Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Bassignana

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BassignanaL'occasione per una visita a Bassignana me la offrono Vito e sua moglie Paola. Ero già stato in questo borgo ai confini con la Lombardia, diverse volte, sia a casa di un'amica ormai scomparsa che per incontrare altri compagni di avventure. La storia di Bassignana si perde nella notte dei tempi ed è percorsa da tante battaglie. È la sua posizione che ne ha fatta da sempre una zona di particolare interesse soprattutto economico. Infatti, il paese è posto tra due fiumi, il Po e il Tanaro, su importanti direttrici commerciali. Il borgo ha sicure origini romane, infatti, tanti sono stati i ritrovamenti che indicano un'importante villa, residenza di famiglie aristocratiche all'interno della centuriazione romana voluta dopo la fondazione di Derthona o Tortona.
Il toponimo Bassignana potrebbe derivare da villa Bassiniana poi in forma contratta Bassinianica dall'eponimo Bassinus di origine romana. Sono convinto che la sua particolare posizione abbia già visto in precedenza la presenza di una popolazione gallica – ligure. Con la caduta dell'Impero romano il borgo diventa un castrum longobardo, presidiata probabilmente, affermano gli studiosi, da una guarnigione gepidica, una popolazione germanica affine ai Goti. A testimonianza della presenza longobarda c'è l'intitolazione della chiesa annessa alla fortificazione, a San Michele Arcangelo. Con l'età Carolingia entra a far parte del Comitato di Lomello. Poi con concessione dell'Imperatore Ottone II passò al vescovo di Pavia e poi ai conti di Stazzana e ancora dopo al vescovo di Tortona. È del periodo di Ottone II che si deve il primo documento che cita la Pieve di Bassignana quale possesso del vescovo di Pavia. Il dominio pavese su Bassignana fu confermato dai diplomi imperiali di Federico Barbarossa e di suo figlio Enrico IV, nel frattempo i Bassignanesi si organizzarono in un'assemblea per eleggere i propri rappresentanti; i consoli.
Fu un periodo convulso per il territorio di Bassignana, proprio per il ripetersi di guerre. Nel 1206 fu trattata a Bassignana la tregua tra Alessandria, Asti, Acqui e Pavia. Il borgo rimase lungamente sotto il dominio pavese, soprattutto sotto la famiglia guelfa di Uberto Pallavicino; alla sua morte, molte famiglie guelfe pavesi vi trovarono rifugio come i Torrioni e molte famiglie milanesi, piacentine e di Tortona e Bassignana. In questo periodo il castello costituiva una piazzaforte pressoché inespugnabile, anche per controllare il ponte sul Po che collegava con la Lomellina. Nel 1288 la fortezza fu assediata dagli alessandrini e dai tortonesi in guerra contro Milano, rappresentata il loco da Uberto Salvaio e fu occupata. Successivamente per lungo tempo il borgo rimase sotto il dominio del marchese Guglielmo del Monferrato, ma nel 1321 Raimondo Cardona a capo di truppe Angioine e pontificie occupò il borgo. Nel 1322 Marco Visconti, alleato con Gherardino Spinola, sconfisse Cardona. Bassignana rimase comunque rifugio di famiglie guelfe, tanto che il borgo si consegnò nel 1341 a Roberto di Angiò. Già nel 1347 Luchino Visconti riprese Bassignana e vi ricostruì il castello. Nel 1371 vi si concluse la pace tra i Visconti e il marchese del Monferrato.
