maschio ma è distinguibile per il forte e ripetitivo verso che emette, con tonalità decrescente, per richiamare i suoi simili, soprattutto i suoi piccoli. Molto più calmo appare il maschio, il cui verso è più monotono e mite, ma che ama pavoneggiarsi mettendo in mostra il suo colorato e lucido piumaggio. Intorno alla piazza si prospettano antiche case in pietra in stile barocco finemente decorate. Tutto il centro storico del borgo è percorribile solo a piedi, molte le stradine in acciottolato e lastre di granito, che scendono dalla montagna fino al lago, su cui si affacciano graziose case ed eleganti palazzetti con deliziose loggette e cortili porticati, con cancelli e ringhiere in ferro battuto. Le pittoresche stradine sono spesso scavalcate da piccoli archi di collegamento tra le case e si aprono di tanto in tanto in piccole e aggraziate piazzette. Il tutto dona all'aspetto urbanistico una valenza ambientale caratteristica che ne favorisce un alto pregio. Un altro importante oratorio presente nel borgo è quello della Trinità, edificato nel 1727 per volontà degli abitanti della contrada Moccarolo, ha una semplice facciata con una sola porta d'accesso, sopra la quale un aggraziato affresco. Una grande finestra centrale dalla forma quadrata, posta sotto ad un timpano semicircolare permette alla luce di accedervi, solo due leggere paraste decorano la facciata e al suo interno alcuni settecenteschi affreschi di Luca Rossetti.
Sempre comodamente seduto, affacciato sul lungo lago, mentre osservo con attenzione le molte coppie di giovani ed anziani turisti che salgono e scendono dai motoscafi, ripercorro velocemente anch'io la storia dei Orta San Giulio.
Il territorio del lago d'Orta, fu abitato fin dalla preistoria da tribù centro europee e la prima tribù stanziale è di origine celtica e risale al III - IV secolo a.C.
L'origine del nome è celtica in quanto Orta significa proprio borgo - in epoca romana divenne orto conclusus, la penetrazione romana fu lenta e non facile e solo sul finire del IV secolo il cristianesimo giunse sulla Riviera grazie ai due fratelli Giulio e Giuliano, rendendo indissolubile la storia di Orta con la sua isola di San Giulio.
Sulla storia di Giulio e Giuliano vi sono diverse storie e leggende che rendono comunque il borgo e la sua isola affascinante e in contemporanea misteriosa. Si narra che per sfuggire alle persecuzioni contro i cristiani abbandonarono l'isola greca di Egina. Con il beneplacito dell'imperatore Teodosio, i due fratelli abbatterono i templi pagani, innalzando al loro posto chiese cristiane. I due fratelli, dopo essere stati in Ungheria, Boemia, Polonia, giunsero a Roma e da qui risalirono l'Italia, Giulio e Giuliano giunsero cosi nel 390 nel Novarese, ed a Gozzano eressero così novantanovesima chiesa. Consci che la loro vita stesse ormai per concludersi, si affrettarono ad erigere la centesima chiesa e preparare una tomba dove riposare per sempre. Voglio soffermarmi su una leggenda che riguarda Gozzano è il suo patrono, ossia San Giuliano diacono. Il nucleo abitato di Gozzano è situato a breve distanza dall'estremità meridionale del Lago d'Orta. Secondo una leggenda durante il lavoro di costruzione della novantanovesima chiesa dedicata a San Lorenzo, un lupo uccise il bue che trainava il carro carico di pietre; San Giulio ordinò di sostituirsi all'animale ucciso ed il lupo obbedì. Un'altra leggenda vuole che tre viandanti a bordo di un carretto, videro da lontano i due fratelli, per paura di essere fermati ed invitati a lavorare con loro, uno si finse morto stendendosi sul carro. I due fratelli, infatti, chiesero a loro di essergli d'aiuti, ma loro negarono la loro collaborazione affermando che dovevano portare il cadavere del loro compagno alla propria famiglia. Questi, quando raggiunsero il primo centro abitato, cercarono di svegliare l'amico che aveva finto di essere morto, ma costui era morto realmente e si vuole che siano stati i due fratelli, Giulio e Giuliano togliere la vita al contadino che fingeva di essere morto per non aiutarli.
