Blog di Dante Paolo Ferraris

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A zonzo con il calessino (XXVIII parte)

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CalessinoSiamo ormai giunti a Biella, l'albergo in cui alloggerò è situato vicino alla stazione ferroviaria. Ad attenderci trovo Stefano e Veronica che ormai hanno finito la giornata lavorativa. Il tempo di prendere possesso della mia camera e raggiungo gli amici per una passeggiata, un aperitivo e una cenetta in un tipico ristorantino biellese.
Arriviamo così Piazza dei Martiri, che deve il suo nome alla barbara fucilazione fascista del 4 giugno 1944, in una Piazza che un tempo era intitolata a Quintino Sella. Una lapide ricorda i 21 partigiani catturati in diversi rastrellamenti e il tragico evento accaduto. Il più giovane partigiano aveva 17 anni, il più anziano 33 anni. Furono fucilati a gruppi di cinque per volta, affinché gli uni vedessero morire i loro compagni. Dopo che l'ultimo gruppo, composto questo da sei partigiani, fu fucilato dai militi fascisti del 115° battaglione "Montebello", un graduato fascista diede il cosiddetto "colpo di grazia" a tutti, scostando la testa dei morenti con un calcio del piede. I cadaveri furono lasciati per 24 ore sulla Piazza, piantonati da tre militi del battaglione fascista "Pontida". Biella e il Biellese è sempre stata terra di lotta contro l'ingiustizia, dal Medioevo alle gloriose tradizioni Risorgimentali, alle grandi lotte sociali.
Percorrendo via Italia, raggiungiamo, la Piazza del Duomo attraverso l'omonima via.
Colpisce subito lo splendido campanile romanico. Il campanile di Santo Stefano è quanto rimane dell'antica Pieve, intorno alla quale si sviluppò la città di Biella. Costruito nel XIII secolo sui resti di una antica torre del castello, raggiunge la cinquantina di metri ed è a pianta quadrata, articolato in otto piani, ognuno suddiviso da una graziosa cornice ad archetti. Per tutta l'altezza e i suoi quattro lati, il campanile è aggraziato ed alleggerito da coppie di monofore e bifore. La cuspide è piramidale, attorniata da quattro pinnacoli. Sulla sommità della cuspide si trova una croce, in passato vi era una banderuola a forma di gallo che serviva ad indicare la direzione dei venti.
Sul rinnovato sagrato del Duomo ammiriamo la Piazza nel suo complesso. La Piazza è alberata ed ornata dalla fontana del Mosè, opera del 1885 realizzata dal biellese Giuseppe Bottinelli. Sulla Piazza proprio di fronte al Duomo, vi è il Palazzo del Seminario Vescovile, fondato nel XVI secolo e ricostruito nella prima metà del XIX secolo.
Il Duomo, intitolato a Santo Stefano ha subito nel corso dei secoli notevoli rimaneggiamenti che si conclusero appunto nel 1826 con le sue goticheggianti facciate. Conserva un elegante pulpito ligneo, opere di un artigianato biellese del XVII secolo. Sull'altare maggiore è posto il bel dipinto L'assunzione della Vergine di Carlo Cogrossi. Mentre sono settecenteschi i dipinti collocati nel coro, opere del maestro Giovanni Galliari. Provengono invece dalla vecchia collegiata di Santo Stefano, che era situata dove ora vi è la casa parrocchiale del Duomo, le tribune delle cantorie. Interessanti alcuni affreschi del XV e XVI, Madonna col bambino in trono e Stemma dell'arte della lana raffiguranti un agnello con bandiera bianca rossocrociato.
Sono molti i dipinti cinquecenteschi e settecenteschi degni di attenzione che fuggevolmente osserviamo. Ma il vero gioiello è l'affresco del Cristo della Domenica datato fine XV secolo. In questo affresco Gesù e ferito da numerosi attrezzi da lavoro mentre ha le mani strette intorno a una cesoia da cimatore di panni. L'immagine affrescata aveva uno scopo catechico oltre che devozionale. Infatti l'immagine serviva a far comprendere che chi lavorava nei giorni festivi, offendeva e feriva Gesù procurando atroci sofferenze. Erano immagini presenti in molte chiese fino a che il Vescovo di Vercelli diede ordini di distruggerli perché non più confacenti alla ortodossia cattolica. Solo la disobbedienza degli allora canonici ci permette oggi di poterlo ancora ammirare. Sulla Piazza si affaccia anche il Palazzo Oropa, sede del Municipio; l'ingresso è posto in una piccola piazzetta laterale, intitolata a Mons Carlo Rossi, vescovo di Vercelli dal 1937 al 1972.
