Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Rovigno

E-mail Stampa PDF
RovignoIl viaggio in auto è lungo ma l'aspettativa è alta. Varcato il confine italiano, dobbiamo attraversare un breve tratto di strada in Slovenia, prima di raggiungere la Croazia. In Istria il panorama è verde e lussureggiante, la strada si snoda tra dolci colli, dove i campanili gareggiano con gli alti alberi che da secoli caratterizzano la Croazia i borghi che attraversiamo si susseguono con i loro antichi castelli e le lussuose dimore nobiliari. Da lontano lo skyline della città di Rovigno mi appare caratterizzato dall'alto campanile della chiesa di Sant'Eufemia.
La storia della cittadina in cui passeremo le ferie è molto antica e risale all'età del ferro e del bronzo, quando quest'area era abitata dalla tribù mercantile degli Hisri. Nel 177 a.C. Rovigno diventò parte dell'impero romano e assunse il nome di Arupinium o Mons Rubineus ossia pietra preziosa. Più tardi assunse il nome di Ruginium e Ruvinium ma anche Ruigno, Ruinio, Revigo, compare anche come Rubinum. Alcuni credono che il nome possa derivare da Rufinius del nome di un proprietario terriero in epoca romana. Dopo un lungo periodo di prosperità e con l'inizio del decadimento dell'impero romano, Rovigno diventò oggetto di saccheggi sia da parte degli unni che di altri popoli nomadi assetati di conquista.È in questo periodo che gli abitanti iniziarono a trasferirsi sulle isole fortificandole. Rovigno, dopo il periodo di dominio britannico, passò sotto il controllo dei longobardi e poi dei franchi.
Nel periodo feudale, Rovigno perse l'autonomia ed i privilegi concessi dai romani, ciò nonostante che sua popolazione continuò ad aumentare diventando uno dei più importanti centri dell'Istria. Dal 1283 al 1797 Rovigno passò sotto il controllo della Repubblica di Venezia, ed è durante il dominio della serenissima che l'isola di Rovigno venne collegata alla terra ferma. Sempre durante il protettorato veneziano, furono rinforzate le mura difensive cittadine per proteggerla durante la guerra contro i turchi. Dopo la caduta della Repubblica di Venezia nel 1797 Rovigno godette di un breve periodo di autonomia durato fino al 1813 quando divenne parte della monarchia austro-ungarica. Con la fine della prima guerra mondiale fu annessa all'Italia. Invece con la fine della seconda guerra mondiale, nel 1947, Rovigno con l'intera Istria passò alla Federazione di Jugoslavia nel cui ambito restò fino al 1991 data del passaggio alla Croazia quale stato indipendente.
Dopo essere arrivati nell'appartamento che ci ospiterà per qualche giorno, una tappa obbligatoria è sulle spiagge del Parco forestale di Punta Corrente. Il parco è ricco di una florida vegetazione con splendidi percorsi ciclo pedonali. Le calette, baie, sono coronate da spiaggette ghiaiose. Non posso che sdraiarmi a riposare dal lungo viaggio, sui verdissimi prati prospicienti il mare. Non fate solo come il sottoscritto che si è immerso nelle cristalline acque del litorale istriano, solo per mezza giornata, affascinato da quella sirena che è la cittadina di Rovigno; bisogna godersi le splendide acque che questo lato del mar Adriatico offre.
Il giorno dopo, iniziamo a vagare liberamente per le strade della cittadina. Non è tanto facile organizzare un tour per il centro senza perdersi tra le strette calli, salite e discese dell'antico abitato isolano che nei rioni del centro storico edificato sull'altro versante del canale.
All'inizio Rovigno era un castrum con mura difensive intorno alla cima del colle dove esisteva la prima chiesa parrocchiale. Successivamente le modeste mura furono rinforzate soprattutto dopo le incursioni degli Uscocchi. Costoro tra il XIV e XV come buona parte degli Stati balcanici dominati dai turchi, continuarono contro di loro una dura guerriglia. Benché aiutati dall'Austria, il principale sostentamento degli Uscocchi era la pirateria e le razzie. Nel XVI secolo a costoro si aggiunsero anche dei banditi provenienti dalla Repubblica di Venezia, ma anche dalla Romagna e dal Lazio. L'accresciuto numero, li vede non solo protagonisti di assalti alle carovane turche, ma anche a quelle della Repubblica di Venezia e altre città costiere.