La famiglia Beccaria entrata in possesso del borgo ebbe duri e ripetuti scontri con il duca Filippo Maria Visconti che alla fine ebbe la meglio. Alla morte dell'ultimo dei Visconti e proclamata la Repubblica Ambrosiana, Milano in possesso del borgo lo cedette nel 1449 a Ludovico di Savoia per suggellarne l'amicizia. Entrò poi in possesso degli Sforza nel 1454. Nel 1466 il duca Galeazzo Maria affidò il borgo al fratello minore Filippo Maria. Nel 1499 l'esercito del re di Francia, Luigi XII d'Orleans che avanzava pretese dinastiche sul milanese, occupò Bassignana. Benché la Lega Santa, voluta dal pontefice Giulio II, creata per arginare l'avanzata degli stranieri, questa fu sconfitta l'11 aprile 1512 sotto le mura di Ravenna. Tuttavia, la morte del comandante dell'Armata Reale francese in Italia Gastone de Foix, che aveva condotto personalmente la carica di cavalleria nella battaglia di Ravenna, gettò il disordine nell'armata francese che entro la fine dell'estate si ritirò dal Ducato di Milano e da tutta l'Italia. Costoro ripiegarono verso Pavia e passarono il Po a Bassignana in direzione di Asti. Con la morte di Gaston de Foix, il comando passò a Jean Francois de il Palisse e fu sotto il suo comando che, durante il passaggio del fiume Po a Bassignana che fu liberato Giovanni de Medici, catturato a Ravenna; costui diverrà il futuro papa Leone X. Successivamente il duca Massimiliano Sforza infeuderà il borgo nel 1513 al giurista Giasone del Maino già signore di Borgofranco, l'odierna Suardi.
Nel 1528 le truppe di Carlo V agli ordini di Pietro Biraghi occuparono il paese saccheggiandolo. Iniziò così un lungo periodo di occupazioni straniere. Nel 1522 furono demolite le mura medioevali. Oltre le continue guerre, saccheggi, occupazioni, Bassignana dovette subire la pesta a partire dal 1576 e ripetuta ancora nel 1630. Anche le carestie lasciarono un segno indelebile nel borgo, decimando ulteriormente la popolazione. Nel 1691 le rimanenti fortificazioni furono demolite dagli spagnoli. Il XVIII secolo fu ancora all'insegna di carestie e guerre, da segnalare il 27 settembre 1745, dove un feroce scontro, ricordato come la battaglia di Bassignana, vede contrapposti l'esercito franco-spagnolo, forte di 70.000 uomini, contro i 53.000 dell'esercito sardo al comando del re Carlo Emanuele III di Savoia aiutato da 15.000 austriaci del generale Mathias Johann Graf, conte di Schulenburg. La battaglia fu vinta dai franco-ispanici agli ordini di Joan-Baptise Francois Desmarets, marchese di Maillebois e di Jean Thierry Dumont conte di Gages, appoggiati dalla Repubblica di Genova con truppe comandate da Giovanni Francisco Brignole Sale e dall'infante di Spagna Filippo. Gli scontri si ripeterono anche nella guerra di successione austriaca e poi tra i francesi e gli austro-russi nel 1799. Proprio il 12 maggio 1799 il borgo fu scenario della battaglia tra gli austro-russi e i francesi, in tale occasione Bassignana fu data alle fiamme. Bassignana ormai confine tra il regno di Sardegna e la Lombardia austriaca vide diversi combattimenti sul suo territorio, fino all'unificazione dell'Italia.
Tra il 1866 e il 1874 il colera decimò gli abitanti del piccolo borgo. Nonostante queste continue guerre, con le conseguenti distruzioni, Bassignana, pur non conservando le mura, il broletto e molti edifici religiosi mantiene ancora diversi fabbricati d'interesse storico-artistico. Entro nel borgo che ha conservato il tipico impianto urbanistico a scacchiere rettangolari. Delle antiche porte di accesso al nucleo più antico, che si aprivano lungo i 1700 metri delle mura, rimane solo quello di Mezzano. Le altre furono distrutte dagli spagnoli nel 1522. La porta rimanente è stata ricostruita come arco trionfale in occasione della visita di Vittorio Amedeo III il 17 settembre 1787. Superata questa Porta, vado a parcheggiare agevolmente in piazza Papa Giovanni XXIII, davanti all'edificio che fu caserma dei carabinieri e sede dei fasci durante il periodo fascista. Quest'edificio conserva integra una cella, vecchia prigione, buia, angusta, rimasta ancora integra, come un'antica ghiacciaia. Oggi l'edificio ospita la sede del Consiglio Comunale e l'archivio storico. Dalla piazzetta si apre un belvedere su ciò che rimane dell'antica fortezza viscontea. Scendo verso via Suardi, strada che conduce sulle rive del fiume Po e allo scomparso ponte che collegava con la Lomellina e Borgofranco. Il ponte di legno fu edificato nel XII secolo e fu per un lunghissimo periodo il percorso più importante che univa l'oltregioco del genovesato con il milanese. Nel 1322 sul ponte si svolse la battaglia fra le truppe angioine e quelle di Marco Visconti. Dovette essere ripetutamente riparato anche per le numerose piene del fiume Po. Fu poi sostituito con dei barconi a trascinamento a fune.
