Blog di Dante Paolo Ferraris

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A zonzo con il calessino (XIII parte)

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CalessinoA Sala Biellese, oltre alla già citata Abbazia dei Santi Salvatore e Giacomo della Bessa, è possibile visitare vicino alla Badia il Santuario della Madonnina, struttura risalente al XVII secolo che custodisce un pregevole affresco del 1494 "l'Annunciazione". Nella Chiesa Parrocchiale di San Martino, ricostruita nel settecento sul sedime della preesistente struttura medievale in stile romanico, si possono ammirare diversi suppellettili barocchi, come i candelieri, i pregevoli paramenti e argenterie.
A Bornasco unica frazione di Sala Biellese vi si trova l'oratorio di San Giuseppe e della Madonna della Neve, realizzata agli inizi del XIX secolo. Mentre in rione Mombello è presente l'oratorio di San Rocco oggi sconsacrato.
Interessante la massiccia torre campanaria. Sala era famosa per le attività tessili, soprattutto, per le lavorazioni della canapa che si effettuava nelle scrigne, locali seminterrati o cantine in cui l'umidità concorreva a migliorare la qualità del filato.
Mentre ai calessini chiediamo un ulteriore sforzo per raggiungere Andrate, il mio pensiero va ai faticosi allenamenti che Sergio Barbero, nato a Sala Biellese nel 1969, doveva affrontare per diventare un famoso campione di ciclismo su strada. Infatti la sua carriera ciclistica, anche se spesso ricoperta in ruolo di gregario, gli ha permesso di poter raggiungere un notevole palmares con diverse vittorie e notevoli piazzamenti nelle maggiori competizioni nazionali e internazionali. La strada in cui si allenava Sergio Borbero, come la nostra era costantemente coronata da boschi, che come al campione di ciclismo anche a noi permette di viaggiare all'ombra.
I calessini arrancano faticosamente ma non si arrendono ne cedono. Arditi come noi vogliono raggiungere gli 820 metri di altitudine sul livello del mare di Andrate. Infatti ci aspetta uno dei più bei panorami sul canavese. Con i calessini prendiamo la irta e stretta salita che ci conduce davanti alla Chiesa San Pietro in Vincoli posta vicino al Palazzo Municipale di Andrate. Parcheggiamo i nostri potenti mezzi di trasporto e dall'altura ci soffermiamo ad ammirare il panorama sul canavese. E' possibile vedere oltre la splendida catena montuosa delle Alpi, la città di Ivrea e le propaggini di Torino.
Il suo nome sembra avere una origine celtica: deriverebbe dalle parole and e art significanti termine-fine la prima e terra la seconda. Indicanti in questo modo la terra di confine, che era la Serra che divideva geograficamente la zona ad oriente abitata dai Vittimuli da quella occidentale, abitata dai Salassi come ad Andrate. Questo borgo situato sulla sommità della Serra Morenica di Ivrea è documentato dall'inizio del XIII secolo in quanto feudo della mensa vescovile del centro eporediese. Nel 1365 per diploma dell'imperatore Carlo IV, passa in dominio ai Savoia.
Entro ad ammirare la Chiesa Parrocchiale di San Pietro in Vincoli, che come indica la data posta sulla facciata è stata edificata nel 1717. All'interno, ha tre navate con tre altari e un bel dipinto del 1843 di Augero da Verolengo, posto sull'altare maggiore. Una lapide ricorda che Padre Beccaria dalla sagrestia, nel 1762 faceva le sue osservazioni astronomiche.