La cinta urbana in passato disponeva di sei porti di accesso di cui alcuni sono ancora presenti. Idealmente inizio con il mio amico Matteo la nostra passeggiata proprio dalla Porta o Arco dei Balbi, l'ingresso principale di quelle che erano le mura che circondavano l'antica Rovigno. Però l'attuale Arco dei Balbi fu costruito nel 1678-1679 ove un tempo insisteva la Porta della pescheria vecchia. Il nome dei Balbi fu acquisito negli anni 70 del XVIII secolo, quando il podestà Francesco Almoro Balbi fece porre degli stemmi gentilizi sopra la porta insieme ad una lapide che in precedenza si trovava in una casa adiacente. La lapide ricorda la costruzione del fondaco del grano nel 1860 quando era podestà Daniele Balbi. Sulla chiave di volta della porta sono incastonate due teste di pietra o mascheroni. Fu il podestà Bernardo Barbaro a voler porre la testa di un "turco" all'esterno e "veneto" all'interno, per ricordare il ruolo svolto dalla sua famiglia nei rapporti tra la Serenissima repubblica e la Sublime Porta. Subito dopo l'Arco dei Balbi vi è il palazzo Municipale che risale 1308. Questo palazzo subì nei secoli diverse ristrutturazioni e ampliamenti e nel 1822 fu rifatto il prospetto, dotandolo di un bel portale barocco. La facciata fu successivamente decorata con gli stemmi dei podestà rovignesi, della città di Rovigno e dal leone marciano del XVI secolo. Anche nell'atrio del palazzo sono presenti molti stemmi di podestà rovignesi. Poco distante vi è il centro di ricerche storiche, fondato nel 1968 su iniziativa dell'Unione degli italiani dell'Istria e di Fiume. Il centro, ora Unione Italiana, pubblica diverse monografie, ricerche storiche ecc. in lingua italiana sulle storie dell'Istria, di Fiume, del Quarnero e della Dalmazia. Il palazzo dove ha sede il Centro fu nel medioevo e fino al XVIII secolo, uno dei fondaci del grano, mentre nel 1872 diventò per breve tempo sede degli impianti della neo nata fabbrica di tabacchi.
Di fronte, ove ora vi è un piccolo slargo, esisteva la chiesa di San Damiano, una delle tre chiesette eptagonali che esistevano a Rovigno, demolita nel 1840. Poco distante dal palazzo dell'Unione Italiana vi si apre Piazza Grande o Piazza Granda. A differenza del nome la piazza è assai piccola ma sugli spazi dell'antica isola doveva essere considerata grande. Su questa piazza e nelle immediate vicinanze si affacciano diversi palazzi gentilizi. All'angolo con via Garzotto si trova il palazzo Califfi con il suo stemma gentilizio scolpito e l'anno 1688. Ma sono presenti anche tipici palazzi veneziani in stile rinascimentale come quello con l'accesso in via Montalbano che ha incisa la scritta in latino che ci ricorda che fu edificato nel 1580 dalla famiglia Basilisco, provenienti da Lodi. Di fronte a questo palazzo in stile veneziano, vi è un alto edificio che un tempo ospitava il più antico magazzino di granaglie della città. Da questa piazza si dipartono parallele alcune delle strade principali che corrono tutte verso il Duomo di Sant'Eufemia e San Giorgio.
Le strade, le piazze di questo antico centro storico sono in pietra chiara. Infatti sono lastricate con la pietra d'Istria, anche chiamata biancone istriano. Con questa pietra non solo furono lastricate le strade, furono anche edificati i palazzi, le chiese di tutta l'Istria e anche di Venezia. Le cave sono nei dintorni di Rovigno e molti rovignesi vi lavoravano come scalpellini, da qui un motto dialettale che tradotto dice: " i rovignesi con l'ingegno spaccano il sasso come (con) il legno". Non posso che inoltrarmi in via Grisa, una splendida scalinata che arriva fino al sagrato del Duomo. Si tratta di una bella scalinata, anch'essa in biancone istriano, ma in questo caso posizionata a lisca di pesce.
Sulla via Grisa si affacciano interessanti edifici, tra i quali uno con un cortile che i rovignesi chiamano "dei bochieri" ossia dei macellai. Sempre in questa strada sono stati edificati bei palazzi in stile veneziano, un tempo residenza della comunità ebraica. Da via Grisa si diparte via o passo dei Natorri, cognome di una antica famiglia rovignese. Su questa strada si affacciano alcune case che un tempo ospitavano i fornai.