Le alluvioni successive a quella devastante del 1454 come quelle del 1755, del 1801 e 1808 distrussero l'abitato di Borgofranco, ormai scomparso. Percorro lentamente via Orti e via Po per meglio ammirare ciò che rimane della fortezza, ossia parti di un torrione e alcuni brandelli di mura in mattoni. Lascio questi pochi ruderi, ormai ampiamente edificati con costruzioni private che poggiano sulle antiche mura del castello, e percorrendo via Camillo Benso conte di Cavour raggiungo il municipio. Nel cortile interno del palazzo comunale è installato un grande stemma di marmo con il biscione visconteo, forse originariamente era sistemato sull'accesso del castello. Lungo questa strada vi sono molti edifici d'interesse storico-artistico anche decorati con formelle tardo-medioevali. Percorrendola trovo altresì degli edifici che un tempo facevano parte del Monastero di Santa Maria del Carmine ora adibiti a civile abitazione. Il monastero dei Carmelitani scalzi risale alla bolla di Urbano VI del 2 dicembre 1379 ed era dotata di una chiesa o cappella dedicata a Santa Maria del Carmine. Dell'antica e scomparsa chiesa si sa che nel 1500 ospitava quattordici altari oltre a quello maggiore. Il monastero fu soppresso durante il periodo napoleonico. Adiacente all'antico Monastero, vi è la chiesa di San Lorenzo.
Le origini di questa chiesa sono sicuramente antiche, ma di certo non si sa nulla di preciso, si conosce solo che nel 1460 già esisteva ed era già sede di una confraternita. L'iniziale chiesa fu ristrutturata nel 1727 e la sua facciata si presenta in precarie condizioni, è semiconcava con tetto a capanna e frontone semicircolare. Sempre la facciata è divisa in due ordini e tripartita da leggere lesene con capitelli semplici pseudo ionici. Presenta un unico ingresso, anticipato da qualche gradino, con sopra una medaglia ovale affrescata. Nella parte centrale del secondo ordine un affresco rappresenta San Lorenzo titolare della chiesa. Il timpano, come tutto il resto della facciata, era un tempo decorosamente affrescato. Il suo interno è a navata unica, presenta un bell'altare maggiore anticipato da interessanti balaustre. L'umidità ormai la fa ormai da padrone mettendo a rischio le belle decorazioni ad affresco. Lascio così la chiesa di San Lorenzo, sede della confraternita della Trinità e percorro tutta la via intitolata a questa chiesa. La strada è costeggiata da antiche e ristrutturate case padronali.
Arrivo così, attraverso un breve tratto di via Piave, in piazza San Giuseppe. Su questa piazza, un tempo già fuori dalle mura cittadine medioevali, si affaccia l'oratorio di San Giuseppe, che fu edificato per un voto pubblico, e già citato nel 1576, fu poi ricostruito nel 1683 e restaurato ulteriormente nel 1862. La chiesa di forma rotonda è preceduta da un atrio. Dietro l'altare maggiore vi fu edificata la sagrestia. L'oratorio è ben conservato dalla devozione popolare ma i restauri degli affreschi sono stati fatti da mani poco esperte. Riprendo la mia passeggiata e percorro tutta via Piave, fino a raggiungere via Trieste, dove è collocata la chiesetta della Madonnina, ossia di Santa Maria Piccola. Questo piccolo oratorio fu eretto presso l'antica Porta Pavese da Filippo Maria Sforza tra il 1473 e il 1491 e donata ai carmelitani.