Giulio quindi lasciò il fratello a Gozzano e si incamminò verso le rive del lago da cui si scorgeva una piccola isola disabitata che si sapeva essere infestata da serpenti.
Non trovò una barca che lo conducesse sull'isola, quindi stese il suo mantello sull'acqua, vi salì sopra e aiutandosi con il bastone da pellegrino raggiunse l'isola remando, armato "soltanto con il segno della Croce" scacciò i serpenti e che si inabissarono, e iniziò la costruzione della sua ultima chiesa sulla sommità della rocca. Un'altra versione vuole che i barcaioli si rifiutarono di condurlo sull'isola per paura dei draghi e dei serpenti. Sceso poi alla Punta Casario, non trovando nessun barcaiolo disposto a traghettarlo, stese il mantello sull'acqua e remando con il bastone raggiunse l'isola, infestata da serpenti e da draghi, battendo il suo bastone, fuggirono, rifugiandosi sulle falde del monte Camosino. La tradizione popolare vuole che uno di questi mostri fosse ancora vivo, nascosto in una grotta a livello dell'acqua, detto "bus d'l'Orchèra" e di qui esca ogni tanto a terrorizzare i pescatori. Ma si dice anche che una gigantesca vertebra di questo serpente/drago, poi morto, sia conservata nell'abbazia delle monache benedettine situato sull'isola. In verità pare sia un osso di una balenottera, di cui non sia come sia arrivata a Orta San Giulio, che di gigantesco e misterioso non ha nulla.
Un'altra versione della leggenda racconta che San Giulio, provenisse da Omegna e quando chiese ai pescatori del posto, insistentemente, di condurlo all'isola, questi lo scacciarono lanciandogli delle rape. Per questo motivo da allora la rapa non è mai più cresciuta nelle campagne di Omegna e, in passato, gli abitanti di Omegna erano esclusi dall'annuale pellegrinaggio all'isola di San Giulio: si dice anche che se qualche omegnese avesse tentato di farlo, le barche non sarebbero riuscite ad avanzare sull'acqua.
Ancora la narrazione popolare vuole che Giulio e Giuliano fossero provvisti di una sola serie di attrezzi da muratore, un martello, una cazzuola, un piccone. Quando Giulio si mise ad erigere la centesima chiesa sull'isola, Giuliano non aveva ancora finito la sua di Gozzano, allora Giulio dopo essersi servito della cazzuola e degli altri attrezzi, su richiesta del fratello la lanciava in aria e percorrendo un volo di cinque/sei chilometri in linea retta fino alla chiesa di San Lorenzo dove Giuliano la afferrava, e così viceversa, fino all'edificazione delle chiese.
Al termine dei lavori, nel 392 Giulio morì e venne seppellito nella sua centesima chiesa.
L'Isola soprattutto nel Medioevo fu strategicamente molto importanti, perché rappresentò un luogo sicuro dalle invasioni delle orde barbariche che si susseguirono.
I Longobardi che s'insediarono nella penisola nel 575 divisero il regno in ducati e Mimulfo fu incaricato di impedire ai Franchi di entrare in Ossola. Nel 590 Agilulfo, duca di Torino, eletto re dei Longobardi, fece decapitare Mimulfo per non aver opposto valida resistenza ai Franchi che entrarono in Italia attraverso il Sempione. La sua urna tombale in pietra fu poi adibita alla raccolta delle elemosine ed è tuttora conservato sull'isola nella Basilica di San Giulio. Deposto l'ultimo re dei Longobardi, Desiderio, nel 773 da Carlo Magno, il territorio fu restituito al vescovo di Novara. Nel 950 re Berengario II prese possesso della Riviera togliendola ai vescovi.