Proseguendo su via Natorri, percorriamo via Silvana Chiurco, antifascista rovignese. Troviamo su un piccolo piazzale, intitolato alla Madonna Addolorata, o oratorio del Pianto o dei sette dolori, che si affaccia l'omonimo oratorio. L'altare dell'oratorio conserva le statue della Madonna, provenienti dalla demolita chiesa medioevale del 1482 che anticamente questo piazzale ospitava. Alla chiesa era annesso il primo ospitale rovignese fondato nel 1475 dalla Confraternita della Madonna del Campo. Di fronte all'oratorio si trova un'antica casa con un ballatoio medioevale che ci ricorda come un tempo le case popolari erano costruite. Ossia al piano terreno vi era il magazzino o la cantina, al primo piano la cucina con il focolare, le camere si trovavano ai piani superiori, rendendo spesso abitabili anche le soffitte. Tutto ciò per motivi di spazio all'interno della vecchia città, tanto che anche le canne fumarie erano esterne.
Proseguendo la passeggiata e lasciato il "baladur da Sa Pavan" ossia il ballatoio del Sig Pavan, originario di Padova, raggiungiamo via del Monte. Sulle case di questa strada, spesso si incontrano piccoli stemmi e insegne poste sugli architravi delle porte delle case, che un tempo ne indicavano il proprietario. Ogni tanto incontriamo delle piccole costruzioni, che fungeva un tempo a stalle per gli animali da lavoro. Mentre a metà di via Bregovita, si apre davanti ai nostri occhi un caratteristico campiello o piazzetta con la sua chiesetta dedicata a San Tommaso, ormai sconsacrata. Il campiello, benché restaurato a metà del XVIII secolo, mantiene la suggestione dell'antico complesso medioevale con le sue belle volte e caratteristici portici. Ormai siamo giunti sul belvedere, uno dei più antichi bastioni difensivi della cinta muraria di settentrione. Questo belvedere, sovrasta le sottostanti case, i tetti con i suoi innumerevoli camini dell'abitato. Il panorama è mozzafiato, si riesce a distinguere in lontananza la stazione ferroviaria ma anche parte della costa di Valdibora con le sue antiche manifatture. Raggiungiamo così il sagrato della chiesa di Sant'Eufemia.
Sul luogo ove oggi insiste il duomo di Rovigno, un tempo si trovava una più piccola chiesa a navata unica dedicata a San Giorgio. Non molto distante vi erano le chiesette di San Rocco, San Michele e Sant'Orsola. Intorno alla chiesa, ove oggi vi è uno splendido spiazzo panoramico, vi era il cimitero. Solo dopo il "miracoloso approdo"sulle coste rovignesi, la piccola chiesetta fu ricostruita a tre navate. Era il 13 Luglio dell'800 quando approda, in seguito a una forte tempesta, il sarcofago di marmo contenente il corto della martire Santa Eufemia.
Eufemia, secondo la tradizione, era figlia di Teodora e Filofrone, senatore della città natali della Santa a Calcedonia nell'Asia Minore attorno l'anno 290 d.C. La sua "Passio" ci racconta che morì il 16 Settembre 304, dopo un terribile martirio con fuoco, pietre, lame taglienti, belve, ciò accadde al tempo delle persecuzioni di Diocleziano. Il corpo della martire fu conservato dai cristiani di Calcedonia fino al 620, quando la città fu occupata dai persiani. Agli inizi del VII secolo l'arca con il corpo della Santa venne trasferita a Costantinopoli ed esposta in una chiesa a lei dedicata. Ai tempi della crisi iconoclasta a Costantinopoli, i cristiani decisero di nascondere il corpo della Santa Martire. Non si sa quindi come il sarcofago con il corpo della martire sia approdato sulle coste di Rovigno.