La chiesetta della Madonnina è sicuramente un luogo di culto molto attivo per la fervida devozione popolare. Sono frequentazioni giornaliere quelle che i Bassignanesi fanno alla Madonnina, visto i begli affreschi e addobbi floreali, la pulizia dell'interno e l'abbigliamento della statua della Madonna con il bambino Gesù. Se il suo interno è semplice e decoroso con la sua volta a crociera e costoloni poligonali, altrettanto lo è la facciata, semplice con una sola porta d'accesso, intonacata e una finestra quadrata sopra l'ingresso. Il frontone è semicircolare con tre pinnacoli. Il sagrato è arricchito da piante di fiori che rallegrano l'ambiente ed evidenziano la devozione alla Madonnina. Percorro così via Trieste, che è una delle poche vie non rettilinee, mi ritrovo così al punto di partenza e proprio lì nelle vicinanze vi è la grande piazza Santo Stefano su cui si affaccia l'omonima chiesa parrocchiale. Una prima chiesa fu eretta nella seconda metà del XIII secolo che poi fu ampliata e ricostruita nel 1576, le cronache ce la descrivono molto bella e ricca di arredi sacri.
Nell'Ottocento la chiesa risultò piccola per le esigenze della popolazione tanto che ne fu decisa la demolizione e affidata la ricostruzione all'architetto Valizzone di Alessandria. I lavori iniziarono nel 1833 e terminarono nel 1837. La facciata restaurata nel 1930 è in puro stile neoclassico e si presenta assai imponente. Il suo interno è a croce latina con tre navate, anch'esse in stile neoclassico. La navata centrale presenta un soffitto a botte. Sono presenti due altari barocchi in marmo provenienti dal precedente edificio. Anche oggi la chiesa è ampia e ricca d'interessanti tele e arredi sacri. Uscito sul bel grande sagrato, realizzato in pietre di fiume e contornato da pilastrini in granito, percorro via del Tempio, fino a raggiungere via della Vittoria dove trovo un altro importante edificio. Si tratta della chiesa Evangelica metodista e risale al primo decennio del XX secolo.
La presenza della comunità evangelica a Bassignana è assai antica. Infatti, la predicazione evangelica da parte di Secondo Musso iniziò il 5 settembre 1860. Costui nacque a Montechiaro di Asti, maestro elementare convertito alla chiesa valdese, dedicò la sua missione al proselitismo dapprima nel circondario di Bassignana, poi nel borgo stesso. Organizzò corsi di alfabetizzazione per adulti, incontri d'intrattenimento per i più giovani e di lettura della Bibbia e studio dei Vangeli. Questi incontri avvenivano inizialmente in casa di privati cittadini. Diversi furono gli episodi di contrasto, talvolta anche violento che Secondo Musso subì dal parroco di Bassignana. Più volte intervenne il Prefetto di Alessandria per rimettere ordine, come quando nel 1900 il parroco cercò di influenzare gli amministratori dell'Ospedale dello Spirito Santo, un'importante istituzione d'assistenza presente a Bassignana, per non ammettere l'accesso ai malati evangelici.
Nel 1875 il tesoriere della Chiesa Cristiana Libera d'Italia, John Mac Dougall, su richiesta della comunità evangelica di Bassignana, comprò nel 1875 un palazzo con orto e giardino di proprietà dell'importante famiglia di Bassignana, Francesco Stefferi per farne luogo di ritrovo e culto. Già nel 1877 la chiesa evangelica iniziò a essere aperta al culto. Agli inizi del XX secolo l'edificio di culto era diventato ormai piccolo per i molti fedeli aderenti a quella che era diventata Chiesa Metodista Episcopale. Così nel 1908, fu abbattuta la vecchia cappella realizzata nel 1877 e si diede avvio ai lavori di edificazione del nuovo tempio che sarà inaugurato il 25 luglio 1909. La comunità metodista episcopale aderì nel secondo dopoguerra alla chiesa Evangelica metodista d'Italia. Il tempio è realizzato in stile neogotico e il suo interno è molto sobrio. Infatti, vi accedo accompagnato da un fratello evangelico. Sono pochi gli arredi sacri, un pulpito con uno schienale, la Croce e non il crocefisso perché Gesù Cristo è resuscitato, le tabelle delle letture sacre, la mensa della Santa cena con la Bibbia sul tavolo, una balaustra in noce.