Imboccando un breve sentiero si può raggiungere la seicentesca Chiesa del Camposanto che avrebbe ospitato le spoglie mortali di San Giovenale. Questo Santo era un soldato della legione Tebea, scampato all'eccidio di Agauno in Svizzera. Fu ucciso dai soldati di Massimiano ad Andrate, in odio alla fede cristiana. Si narra che Giovenale liberò Andrate dai lupi che vi vivevano numerosi nei boschi circostanti. Spesso questo Santo è confuso con l'omonimo Santo vescovo di Narni. San Giovenale fu compagno di San Maurizio, ma non furono gli unici martiri che trovarono la morte nel torinese ed in particolare nel canavese, ricordo anche Besso, Tegolo e Sulpizio. Altro luogo di culto ad Andrate è la chiesa santuario di Santa Maria edificata tra il 1717 e il 1747 al posto di una cadente chiesa mariana primitiva. L'interno a navata unica è a pianta greca e conserva un quattrocentesco affresco, malamente restaurato e modificato, ove è effigiata la Madonna della Misericordia che decora la parete dell'altare maggiore. Vicino alla Chiesa si erge un bel campanile costruito in epoca romanica, con monofore, bifore e trifore e diverse feritoie. E' realizzato in pietra bianca e grigia. Invece lungo il sentiero sulla via del Mombarone, a 1200 metri è posta in posizione panoramica la Cappella di San Giacomo. Il villaggio di Andrate ospita anche un interessante Museo della civiltà contadina.
Ripresi i nostri calessini, i potenti mezzi corrono per raggiungere Settimo Vittone, non senza uno sguardo all'abitato di Nomaglio. In questo borgo, ebbero la prima sede gli antichi signori di Settimo Vittone feudatari di molti territori nel canavese. Infatti i Gianpietro furono conti oltreché di Settimo Vittone, di Montestrutto, di Cesnola, Quincinetto, Tavagnasco e ovviamente di Nomaglio. Famiglia che si estinse nel settecento, unendosi con i Mola di Beinasco, di origine di Carmagnola, poi denominatosi Mola di Nomaglio.
Il panorama delle strade percorse sul calessino è semplicemente fantastico. Nomaglio è disteso sopra un terrazzamento che si affaccia sulla vallata della Dora Baltea. Tutto intorno a noi la natura è rigogliosa, boschi di betulle e castagni si alternano a prati e vigneti. Il viaggiare a bordo del calessino mi permette di ammirare le antiche mulattiere che si snodano tra boschi e prati, strade antiche lastricate che si arrampicano tornante dopo tornante fino a che un crinale ne nasconde il proseguo. Raccontano non solo la pace e serenità del posto ma anche la storia e la dura vita del luogo.
Il borgo è molto antico, anche se i primi documenti che lo citano risalgono al 1225 quando Martino da Nomaglio figurava tra i feudatari del luogo. Dal 1929 al 1954 Nomaglio fu aggregato ad Andrate.
Si erge maestoso il bel campanile in pietra del 1684 della Chiesa Parrocchiale di San Bartolomeo, edificato nel 1690 sulle rovine di un precedente edificio di culto. La Chiesa a navata unica ha cinque altari ed è una bella espressione dell'arte barocca. Sulla facciata sono raffigurati i Santi Pietro e Paolo, mentre in una nicchia è posta la statua del Santo protettore e titolare della chiesa San Bartolomeo. Ma il pezzo forte del borgo di poche centinaia di anime è la fontana "bornel" , secolare fontana ricavata da un unico blocco di pietra.
La graziosa cappella di Santa Marta, già citata nel 1667, è il punto di partenza per cercare di perdersi nel cuore antico del borgo, tra case di pietra, con bei archi, che si affacciano su stretti vicoli. Piccoli cortili domestici caratterizzano le case della tipica architettura montana dai caratteristici tetti in Losa.
Isolata e fuori dal concentrico la Cappella del 1699 dedicata a San Grato con un elegante portico. Non è difficile trovare chiesette campestri o cappelle in aperta campagna dedicate a San Grato, infatti in Piemonte questo Santo veniva implorato per difendere le colture dai temporali e dalla grandine. Nomaglio deve il suo nome forse da nome personali latini come Nummus o Nummius interpretabile come terra di nomalius. Ma i nomagliesi preferiscono raccontare che derivi da una antica frana che staccatasi dalla montagna avrebbe travolto una parte dell'abitato compresa una fucina contenente un maglio. Questa caratteristica interpretazione locale è assai particolare e di facile giustificazione.



Fine XIII parte.