Molte sono le leggende che narrano di come il pesante sarcofago fosse approdato sulle coste rovignesi e come fu portato fino all'abitato di Rovigno. Il più accreditato è quella che solo un bambino, su intercessione di Sant'Eufemia riuscì con le sue due giumenti a portare il sarcofago in collina. Il culto della Santa, divenuta patrona della città è molto forte e le sue reliquie sono venerate sia dai cristiani che dagli ortodossi. Alcune reliquie della Santa sono conservate a Istanbul nella cattedrale di San Giorgio, altre sue reliquie, forse raccolte da Sant'Apollinare, vescovo di Ravenna, servirono per evangelizzare alcune aree dell'alta Italia, ma sono presenti anche nella chiesa di San Giovanni Battista di Sant'Eufemia vetere (Lamezia Terme). Durante la ricorrenza di Sant'Eufemia a Rovigno è tradizione mangiare carne di pecora con crauti e le frittelle, dolci tipici istriani.
La nuova chiesa venne dedicata ai Santissimi Giorgio e Eufemia patroni della città. Il Duomo di Sant'Eufemia è un tipico esempio di barocco veneziano, assai elegante ed imponente s'innalza sul nucleo storico di Rovigno e si prospetta sul mare. Entriamo in chiesa dopo aver osservato la maestosa facciata in marmo con tetto a salienti. La chiesa è a tre navate con cupole sovrapposte ai tre altari maggiori, nella navata laterale destra dietro l'altare è collocato il sarcofago di Sant'Eufemia in marmo. Le tre navate sono separate da pilastri e archi. L'interno della chiesa è incantevole. L'altare maggiore, dedicato a San Giorgio, San Marco e San Rocco e presenta le statue dei Santi in marmo di Carrara. Dietro l'altare maggiore si trovano tre grandi quadri che provenivano dalla più antica chiesa, risalente a fine del 1500. A sinistra dell'altare maggiore si trova l'altare dei Santissimi Sacramenti, sempre in marmo, con belle statue di angeli.
Mentre sulla destra dell'altare maggiore vi è l'altare di Sant'Eufemia, la protettrice della città, l'altare è in marmo con la statua dorata e dipinta della Santa risalente al XV secolo. Dietro all'altare di Sant'Eufemia è riposta l'arca, che racchiude il corpo della Santa. Il sarcofago contenente le reliquie è datato tra il III e IV secolo circa. Da una finestrella si vede il corpo della Santa, coperto da una maschera di cera, fatta nel 1953. Al corpo, mi dicono, manca la mano sinistra, che la tradizione vuole sia stata trattenuta dai veneziani e conservata nella chiesa di San Canziano, dopo che i genovesi avevano restituito alla Serenissima le reliquie depredate nelle chiese istriane durante la guerra di Chioggia (1378-1381). Sui muri intorno al sarcofago ci sono dei quadri del 1883 di Leonardo Riga che rappresentano l'arrivo del sarcofago sulle coste di Rovigno e il suo martirio. Sono splendidi anche gli altari laterali presenti nel Duomo, come l'altare della Madonna del Carmelo, l'altare di San Nicola, l'altare di San Sebastiano, l'altare di San Rocco, l'altare di San Francesco, l'altare della Madonna del Rosario, l'altare di San Michele Arcangelo e l'altare di San Pietro, tutti con pregiate tele, statue e decorazioni in marmo. Interessante il pulpito della navata centrale e l'acquasantiera con le statuette di San Giorgio e Sant'Eufemia.
Usciamo dal Duomo, sui gradini di pietra chiara che conducono al Duomo ci sono molti turisti che assistono allo spettacolo di un artista di strada, intento a suonare e cantare con la sua chitarra. Mentre in un altro angolo, una giovane ragazza è intenta a suonare il suo violino. Ancora uno sguardo all'alto campanile di Sant'Eufemia, che svetta su tutta la città. Nell'ottobre 1654 ebbe inizio la costruzione del nuovo campanile che fu completato nel 1687. Questo è il tipico campanile veneziano, che le sue linee architettoniche, la pregevole cella o meglio loggia campanaria e la sua cuspide. A rendere ancora più slanciato ed elegante il campanile vi è la statua in rame della Santa che funge anche per indicare la direzione del vento. Direzione che è indicata dalla mano destra della Santa. Lentamente scendiamo vero piazza Valdibora e sul tragitto incontriamo la piccola chiesa della Madonna della Salute, eretta nel 1779. La chiesa è a navata unica e conserva pregevoli tele, mentre la pala d'altare è una copia di quella che si trova nell'omonima chiesa a Venezia. Dopo pochi passi e una breve deviazione verso una via cieca, via Arnolongo, ci si aprono preziosi scorci sul mare tra le case che formano una vera palizzata fronte mare. In questa strada, un tempo, vi era la fabbrica di cera e candele "Sant'Eufemia", poi una fabbrica di liquori "Petrali". Negli anni 60 e 70 la strada ospitò la prima discoteca nata nell'ex Jugoslavia, la "Lanterna".