Inizio anche per Orta e l'isola una serie di occupazioni e assedi, nel 957 ci fu il primo assedio contro l'isola da parte di Litolfo, figlio di Ottone I il Grande, imperatore del Sacro Romano Impero, re di Germania (incoronato nel 936), d'Italia (incoronato nel 961) e poi incoronato dal papa imperatore a Roma nel 962. Mentre Berengario vinto nel 962 da Ottone, sua moglie Willa, si rifugiava nell'isola di San Giulio portando con sé il tesoro reale del palazzo di Pavia. Costei preparandosi a una lunga difesa fece rinforzare le mura del castello sull'isola, chiamate poi "il muro della regina". La regina resistette all'assedio due mesi e poi si arrese, l'Imperatore vittorioso, si impossessò del tesoro, ma in segno di rispetto le consentì di raggiungere il marito Berengario.
I canonici dell'isola furono ricompensati per la loro fedeltà prestata durante le trattative, e con proprio diploma del 29 luglio 962, non solo confermò i loro diritti feudali ma ampliò e donò parecchie terre del territorio di Pombia. Questo è il più antico documento conosciuto, recante il nome di Orta.
La dominazione dei vescovi-conti novaresi è proseguita per dieci secoli, fino alla fine del XVIII secolo, tra alterne vicende in un continuo susseguirsi di conferme e sottrazioni di privilegi.
La Riviera, era divisa in Superiore, con a capo Orta e Inferiore, con a capo Gozzano e poteva considerarsi una sorta di stato indipendente, con propri statuti e consuetudini, sotto la giurisdizione dei vescovi che ne affidavano la guida a un castellano che risiedeva sull'isola.
Gian Galeazzo Visconti prima e Filippo Maria poi, duchi di Milano che avevano unito dal 1395 anche Novara e il suo territorio ai propri possedimenti, confermarono alle Riviere tali privilegi. Anche durante lotte per la conquista dello Stato di Milano, la Riviera fu oggetto di violenze e saccheggi, infatti nel 1524, Anchise Visconti, inviato di Francesco II Sforza, mise a sacco il borgo di Orta reo di non aver pagato una tassa di 2.000 zecchini da lui imposta come contributo di guerra. Le devastazioni proseguiranno con Bonifacio Visconti, che occupò l'isola e le riviere nel 1528 e tentò di costringere i paesi a nuove contribuzioni. Gli abitanti si ribellarono a queste nuove angherie e il giorno della festa di San Giulio, il 31 gennaio, anziché andare in processione verso la tomba del santo, assalirono l'isola per cacciare il Visconti, purtroppo però i rinforzi prontamente accorsi resero vana la ribellione e Orta subì un nuovo saccheggio.
Ancora con il il capitano di ventura dell'esercito imperiale di Carlo V, Cesare Maggio si presentò nel febbraio del 1529 per riscuotere un ulteriore balzello. Gli abitanti di Orta, questa volta, lasciarono le loro case per rifugiarsi sull'isola dove si prepararono alla difesa. Il Maggio occupò le Riviere e cinse d'assedio l'isola, mentre i suoi soldati saccheggiarono tutto il possibile. L'arrivo delle truppe imperiali doveva essere segnalato facendo suonare la campana della torre di Buccione come organizzato dal vescovo Arcimboldo. La leggenda storica vuole che i due fratelli, inviati alla torre di Buccione per trasmettere l'ordine di suonare, furono uccisi dai soldati; una donna diventata leggendaria eroina nella storia del Cusio, Maria Canavese, con il suo bimbo in braccio, riuscì ad entrare nella torte e a suonare le campane. Madre e figlio furono scaraventati dalla torre dai soldati ma le campane si misero a suonare e le popolazioni della Riviera si sollevarono in armi contro il Maggio che dovette fuggire. Nel Seicento, il potere vescovile cominciò a declinare, per giungere al 15 giugno 1767 alla cessione completa dei privilegi di carattere legislativo, militare e di governo al al re Carlo Emanuele III di Savoia. Il vescovo mantenne solo il titolo di Principe di San Giulio e d'Orta, Marchese di Vespolate e Signore di Soriso. Nel settembre del 1800, con l'arrivo dei francesi di Napoleone, venne creato il Dipartimento dell'Agogna della Repubblica Cisalpina in cui verrà compresa anche la Riviera. Con il Congresso di Vienna il vescovo di Novara riavrà le sue terre fino al 1817 quando il cardinale Morozzo rinunciò per sempre in favore del re Vittorio Emanuele I a ogni pretesa feudale sulla Riviera.