Lascio questo edificio e ringrazio la mia guida che mi ha arricchito culturalmente. Raggiungo così la piazza del mercato, un tempo qui esisteva la chiesa dello Spirito Santo poi diventata di San Giovanni Battista. La prima chiesa fu eretta nel XV secolo con un annesso ospedale, poi nel XVI secolo muta la dedicazione e fu ristrutturato nel Settecento. L'edificio fu abbattuto nel 1952 per allargare la piazza. Dell'antico edificio rimane il campanile e un affresco in pessime condizioni di conservazione. Ritorno a prendere la mia auto per recarmi al cimitero dove posso visitare la chiesa di San Giovani Battista, già antica Pieve. Per raggiungere la chiesa, transito nei pressi della casa di riposo "Muzio Cortese". La casa di riposo è collocata nell'ala settentrionale dell'antico monastero di San Paolo. Questo monastero, ormai parzialmente scomparso con la sua chiesa, sorgeva fuori le mura meridionali del borgo dal 1490 ed era officiato dai frati Minori osservanti riformati, detti anche zoccolanti. Il monastero fu soppresso nel 1802, fu poi più tardi atterrato, dove esisteva, la chiesa ora vi è un'edicola votiva.
Raggiungo così il cimitero e l'antica pieve di San Giovanni Battista. Di quest'antica pieve, l'imperatore Ottone II in un diploma del 22 novembre 977, ne confermava il possesso al vescovo di Pavia. Un tempo accanto alla chiesa doveva sorgere il chiostro e il battistero, ora scomparsi. Già nel 1460 la chiesa era in precarie condizioni, tanto che la cura delle anime era esercitata nella chiesa di Santo Stefano, tanto che a fine XVIII secolo fu abbattuta la facciata, essendo una porzione di navata già ampiamente compromessa. Infatti, una lapide con la data 1794 fu collocata sull'attuale facciata. Internamente la chiesa non è in buone condizioni, benché nel 1972 furono restaurati gli antichi affreschi che erano stati ricoperti dall'intonaco. Fu confermato che la decorazione absidale rappresentava i dodici apostoli con le immagini di San Giovanni Battista e una santa non identificata. Tutti gli affreschi, compresi quelli delle pareti laterali, furono staccati e trasferiti a Torino.
Riprendo l'auto e mentre mi dirigo a visitare le frazioni del Comune, ricordo che a Bassignana erano presenti altri oratori, come quello di San Sebastiano, quello di San Rocco eretti quale voto alle frequenti pestilenze. Il primo era sito in riva al fiume Po, il secondo nell'omonima via San Rocco, entrambi furono abbattuti nell'Ottocento, come quello del XIV secolo dedicato a San Bernardo collocato in aperta campagna. Insieme ai citati oratori esisteva un altro centro monastico: "Domus", ospedaliera degli Antoniani di Vienne, posto sulla strada di Valenza e bruciato dai francesi acquartierati a Bassignana nel 1557 e abbattuto tra il Seicento e il Settecento.
Con l'auto mi reco fino al santuario della Madonna del Casato. Ben poco conosco ed ho rinvenuto su questa bella chiesa. Il culto della Madonna del Casato è da sempre molto fervido. Lo dimostrano le condizioni in cui è conservato l'edificio e abbellito da fiori. La facciata è a capanna, semplice, ben mantenuta e ritinteggiata di recente. Il prospetto è suddiviso in due ordini, quello inferiore presenta una bella porta d'accesso, affiancata a due finestre rettangolari. Il secondo ordine presenta una grande finestra rettangolare che permette alla luce di accedervi, affiancata da due raffiguranti l'Annunciazione con l'arcangelo Gabriele e la Madonna. Anche il timpano triangolare è affrescato. Il suo interno, A parte i danni dell'umidità, è ben conservato. Il suo interno è in puro stile barocco, a navata unica e soffitto a volta totalmente affrescata, sulle pareti laterali sono conservati begli affreschi di santi e martiri, come Sant'Agata, Sant'Apollonia. Anche l'altare maggiore è in marmo e conserva un bell'affresco della Madonna in trono con Gesù bambino.