Riprendo via Švalba, su questa strada un tempo si affacciavano diversi spacci alimentari e cantine del vino, dove era costume bere il vino, mangiare, cantare e socializzare. Questa via è intitolata all'antifascista fiumano Vladimir Švalba, scomparso durante la seconda Guerra Mondiale. Costui fu anche uno dei fondatori dell'Unione italiana dell'Istria e di Fiume. Il fascino di questa strada, oltre ad essere il suo selciato, lastricato in pietra fin dalla sua costruzione, è anche la torre medievale al civico numero 6, con due stemmi lapidei del podestà Corner del 1440 e 1444. Molti gli edifici barocchi presenti che vi si affacciano; nel Settecento l'edificio al civico 39 ospitava il consolato francese. Sempre su questa zona si apriva la Porta Valdibora, demolita nell'Ottocento. Raggiungo così il mercato ortofrutticolo, presente in piazza Valdibora dal 1960. Attigua al mercato ortofrutticolo si trova anche una pescheria, un tempo al suo posto vi era una tipografia, aperta nel 1859 come la prima tipografia Istriana. Le bancarelle del mercato presentano, oltre a frutta e verdura, dai colori caldi ed esposti come in una gioielleria, anche funghi, formaggi e liquori di produzione istriana. Sull'adiacente piazza Valdibora, all'interno di un bel giardino è collocato il moderno monumento agli antifascisti e ai partigiani caduti. Davanti alla grande opera d'arte realizzata da Ivan Sabolìc ed inaugurata il 6 Settembre 1956, vi sono i busti di alcuni eroi rovignesi della seconda guerra mondiale. Nell'ampio giardino stanno giocando a palla alcuni bambini, sotto l'attento controllo del padre. Alle spalle del monumento sono ormeggiate diverse barche adibite al trasporto delle persone verso le altre isole poste a poca distanza da Rovigno. Tra le due piazze si trova il teatro "Antonio Gandusio". L'area che occupa il teatro e la piazza è stata ricavata con l'interramento del mare nella parte litoranea di Valdibora durante la prima metà dell'Ottocento.
L'edificio che oggi ospita il teatro è stato edificato nel 1854 e al piano terreno ospitava una pescheria e una macelleria mentre al primo piano vi era un grande salone comunale. Nel 1865 inizia l'opera di trasformazione dell'edificio in teatro dalle semplici linee neoclassiche. Il teatro inaugurato nel 19234 è stato intitolato al rovignese attore comico Antonio Gandusio.
Raggiungiamo così piazza del Ponte, dopo esserci fermati a guardare diverse vetrine ricolme di souvenir e altri oggetti che attirano l'attenzione di molti turisti. La strada che abbiamo percorso è via Pietro Ive, uno dei primi istriani vittima del terrore fascista in Istria, anch'essa ricavata nel 1763 interrando il canale che separava l'abitato insulare di Rovigno dalla terraferma. In questa piazza esisteva un tempo un ponte che univa l'isola alla terraferma. L'accesso all'isola, il cui ingresso era sbarrato da una cinta di mura, avveniva attraverso una torre che era sovrastata da un leone marciano del XV secolo. Il leone fu poi spostato sulla torre dell'orologio posto in piazza maresciallo Tito. Vicino al ponte, nel 1543, fu eretta la chiesetta di San Salvatore, poi demolita nel 1810. Attraversato idealmente il ponte raggiungiamo piazza maresciallo Tito. Percorrendo il selciato in pietra rosa si può ammirare il grande palazzo in stile barocco veneziano appartenuto alla famiglia Califfi tra il XVII-XVIII secolo. Il nobile palazzo, dalla facciata rossa, ospita oggi il Museo Civico della città di Rovigno che conserva incredibili collezioni archeologiche, si tratta di una bellissima pinacoteca di importanti pittori. La piazza Tito è a forma d'imbuto e si apre verso il porto di Santa Caterina, anche questa piazza è stata ricavata con l'interramento del mare. Si affacciano sulla piazza la torre dell'Orologio costruito a metà Ottocento che ospita il grande Leone Marciano, ma anche tanti edifici che ospitano alberghi, storici caffè. Molti di questi edifici ospitavano anticamente dei fondaci, il monte di Pietà e nella seconda metà dell'Ottocento ospitò il tribunale. Al centro della piazza una piccola fontana, inaugurata nel 1959, presenta una piccola statua in bronzo raffigurante un bambino con un pesce. I rovignesi chiamano amichevolmente il bambino "Checo" ed è opera dello scultore zagabrese Marijan Kocković. Nel piccolo molo che si affaccia sulla piazza sono ormeggiate tante piccole barche di legno, le tradizionali batàne. Il porto di Santa Caterina è sempre pieno di barche, sia da diporto che da pesca; i gabbiani regnano da principi saltellando di barca in barca in attesa che a qualche turista sbadato cada qualche cosa da mangiare. Sono molte anche le motobarche turistiche che portano i tanti villeggianti a fare il giro delle isole o per raggiungere le tante spiagge isolane. Percorso la riva Pino Budicin e ammirato le belle abitazioni e alberghi che s'affacciano sul lungo mare, raggiungiamo la Porta di Sottomuro.