Mi avvio lentamente verso la chiesa parrocchiale che dalla piazza si prospetta in cima alla salita della Motta che significa in antica lingua lombarda "collina". La gradinata per arrivare alla Chiesa dell'Assunta, la parrocchiale di Orta è costellata da bei e storici palazzi che vi si prospettano. Uno è il Palazzo Penotti Ubertini, il cui ingresso è proprio sulla piazza della chiesa, un edificio privato e non potendovi accedere mi accontento delle descrizioni delle guide che lo indicano come avente al suo interno diverse sale affrescate, soffitti a cassettoni e arredi originali e di estrema bellezza. Quasi di fronte si erge la casa dei Nani, ossia Casa Marangoni, la casa più antica di Orta, risalente alla fine del XIV secolo, conosciuta con il nome curioso della casa dei Nani per le quattro piccole finestre che si trovano sopra l'architrave di legno. La casa dalle colonnette in pietra con sopra l'architrave e le finestrelle, si trova sulla destra della salita della Motta ed è decorata da tre affreschi: L'Annunciazione, L'Ascensione e la Madonna con Bambino. La casa così detta per le sue caratteristiche pitture in stile valsesiano, ma interessante è anche il Palazzo Gemelli con un bel portale rinascimentale. Palazzo Gemelli, data la pendenza del terreno è raggiungibile mediante una scalinata posta sull'asse del portale d'ingresso. Un'altra scalinata a due rampe congiunge questo spiazzo ad uno ancora superiore dove vi è un ulteriore ingresso. I terrazzi, sporgenti sulla strada sono delimitati da una lunga balaustra in pietra. Il Palazzo è formato da due corpi di fabbrica, quello più ragguardevole e più antico risale al tardo Cinquecento, infatti lo testimoniano le sue finestre incorniciate da stipiti ed architravi in granito in linea classica. Non posso non alzare gli occhi per vedere il cornicione sagomato a guscio, decorato da grottesche e da scene a soggetto mitologico.
Giunto sul sagrato della chiesa di Santa Maria Assunta, posso ammirare sia il panoramico distendersi dei tetti del borgo che il lago. La facciata della chiesa è del XVII secolo, mentre la chiesa è stata edificata nel 1485 con un impianto tardoromanico e successivamente ampliata. Questa presenta un bel protiro seicentesco su esili colonne binate, fu voluta dalla comunità ortese per la liberazione dalla peste e divenne parrocchia solo nel 1560. Varcando la soglia, attraverso un portale in serpentino d'Oira realizzato con tecnica composita, si resta incantati dai decori interni in stile rococò, mentre le tele e gli affreschi sono opere di importanti artisti. La chiesa è a tre navate divise da colonne di granito e cinque cappelle; mi soffermo su quelle che ritengo più interessanti, come la Cappella del Rosario per la bellezza dei suoi fregi e dei suoi affreschi. Interessante infatti anche la tela, attribuita a Giulio Cesare Procaccini (Bologna, 1574 – Milano, 1625) che rappresenta la Processione di San Carlo datata 1616. Ma anche nell'abside l'Assunta attribuibile a un pittore di scuola postuma a Gaudenzio Ferrari e molte altre. Lascio la chiesa e mi accingo a cercare un motoscafo per raggiungere l'Isola di San Giulio. Imbarcato su un piccolo motoscafo, raggiungo facilmente dopo pochi minuti di navigazione, sulle quiete acque del Cusio, l'isola di San Giulio. In questo breve tragitto, rimango piacevolmente meravigliato dalla splendida scenografia che mi si apre nel vedere Orta dal lago: Piccole barche a vela, dai multicolori a pastello, navigano intorno al nostro motoscafo sulle acque di un placida distesa d'acqua disegnando volute di bianca schiuma. Vorrei essere un pittore per poter immortalare con i pennelli questa soave visione. Non può non correre l'immaginazione sulla visione onirica, come vuole la leggenda di San Giulio che raggiunge l'isola remando sul suo mantello. Chissà se sono sbarcato nello stesso punto in cui è sceso San Giulio dal proprio mantello per evangelizzare il luogo e liberarlo dai draghi e dalle serpi che l'abitavano? L'isola di San Giulio è poco più che uno scoglio, il minuto borgo è dominato dal profilo del campanile.
