Blog di Dante Paolo Ferraris

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Baghdad: una missione apparentemente impossibile (V parte)

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Missione Baghdad Tutta la delegazione incontra il generale Blaunt (U.S. Army) al Palestine, Hotel nel centro Baghdad, diventato sede del comando alleato.
Davanti all'albergo, circondato da filo spinato, carri armati e nidi di mitragliatrici ovunque, una moltitudine di persone si accalca alla ricerca di chissà quale permesso o favore da chiedere.
Ci avviciniamo, strappando ogni centimetro a questa moltitudine di persone, tutti iracheni o quasi. Stringo forte i documenti e nel tentativo di raggiungere l'ingresso mi sento sfilare dalla tasca chiusa il portafoglio. Mi giro di scatto, fortemente irritato e gesticolo con chi era vicino a me, ma tutti alzano le mani scuotendo la testa dimostrando di aver compreso l'accaduto, ma non riesco a recuperare il portafoglio. Una grande rabbia mi assale, intanto mi sento impotente, i colleghi ormai sono avanti e non riesco a farmi sentire da loro, ma poi anche se mi sentissero cosa possono fare?: NULLA, NULLA, sono migliaia intorno a me, non esiste uno Stato, c'è la guerra e non esiste una polizia, almeno come possiamo immaginarla noi occidentali.
La rabbia non è per il furto dei soldi e dei documenti (cosa mi sono portato da fare la carta di credito, in un paese in guerra!), ma perché mi sono fatto fregare come un "pollo", io fiero del mio essere mandrogno. Cerco con rassegnazione di raggiungere i colleghi dentro il Palestine.

La visita al Nunzio apostolico di Baghdad ci permette di conoscere un'altra sfumatura della città.
Ci riceve con immensa cortesia nella sua spaziosa residenza e le parole di compiacimento espressoci e di solidarietà dimostrata per il nostro arduo compito ci aiuteranno sicuramente.
Da S.E. riceviamo tanti consigli utili su come muoversi in Iraq e soprattutto a Baghdad e ci lasciamo con la certezza di avere comunque trovato un sicuro punto d'appoggio in caso di necessità.
Recandoci in un quartiere periferico della città,Tora, ci rendiamo sempre più conto di quali effetti abbia prodotto l'embargo in Iraq, soprattutto per le popolazioni meno abbienti. Siamo venuti fino qui per visitare una chiesa cristiana di rito caldeo con annesso seminario, perché possiede nelle adiacenze un ampio terreno disponibile ad accogliere strutture medico/sanitarie e per verificare se il nostro aiuto possa essere costruttivo in questa zona della città.
Per arrivare al quartiere passiamo diversi check-point e incontriamo una moltitudine di colonne militari americane lungo la strada. I segni della guerra in questa periferia sono tanti, autocarri bruciati ai lati delle strade ai mezzi militari distrutti i cui scheletri di metallo sono ormai oggetto di gioco per i bambini.

La comunità caldea ci riceve con gradi onori, racconta la propria situazione di disagio e di sempre maggiore paura per il fatto che in città si sta scatenando anche un conflitto religioso tra sunniti e sciiti e i cristiani temono di doverne fare anche loro le spese.
La piccola comunità caldea di 2500 anime circa, si sente in forte pericolo ed esce poco dalle proprie abitazioni se non per raggiungere la chiesa.

Lo spazio è ampio e ben servito, circa 10 mila metri quadri, cintato, ma non mi sembra proprio il posto ideale. Siamo a 10 km dal centro di Baghdad e a 2 dalla prima base militare alleata. Impiantare qui una struttura sanitaria della Croce Rossa Italiana potrebbe creare situazioni di conflitto religioso e quindi i mussulmani qui residenti, generalmente di confessione sciita non utilizzerebbero la struttura.
In ogni caso il patriarcato Caldeo ha comunque messo a nostra disposizione l'area.
Uscendo ci rechiamo a vedere un altro sito indicatoci da persone locali secondo le quali potrebbe fare al caso nostro.
Si tratta infatti di quello che resta di una caserma militare, ex autoparco delle truppe Feddayn, con un ampio piazzale, circondato da muri con piccole costruzioni laterali.
Se non fosse per due ovvi motivi sarebbe il posto ottimale.

Il primo è che si trova troppo lontano da presidi di Polizia o di Sicurezza che possano offrire garanzia per i nostri, secondo perché è abitato da sfollati provenienti dalle campagne, ai quali la città poteva apparire un posto maggiormente protetto dagli scontri armati. Devo farmi strada per uscire tra asini e pecore che hanno trovato stallaggio in caserma.