Questa è una delle più antiche porte d'ingresso, porta proprio sotto il muro di protezione della città dove ormeggiavano le imbarcazioni. La porta restaurata a metà del XIX secolo, porta anche le scritte di un precedente restauro; quello del 1590 voluto dal podestà Gabriele Mauroceno. Poco distante vi è il bel ecomuseo "Batàna". L'ecomuseo è stato fondato nel 2004 ed è dedicato alla tradizionale barca di legno batàna. Questa tipica imbarcazione può essere lunga dai 4 agli 8 metri. Era condotta da un rematore, ora gran parte delle batàne sono munite di motore, ma non è raro vederle ancora a remi munite di vela di forma trapezoidale. Il nome batàna, mi dice un anziano pescatore, deriva proprio dal rumore dei remi che sbattono sull'acqua. Di fronte all'ecomuseo si apre un ampio spiazzo che conduce al molo di Calsante o molo grande. Qui in occasione di particolari ricorrenze hanno luogo diverse manifestazioni folcloristiche sia musicali che gastronomiche. Sempre su questo spiazzo si affaccia la sede della Capitaneria di Porto, in un edificio risalente al 1859. Vi è anche un piccolo squero nel quale in primavera ed estate si riparano le batàne. Il molo grande invece, si allunga come un grande dito sul mare e fu ricostruito nel 1859 ed ingrandito nel 1931 dopo che fu distrutto da forti ondate di vento di Libeccio.
Poco dopo, su via Santa Croce, in testa ad una scala nel solito biancone istriano e affiancata da abitazioni, si apre la Porta di Santa Croce. Sopra il portale uno stemma con le lettere "A" ed "S" che dovrebbero indicare il nome del podestà che fece rafforzare le mura, del borgo, per proteggersi dalle incursioni uscocche. Su questa strada Santa Croce, si affacciano pregevoli palazzi seicenteschi, oggi nei suoi portoni si aprono tante attività commerciali come negozi, ristoranti e bed&breakfast. Nella parte centrale, affacciata sul mare, c'è l'antica chiesa medievale di Santa Croce con la sua piccola ma elegante loggia. La chiesa fu costruita nel 1592, poi restaurata e oggi usata come atelier d'arte e moda. Sulla costa rocciosa, sotto la loggia della chiesetta di Santa Croce, si racconta che il 13 Luglio 800 approdò il sarcofago con il corpo di Santa Eufemia. Sul luogo del ritrovamento miracoloso fu posta una colonna di pietra con stemmi e iscrizioni.