Sbarcati sul isola, inizio ad aggirarmi tra i suoi stretti e caratteristica vicoletti che salgono verso la basilica del Santo. Aggirandomi per l'isola, vero luogo di pace, comprendo perché viene scelta da molti scrittori, artisti e registi per soggiornarvi e realizzare le loro opere. Le sue piccole strade sono impreziosite da balconi e balconcini fioriti, vi si respira l'atmosfera di un mondo che si è fermato nel tempo.
Il piccolo borgo di San Giulio è un luogo di interesse architettonico, ricco di spiritualità, anche i vicoli che girano tutt'intorno all'isola lo ricordano nei loro nomi, come la via del silenzio e via della meditazione.
Ma l'isola è anche un borgo molto romantico, con il suo caratteristico silenzio, le sue case in pietra, i pochi gatti che sornioni s'aggirano con fare diffidente ma sempre pronti a prendere due carezze. Il borgo illuminato alla sera con caratteristici lampioni deve offrire uno spettacolo di straordinaria suggestione.
L'Isola ha forma ellittica ed è un continuo di antiche case, belle ville con i loro giardini e scorci sul borgo di Orta e sul lago; uno scrigno che racchiude un insieme di valori storici, ambientali, artistici e spirituali di grande impatto emotivo. Attualmente l'antica abbazia benedettina ospita 70 monache di clausura in una struttura che un tempo era un seminario e prima ancora sede vescovile, e che in parte ospita persone che vogliano condividere un'esperienza di fede e di spiritualità.
Le monache oltre la preghiera, all'interno del convento sono impegnate nel lavoro, consistente nel restauro di paramenti sacri, vessilli, gonfaloni e tappeti.
Accedo lentamente, dopo aver percorso l'ampia scalinata, all'interno della basilica di San Giulio, che pur apparendo maestosa dall'esterno è piccola ma imponente. La romanica Basilica di San Giulio è uno dei monumenti più insigni del nord Piemonte; un edificio con una facciata rivolta verso la chiesa di San Lorenzo di Gozzano ed è realizzata in blocchi di pietra squadrati, mantenendo le caratteristiche originali. La facciata è tripartita da paraste e cuspide ribassata ed ornata da archetti pensili in cotto, affiancata da torricelle con bifore. Il pronao è sormontato da una grande finestra a serliana. Si scorge, dall'esterno in lontananza il Seicentesco tiburio ottagonale con le sue otto finestre, la sua cupola è coronata da una torretta. Il suo campanile è isolato, a pianta quadra è aperto da una trifora nella cella campanaria. La sua fondazione risale a circa 390 d.C e più volte è stata rimaneggiata e ampliata. Il suo interno è a tre navate chiuse tutte da tre absidi, totalmente affrescato nel XIV-XVI secolo con figure di santi. La basilica ha un transetto rialzato e matronei risalenti al XI secolo. Lunga sarebbe la narrazione dei singoli affreschi, tutti realizzati da mani esperte e da fini pittori e decoratori. Nella navata di destra, vicino al quarto e ultimo pilastro vi è un interessante bassorilievo Cinquecentesco in pietra nera raffigurante San Giulio che scaccia i serpenti. Interessanti anche le tele tardo Cinquecentesche e Seicentesche che riportano tratti di vita di San Giulio, poste sia nel transetto che nell'abside di destra. Chiaramente barocco è l'altare maggiore, mentre di taglio goticizzante il suo coro ligneo. Nella navata di sinistra, addossato al quarto pilastro il magnifico ambone in marmo nero di Oira, di forma rettangolare, ornato da figure antropomorfe e figure altamente simboliche come il Centauro che tende l'arco verso due leopardi che ghermiscono un cerbiatto; oppure il grifone che afferra un coccodrillo, presenti anche i simboli degli apostoli, il bue dell'evangelista Luca; l'angelo di San Matteo; il leone di San Marco e l'aquila di San Giovanni. Presenti anche le sculture di un monaco che si presume possa essere Guglielmo da Volpiano, altri affermano che sia un pellegrino. Queste forme allegoriche rappresentano l'eterna guerra tra il bene e il male. Mi soffermo a guardare con attenzione un bell'affresco posto su una colonna della navata di sinistra, raffigurante il martirio di San Lorenzo che dovrebbe essere il più antico della basilica.