Al centro della piazzetta, di fronte all'ingresso del Municipio, c'è il bellissimo battistero, che faceva parte del complesso della Chiesa matrice di Santo Stefano. Dopo la demolizione della chiesa, si è salvato oltre il bellissimo campanile, il battistero che si trovava sul lato destro della chiesa, staccato da essa all'altezza del presbiterio. Questa è una costruzione a pianta quadrata con absidi semicircolari su ciascun lato. In testa al tetto delle absidi è impostato un tamburo ottagonale, coronato da una piccola torretta-lanterna. Ciascuna abside è rinforzata e separata all'esterno da robusti contrafforti che controbilanciano le spinte della cupola. Le absidi sono decorate da quattro lesene, sulla cui parte superiore sono presenti archetti pensili e nicchiette a fornice cieco. Il portale di nord ovest è architravato e sormontato da una nicchia ornata con una raggiera in mattoni, recante al centro una lastra marmorea di età romana raffigurante Ercole con un amorino. Il tamburo è ottagonale, presenta in ogni lato una decorazione nella fascia superiore con una serie di archetti ciechi. Al centro di ogni lato si apre una piccola finestra arcuata a doppia strombatura. Il lanternino è decorato con quattro bifore.
La struttura muraria del battistero all'esterno appare piuttosto rozza, i materiali di costruzione sono mattoni, ciottoli di fiume misti a frammenti di laterizi, con disposizioni a filari e più spesso a spina di pesce, con legamento di malta.
Con Stefano, ormai abbiamo raggiunto il portico del Municipio, ci soffermiamo a leggere il testo di alcune lapidi poste sul muro del Palazzo Comunale; vi sono quelle che ricordano i combattenti morti nella guerre risorgimentali, nella grande guerra e quelli morti nella guerra di Libia. Altre lapidi ricordano eventi particolari della storia italica e del biellese, come la grande lapide in bronzo che ricorda la liberazione della città dalle truppe nazifasciste.
Tornati su Via Italia, prima di riprendere la nostra passeggiata biellese, colgo l'occasione per una visita alla Chiesa della Trinità, visto che la porta è aperta.
La Chiesa è un edificio Barocco del XVII secolo con la facciata rimaneggiata nel XX secolo. Entriamo, in questo piccolo scrigno di cristianità, mentre alcune persone sono raccolte in preghiera. La chiesa è a navata unica, arricchita da pregevoli stucchi del XIX. Raggiungiamo cosi, chiacchierando Piazza Vittorio Veneto con i suoi grandi e ben curati giardini Zumaglini, ricchi di folte alberature e bei monumenti.
È il momento di rientrare verso l'albergo, dopo aver cenato in un caratteristico locale dove i piatti di carne trionfavano, accompagnati da una buona birra.
Infatti Biella è per me anche sinonimo di Birra; a Biella nasce uno storico birrificio nel 1846, quando il signor Welf di Gressoney e i fratelli Antonio e Giovanni Battista Caraccio, caffettieri in Biella, fondano un laboratorio per produrre la birra. Laboratorio che nel 1854 affittano a Jean Joseph Menabrea e Antonio Zimmermann. Birreria che ancora oggi porta il nome e marchio di Menabrea, nonostante sia entrata a far parte del gruppo Forst.
Dove c'è attualmente ancora una parte della produzione c'è anche un pubblico locale di ristorazione, in cui tante volte con Stefano ed altri amici biellesi e non solo, abbiamo potuto non solo bere della buona birra cruda, ma anche degustare ottimi cibi.
Dopo un lauto pasto, salutato gli amici, un sonno ristoratore mi permetterà di ripartire in mattinata nuovamente con il calessino per raggiungere le sponde del lago di Viverone e ricongiungerci con le nostre compagne di viaggio.



Fine XXVIII parte.