Proseguo per la mia strada fino a raggiungere l'abitato di Mugarone. Raggiungo subito l'area del castello che doveva essere un tempo massiccio e difeso da imponenti mura perimetrali. Infatti, sorge su una collinetta a ridosso del fiume Po. S'ipotizza che quest'area fosse già abitata in epoca longobarda e che il castello risalga a quell'epoca. Si presuppone, viste le parti non crollate del castello, che avesse ampi magazzini, con tre o quattro torri, una corte gentilizia e una cappella privata, oggi trasformata nel campanile dell'adiacente chiesa parrocchiale. Questa chiesa, intitolata a Maria Assunta, sostituì quella più antica e campestre citata come "Santa Maria a Perticas" la cui presenza è attestata fino al XVII secolo e ormai scomparsa. L'attuale chiesa, posta all'interno dell'area castellana, come molti altri edifici rurali in seguito edificati, conservano ancora alcuni tratti e resti di mura della struttura fortificata.
La storia vuole che in questo castello arroccato su un'altura, fossero stati ospitati alcuni personaggi illustri come Federico I di Svevia, detto il Barbarossa e i Visconti. Lascio il castello, che richiede urgenti restauri e il borgo per raggiungere Fiondi, un'altra frazione di Bassignana. Il breve viaggio è immerso nel verde delle colline che dividono Alessandria e Valenza. Il paesaggio è molto affascinante, soprattutto ora che i ciliegi sono in fiore. Fiondi appare immersa nel verde, vedo antiche case coloniali e nuove villette e su tutte emerge il campanile della chiesa di Santa Maria della Neve. Non si sa molto della storia di Fiondi sennonché ha subito nei secoli il passaggio di tantissime truppe che non hanno certo risparmiato questa piccolissima comunità.
Si crede che il nome Fiondi derivi da Fioni, come già nel Settecento era identificato. Sicuramente questo è un cognome che tipizzava la piccola comunità che poi è diventato il toponimo del borgo. Riesco a parcheggiare nei pressi della chiesa che è sicuramente della seconda metà del XVIII secolo e che fu poi ampliata tra il 1904 e 1931 quando divenne parrocchia. La chiesa è purtroppo chiusa e non posso accedervi. La sua facciata, interamente intonacata e recentemente ritinteggiata con colori tenui è tripartita da leggere lesene. Presenta una sola porta centrale e il tetto è a capanna con falde sfalsate ai lati. Sulla facciata, una lapide murata ricorda i militari caduti di Fiondi durante la prima guerra mondiale.
La chiesa e il suo sagrato sono in ottimo stato di conservazione. Lascio Fiondi e Bassignana, un territorio storicamente conteso sia dagli uomini sia dalla furia delle alluvioni del Po e del Tanaro ma che ha saputo mantenere l'originalità del luogo attraverso la sua gente e le loro tradizioni. Nel rientrare a casa ricordo altri illustri personaggi che vi nacquero, come Giusto Calvi nel 1865 a Mugarone che con gli studi universitari consolidò le sue convinzioni repubblicane. Fu allievo del Carducci a Bologna e nel 1887 si laureò in lettere, filosofia e storia a Roma. Dopo aver collaborato con diversi giornali e fondò a Valenza "Il Gazzettino di Valenza", in seguito emigrò in Argentina. Partecipò oltreoceano alla redazione dei primi giornali italiani e diresse il quotidiano "Roma".
Rientrato in Italia nel 1889, tornò all'insegnamento delle lettere italiane nella scuola tecnica di Valenza e fondò con alcuni amici il giornale locale Avanti, d'ispirazione socialista. Per motivi politici fu rimosso dall'insegnamento e nel 1894 emigrò in America del Nord, dove collaborò con i grandi giornali d'apposizione a New York, Philadelphia e Richmond. Rientrò in Italia nel 1898 e per breve tempo fu incarcerato a Milano per motivi politici. In seguito a Milano divenne redattore del giornale "Vita Internazionale". Nel 1904 fu eletto deputato del Regno nelle fila del partito socialista. Morì a Valenza nel 1908 per tumore.