Attraverso due scalette laterali si può accedere nella sottostante cripta dove è deposto il corpo di San Giulio, occasione che non perdo per sostare davanti all'urna del patrono dei muratori, in ragione della sua attività di edificatore di chiese, ed è spesso infatti, raffigurato con strumenti di lavoro in mano. La cripta è una ricostruzione tardo seicentesca e l'urna che custodisce i resti mortali di San Giulio è da sempre oggetto di molta venerazione.
Nella basilica si fecero inumare anche il senatore romano Sant'Audenzio e il vescovo di Sion Elia, che con un gruppo di monaci aveva cercato rifugio nell'isola per sfuggire alle persecuzioni ariane e che, alla morte del Santo, gli succedette come capo della comunità che si era costituita.
Si crede che Onorato (489-500), settimo vescovo di Novara, sia stato il primo a estendere la propria autorità sull'isola dando inizio alla costruzione di opere di difesa continuate dai suoi successori.
Lascio la basilica, cuore dell'isola e mi reco verso l'approdo in attesa del motoscafo che mi riporterà a Orta. Il viaggio di ritorno sul romanticissimo lago d'Orta mi ha lasciato un particolare stato d'animo, sento le acque del lago infrangersi tumultuose sullo scafo, quasi volessero risvegliarmi dallo stato catartico che la visita all'isola crea. Certamente lo spirito religioso che qui aleggia è stato appagato ma ora si fa vivo il brontolio del mio stomaco favorito dal crescente appetito. Mi faccio consigliare dal barcaiolo e mi ritrovo ben presto, seduto ad un tavolo vista lago e sulla mia mensa tra le varie squisitezze proposte non potevo non scegliere che il piatto tipico di Orta. Il pesce persico cotto con burro e salvia, un pesce tipico del lago d'Orta che ha un gusto leggermente erbaceo ma che si presta molto bene anche a creare piatti anche di alta cucina.
Infatti pranzo con un risotto con filetto di pesce persico. Ho modo di assaggiare anche il "pane di meliga", ossia preparato sia con farina di mais e di frumento e il "pane di mistura" composto da una miscela di farine di segale, orzo, miglio, avena e frumento, che erano i pani poveri, il tutto ovviamente innaffiato da un buon calice di vino Vespolina.
Prima di riprendere il viaggio per conoscere meglio il borgo d'Orta, ricordo alcune locali leggende, tra le quali quella della Madonna del Sasso.
Sopra a uno sperone di roccia granitica, in posizione dominante sul lago sorge la Chiesa della Madonna del Sasso, un edificio che sembra quasi proteggere il lago.
Una delle leggende che vede protagonista questa chiesa vuole che la bella Maria di Pella, insidiata da alcuni militari spagnoli si gettò dallo sperone per salvaguardare il suo onore. In un'altra versione, è il marito a gettarla dalla rocca, accecato dalla gelosia per la paura di essere stato tradito durante la sua assenza alla Rocca di Angera. La popolazione, commossa dalla tragica morte della ragazza, vi pose prima una croce e poi eresse una chiesa. Ripresa l'auto mi arrampico lentamente verso il Sacro Monte di Orta, nel breve viaggio mi sovvengono altri racconti leggendari letti in un passato non molto recente e quindi confusi, come quello che ricorda il rogo di una strega. Sembra che il più antico documento in Italia che indichi l'esistenza di un rogo di streghe sia proprio riferito a Orta. Si tratta del "Consilium" che Bartolo di Sassoferrato (1313-1357) inviò al vescovo di Novara Giovanni de Plotis e all'inquisitore di quella città, sulla pena da infliggere ad una donna di Orta arrestata e processata e condannata per stregoneria. Il rogo della presunta strega avvenne nel 1340. Vicino al Santuario vi è il cimitero di Orta, anch'esso ha il suo mistero. Lungo il muro di cinta esterno, si può vedere un incavo circolare di granito. Vuole l'antica credenza popolare che tale inserto consenta di ascoltare, inserendovi la testa dentro, il mormorio dei morti. Parcheggiato l'auto m'arrampico e mi immergo in un parco meraviglioso e nel silenzio di un luogo sacro.