Dopo una lunga e meticolosa analisi della situazione e dopo aver visitato altri ospedali, si è deciso di inviare inizialmente una struttura leggera da affiancare su un terreno adiacente a due ospedali specialistici (plastico-ustionati e materno – ginecologico). I due ospedali sono vicini tra loro e divisi solo da una ampia strada. Il primo è in fase di ampliamento, ovvero lo era prima dello scoppio della guerra e le condizioni igienico sanitarie sono veramente scadenti. I feriti vengono accettati e visitati nell'atrio, dove spesso vengono successivamente allettati. Attualmente sono in funzione solo i piani bassi dell'edificio.
Il secondo (materno-ginecologico) si trova in condizioni sicuramente migliori anche se pure in questo funziona solo il piano terra con personale quasi tutto femminile in grado di assistere circa 25 parti al giorno.

Gli ospedali sono protetti da nidi di mitragliatrici dei Rangers Statunitensi il cui Comandante, il Colonnello Marcon, un Italo Americano di New York, ci viene incontro a piedi sulla strada.
E' circondato dai suoi Rangers, armati di tutto punto e dopo che ha visto il nostro fuoristrada con la bandiera italiana sul cofano ci racconta in un maccheronico italiano la situazione sulla sicurezza in Baghdad e soprattutto in questa zona.

I suoi genitori sono di un paese irpino e ha voglia di stare con noi, lo si sente nella sua voglia di comunicare.
A fianco degli ospedali è funzionante un posto di polizia irachena, benché lo stabile sia parzialmente crollato in seguito ad un bombardamento che ha sfiorato i due nosocomi.

Ci sentiamo abbastanza tranquilli nonostante l'eccessiva presenza di uomini in armi, soprattutto americani, che con le loro postazioni di mitragliatrici controllano ogni angolo della via.
Ritengo buono il parcheggio annesso all'ospedale per la nostra struttura sanitaria.
Questi militari americani sono tutti giovani per far la guerra e mi fanno un po' paura con tutte queste armi.
Sono tesi visto che ogni momento è buono per un attentato, e anche noi lo siamo, e mi guardo bene anche da loro che mi sono simpatici, ma tutte le armi che portano con se sicuramente non lo sono.

Il posto è ideale per l'obbiettivo affidatoci, benché da subito riscontro questi problemi:
Manca la rete di energia elettrica e tutto funziona grazie ai gruppi elettrogeni, inoltre l'acqua corrente arriva con molta difficoltà per le tubazioni vecchie e ridotte in colabrodo.
L'acqua, in un paese desertico è una risorsa importante e non è mai mancata fino a prima della guerra, raggiungendo circa l'80% ella popolazione.

Non vi sono comunicazioni radio o telefoniche possibili se non attraverso il telefono satellitare. Le condizioni igienico sanitarie sono pessime a causa dell'assenza di un servizio di nettezza urbana e l'immondizia viene bruciata a bordo strada.
Non si vedono scarichi di acque reflue, sicuramente esisteranno, ma non è possibile al momento individuarle per cui dovrò tornare in un secondo tempo e verificare.
L'unica certezza che ho è che un altro non lo avrebbe scelto come posto idoneo, ma qui non posso non valutare anche la necessità di offrire sicurezza ed eventualmente riparo per il nostro personale.
In città ci sono ancora tante bande di saccheggiatori che imperversano e quindi non è stato possibile subito prendere le misure dell'area adiacente all'ospedale degli ustionati in quanto, mentre verifico l'area, dette bande stanno svuotando accuratamente l'adiacente carcere e per motivi di sicurezza mi allontano anche se volevo verificare gli allacciamenti idrici del penitenziario.

Ci metto circa mezza giornata a fare i rilievi dell'intera superficie per verificare le necessità e passerò il resto della giornata a progettare la sistemazione dell'area.
Le autorità militari americane hanno imposto il coprifuoco dalle ore 23.00 alle 06.00; ci sono ancora diversi focolai di combattimento e spesso si sentono conflitti a fuoco anche durevoli (30 – 40 minuti).

Molti colpi sono sparati da civili che hanno prelevato armamenti nelle caserme abbandonate dall'esercito iracheno ed a Baghdad vi è una zona dove si commercializza liberamente ogni sorta di arma da fuoco.

Per chiamare Roma via satellite, devo recarmi sul tetto dell'ambasciata, con il reale pericolo di diventare facile bersaglio. Infatti in una situazione difficile, con la tensione nervosa sia dei militari che degli iracheni, vedere una persona che armeggia con un apparato satellitare su un tetto di una ambasciata non è certamente normale.
Senza considerare i proiettili vaganti sparati in aria da chiunque e per ogni futile motivo, per festeggiare qualcosa o per manifestare rabbia come per l'assenza di elettricità o acqua.

Con la collaborazione di Timimi riusciamo a prendere i primi accordi per i lavori di sbancamento e pulizia dell'area per impiantare il nostro ospedale leggero e ci accordiamo con gli adiacenti ospedali per la fornitura dei pasti ai nostri futuri ricoverati.

L'alimentazione irachena è molto diversa dalla nostra e quindi per evitare di dover avere due cucine, la fornitura dei pasti per gli iracheni sarebbe meglio fosse preparata dalla cucina dell'ospedale per ustionati.
La ricerca dei fornitori non è stata facile, proprio per evitare di essere facile preda di approfittatori.


Fine V parte.