Blog di Dante Paolo Ferraris

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Bergamo (XII parte)

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BergamoSul sagrato della basilica di Sant'Alessandro vi è la colonna detta del Crotacio, dal nome di un personaggio presente a Bergamo nel III secolo. La colonna è citata per la prima volta nel 1133 e dà il nome alla chiesa di Sant'Alessandro «in columna» quindi vicina alla colonna. La tradizione vuole che il 26 agosto 303 in questo luogo fosse stato decapitato sant'Alessandro, soldato della Legione Tebea. Una delle tradizioni popolari vuole che fosse stato il nonno di santa Grata, che raccolse il capo mozzato di sant'Alessandro. Il figlio Lupo, si vuole che fece costruire alla sua morte due colonne una sopra l'altra con capitello corinzio avente foglie d'acanto sul luogo del suplizio. Una altra versione vuole invece che il corpo o solo il capo di sant'Alessandro, secondo leggende diverse, fosse stato raccolto da santa Grata, figlia del Lupo, nonché nipote di Crotacio.
La presenza del luogo dove era stato sepolto il martire era segnalata da dei gigli, e trasportato nel podere di famiglia, il corpo fu inumato, là dove sarebbe sorta la grande basilica di Sant'Alessandro. La colonna viene citata anche nei verbali della visita pastorale del 1575 di san Carlo Borromeo il quale confermò essere quello il luogo del martirio e chiese che fosse protetta da una cancellata. Non solo ciò non fu fatto, ma la colonna fu rimossa e alcune delle sue parti furono lasciate in stato di abbandono, mentre altre usate come peso per il torchio di un opificio sito in borgo san Lazzaro, come risulta da un documento del 12 maggio 1615. La colonna venne riposizionata solo nel 1618 con le parti della colonna originali ed altre ricostruite. Mario Lumina a pagina 8 del "Sant'Alessandro in colonna" scrive «...essendo stato recordato in questo collegio esser bene per honorevolezza della chiesa S. Alessandro [...] metter su piede la colonna sopra la quale giaceva l'idolo di Crotacio, sopra la qual colonna fu decapitato S. Alessandro, et essendone alcun pezzo di detta colonna appresso alla detta chiesa er un pezzo di ritrova nel sedume di [...] Bressano a S. Lazzaro qual gli serve per pondero di suo torchio, et sopra ciò fatto longo discorso, fu posta et presa parte di far metter su piede detta colonna».
Invece la basilica di Sant'Alessandro in Colonna ha origine ai primi secoli del cristianesimo, quando fu martirizzato il santo bergamasco. In seguito, dopo un crollo parziale dell'edificio, a partire dal 1447 fu ricostruita, concludendosi nel XVIII secolo per assumere l'aspetto attuale. La Basilica presenta un austera facciata neoclassica, interamente di marmo bianco, suddivisa in due ordini da un alto marcapiano. Sei lesene poste su alte basi che presentano capitelli compositi,suddividono in cinque parti il prospetto in ogni ordine. Nel primo ordine, al centro si apre un ampio portale con timpano arcuato, mentre nei comparti laterali vi sono due portali di dimensioni minori e sovrastati da timpani triangolari. Nel secondo ordine, al centro è posto un finestrone rettangolare e lateralmente due nicchie con statue. Il prospetto si conclude con un frontone posto sopra un ampio cornicione. Sul frontone si innalzano tre statue.
Invece il campanile è ottocentesco in finto bugnato, diviso in sei livelli che si conclude con una complessa cella campanaria e un cupolino rotondo su cui svetta la statua della Madonna. Un'altra leggenda vuole che la chiesa di Sant'Alessandro in Colonna sia sorta sopra le rovine di un tempio pagano di cui non si hanno testimonianze. L'interno della basilica si presenta con pianta a croce latina ad unica navata, in stile neoclassico con imponente volta a botte e slanciate semicolonne con i capitelli corinzi. Faccio un rapido giro intorno alle cappelle laterali e nel presbiterio, ricche di opere di pregio come il "Martirio di Sant'Alessandro" del 1623 di Enea Salmeggia, "Santa Grata che raccoglie il capo di Sant'Alessandro o Miracolo dei fiori nati dal sangue di Sant'Alessandro " del 1621 di Gian Paolo Cavagna e tantissime altre seicentesche tele che meritano un approfondita visita.
Sulla facciata della basilica una lapide in marmo ricorda i caduti della grande Guerra. Riprendo la mia passeggiata e proseguo su via sant'Alessandro in direzione largo Nicolò Rezzara. Al civico 13 di via Sant'Alessandro, una lapide posta sopra la porta di una casa attira la mia attenzione. Si tratta della casa natale di Giacomo Manzù. Costui, il cui nome reale era Giacomo Manzoni vi nacque il 22 dicembre 1908 ma morì ad Aprilia il 17 gennaio 1991, fu un importante scultore e pittore. Partecipò alle più importanti mostre di scultura internazionali, insegnò all'Accademia di Brera e alla Sommerakademie di Salisburgo. Tra le sue opere più importanti ricordo la "Porta della Morte" per la basilica di San Pietro in Vaticano del 1964 realizzata con Alfredo Biagini e la "Porta dell'Amore" per il Duomo di Salisburgo. Nel 1989, a New York, venne inaugurata di fronte alla sede dell'ONU l'ultima sua grande realizzazione, una scultura in bronzo alta 6 metri. Sono molte le sue sculture poste nei maggiori musei del mondo, tra cui vi e il "monumento al partigiano" che è collocato nei giardini di Bergamo e che tra non molto vedrò. Le case più vecchie presenti a Bergamo bassa sono a tre, quattro piani, mentre il selciato delle strade cittadine della parte antica è in porfido.