In cima al monte Mesma, un altura suggestiva ove vi è un colpo d'occhio davvero fantastico con il belvedere che da su borgo antico, sull'isola e su tutto il lago d'Orta, sorge il Sacro Monte. Quest'ultimo fu realizzato ad imitazione del Sacro Monte di Varallo sulla spinta della controriforma per contrastare la presenza luterana. I lavori di costruzione del complesso religioso iniziarono nel 1590 e si protrassero per più di un secolo, il progettista fu l'architetto Cleto da Castelletto Ticino. Lo stile varia dal soluzioni architettoniche tardo rinascimentali al barocco lombardo e al rococò.
La visita si sposa con una vista meravigliosa, pare che la bellezza del luogo, attraverso le sue architetture e la natura, trovino dialogo con la spiritualità.
Sul Sacro Monte è raccontata le opere di Gesù Cristo tramite 20 momenti della vita di San Francesco d'Assisi, che attraverso le 376 statue in terracotta ci narra il suo incontro con Cristo. Le statue di terracotta sono del Seicento e sono dipinte a mano, queste insieme ai 900 affreschi della vita del santo completano i vari diorami. Le scene dipinte sono di grande efficacia teatrale ed hanno evidenti intenti educativi, tipiche dell'epoca della controriforma quando la chiesa cattolica si sentiva minacciata dall'eresia protestante. Una visita che mi riprometto di fare con più calma, per meglio approfondire l'assetto artistico, architettonico e spirituale. Il viaggio sulle rive tranquille del lago, vorrebbe una visita anche all'oratorio di San Quirico, posta nell'omonima via di Orta. Questa chiesa fu anticamente dedicata ai Santi Giuditta e Quirico. Santa Giuditta, proveniente dall'Asia Minore, fu martirizzata e di fronte a lei fu ucciso suo figlio Quirico.
Questa chiesetta, posta un tempo alle porte del borgo, che fu anche brevemente dedicata a San Michele, forse è stata chiesa parrocchiale anche durante l'assedio longobardo dell'isola.
Di certo, la chiesa di San Nicolao, posta ora all'interno del sacro Monte fin dai primi tempi del primo cristianesimo, fu parrocchia, quindi la più antica di tutta la Riviera orientale. Secondo una tradizione sarebbe stata fondata da monaci dipendenti dall'abbazia di San Gallo intorno al X secolo.
Questa chiesa, da allora, ha subito parecchie trasformazioni, impreziosendosi architettonicamente e artisticamente. Molte tele oggi raccontano la vita di San Francesco come quella in cui il santo riceve dalle mani della Madonna il Bambin Gesù, dipinta nel 1640 circa. Presenti anche tele con molti santi francescani, San Nicolao sul Monte rimase chiesa parrocchiale fino al 1560.
Lentamente, in auto rientro verso la mia dimora, dal lungo lago non posso non soffermare il mio sguardo sulla Torre di Buccione che era parte di un avamposto militare medioevale. Alta 23 metri era un punto di avvistamento, la guarnigione vi alloggiava sugli impalcati e con una campana dava annuncio di pericolo alle popolazioni. Lascio questo luogo tranquillo e affascinante, dove arte, paesaggio, storia, immaginazione si fondono in uno spettacolo di straordinaria armonia.
Il Piemonte è costellato di specchi d'acqua, che come nelle cartoline si riflettono boschi e monti, ville e castelli ed a Orta si trova in un contesto scenografico davvero unico.