Gli edifici hanno bei portali in pietra e il piano terreno è pressoché sempre utilizzato per attività commerciali. Anche Largo Nicolò Rezzara presenta bei portici, tutt'intorno, sia assai antichi che moderni. Al centro del Largo vi è una moderna fontana, diverse le attività commerciali che vi si affacciano, tra cui i dehor dei bar. Sulla piazza si prospetta la chiesa di San Leonardo, che un tempo dava il nome alla piazza, ed anche allora, davanti alla chiesa vi era la fontana che aveva fattezze diverse dalle attuali ed era detta fontana della Fiascona per la sua particolare forma. Anche allora, questa piazza era circondata da caffè, locande ed attività artigianali e commerciali facendone il cuore della città bassa. Colgo l'occasione per sorseggiare un buon caffè in una di questi antichi esercizi commerciali. Mi avvio verso la chiesa di San Leonardo che dà il nome anche al borgo. L'edificio della chiesa si trova all'incrocio tra via XX settembre e via sant'Alessandro, la sua facciata è divisa da lesene che la tripartiscono su entrambi gli ordini suddivisi da una cornice marcapiano. Un trecentesco portale e posto centralmente nell'ordine inferiore, sopra il quale vi è un il rosone e due strette finestre rettangolari con arco a tutto sesto, ricostruzione del secolo scorso delle originali aperture del Quattrocento. L'ordine superiore è invece settecentesco con una grande finestra strombata e ornata con due putti, lateralmente ad essa, in due nicchie sono presenti statue di san Leonardo e san Gerolamo. La facciata termina con la trabeazione triangolare. La sua torre campanaria è a pianta quadrata.
Si narra che la primitiva chiesa fosse edificata sopra o in prossimità dei templi pagani dedicati a Plutone e Bacco e che fosse probabilmente dedicata alla Madonna per essere poi consacrata a san Leonardo nel 1017 quando fu costruito accanto alla chiesa un ospedale. Altri affermano che la chiesa fu dedicata al santo francese solo nel 1194. Successivamente furono aggiunti altri locali assegnati ai padri Crociferi nel 1171, anche se di ciò non ho trovato conferma. L'unica cosa certa è che lo stemma dei Crociferi chiamati anche Crosacchieri, composto da tre croci è ancora visibile sui capitelli del chiostro, ora proprietà privata, ma visibili se il cancello è aperto. L'intero complesso monastico nel 1310 fu ricostruito a seguito di un terribile incendio. Durante i secoli successivi il convento fu ampliato e ammodernato. Ho avuto modo di apprendere che il convento possedeva anche una ricca biblioteca e due chiostri. Il complesso cessò la funzione di ospedale nel 1458 quando tutti gli ospedali della città furono chiusi per essere concentrati nel nuovo grande ospedale di San Marco. Da allora diversi locali furono abbattuti per ampliare la vicina piazza della legna poi piazza Pontida. Al convento succedettero i chierici regolari Somaschi nel 1659, continuando a svolgere il lavoro dei predecessori in particolare dedicandosi all'accoglienza degli orfani.
Nel 1798 i beni e il convento furono confiscati dai francesi con la soppressione napoleonica degli Ordini. L'immobile fu venduto a un privato, tale Carlo Magni che voleva adibire la struttura in magazzini e negozi, ma durante i lavori di trasformazione ed in particolare durante la rimozione dell'altare dedicato a san Girolamo Emiliani, la struttura fu scossa da un forte terremoto che fece fuggire la manovalanza, la cittadinanza vide nel terremoto un intervento divino ed inoltre accusò il Magni di essere troppo vicino ai francesi. Ciò costrinse il proprietario a rinunciare al progetto, ridando la chiesa alla popolazione e al culto. L'interno si presenta con aula a navata unica con lesene in stucco con capitelli corinzi e base in marmo di Zandobbio che la suddivide in quattro campate. Presenti in ogni campata begli altari altare in marmi scuri policromi o gialli che sono dedicati a santa Teresa del Bambin Gesù, a san Francesco, al Battesimo di Gesù, alla Madonna che corrisponderebbe a quello dedicata a san Girolamo Emiliani noto anche come Miani e al santo Crocifisso. Uscito dalla chiesa, anche per non turbare il raccoglimento in preghiera di alcuni devoti, mi porto verso l'adiacente Piazza Pontida.



Fine XII parte.