Dopo via Santa Croce si apre lungomare fratelli Gnot. Il lungomare è una costa rocciosa dove i bagnanti più bravi e coraggiosi si tuffano dalla parete a strapiombo. Su lungomare è rimasto un bunker in cemento armato, ovvero una piccola postazione militare di osservazione, risalente all'epoca di occupazione nazista nel 1943. Vi è anche, nei suoi pressi, un piccolo faro o meglio una lanterna. Subito dopo vi è una salita che conduce al sagrato del Duomo. Questa salita fu costruita, per permettere la visita dell'Imperatore austriaco Ferdinando I e consorte nel 1844 al Duomo di Sant'Eufemia. Fino alla fine della prima Guerra Mondiale era denominata strada Ferdinandea, oggi è dedicata a Francesca Bodi, antifascista rovignese. Raggiungiamo così nuovamente il grande piazzale antistante il Duomo. Proprio dal punto più alto di Rovigno riprendiamo la nostra passeggiata scendiamo nuovamente per Riva Pino Budicin, attraverso il cuore antico del borgo. Le vie del centro sono un susseguirsi di negozi di souvenir, negozi di borse, di merletti, bar, ristoranti, gallerie d'arte. Raggiungiamo così la chiesa di San Giuseppe, posta nelle immediate vicinanze del Duomo. Questa piccola chiesetta, edificata nel 1673 dalla famiglia Caenazzo, è a navata unica con facciata a capanna e una piccola cella campanaria sul culmine della stessa. Purtroppo la chiesa è sconsacrata ed oggi è adibita a galleria d'arte. Anche via Sanvincenti è ricca di antichi edifici in pietra che possono raccontare la storia della città. Per raggiungere via Montalbano dobbiamo scendere attraverso la scalinata Costantini. Questa scalinata porta il nome dell'antica famiglia rovignese, i Costantini, che abitavano in un palazzo patrizio situato slungo la scalinata. Gli antichi palazzi che si affacciano sono per lo più in stile barocco, quello dei Costantini presentano lo stemma della famiglia. Molti ed interessanti mascheroni posti sugli architravi delle belle e massicce case. La scalinata si apre su via Trevisol, anch'essa ricca di bei edifici dalle facciate tardo rinascimentali. Una presenta una bella trifora, abbellita da mensole. Su questa strada si apre una piccola piazzetta denominata Pian del Tibio, un tempo vi era un modesto palazzo pretorio e un antico panificio. Anche la via Sotto i Volti ha un'incredibile fascino architettonico. Un tempo in una di queste case abitò lo scrittore e drammaturgo croato Antum Šoljan. Sotto queste volte si aprivano dei locali, in cui si racconta che l'arciduca Carlo Stefano di Asburgo, ammiraglio della flotta austriaca e proprietario dell'isola Caterina, posta di fronte a Rovigno, si fermasse a bere un bicchiere di Malvasia o di Terrano, quest'ultimo un interessante vino rosso coltivato in Istria e in Slovenia, ma anche nel triestino. Questo è un vino antico, se ne parla già nel XIV secolo, dal carattere robusto e dal gusto un po' aspro ma deciso.
Eccoci arrivati in un'altra piccola piazza ove insiste un'altra piccola chiesa dedicata a San Benedetto che dà anche il nome alla piazzetta. La chiesetta, oggi trasformata in Atelier, risale al XV secolo, ha una facciata semplice, tutta in pietra non intonacata, il tetto è a capanna con una piccola cella campanaria sul suo culmine. Tre gradini anticipano l'unica porta di accesso. Due finestre squadrate affiancano la porta. Nei pressi della chiesetta vi è l'omonima porta d'accesso al borgo antico. Tutte le stradine che vi dipartono sono molto caratteristiche con i loro importanti palazzi, decisamente affascinati sono le case di edilizia popolare, benché prive di bifore, stemmi ecc., raccontano ancora oggi la vita quotidiana dei suoi abitanti. Superiamo così porta San Benedetto per ritrovarci sul lungomare. Questa antica porta in pietra è del XII secolo, vicino ad essa vi è un antico torrione medievale, che nel tempo fu realizzato e adattato a civile abitazione.
Prima di riprendere la passeggiata è ora che mi fermi a degustare le prelibatezze della cucina istriana. Così ci fermiamo a mangiare in un locale consigliatomi da Valter, un amico rovignese che ci ha trasportato con i suoi racconti nella Rovigno antica. Il ristorante si chiama Brancin e anche se l'aspetto ormai è quello di una tipica trattoria turistica, i piatti che cucinano sono quelli della tradizione. Il ristorante si affaccia su Piazza Giovanni Pignaton. I piatti rovignesi sono semplici ma con ingredienti genuini della vera tradizione marinaresca. I modi di cucinare sono trasmessi di generazione in generazione, mantenendo così intatti i gusti e i sapori di un tempo. Un piatto di pesce, quello che i pescatori hanno catturato nelle reti e che sapienti mani hanno trasformato in piatti appetitosi è il mio lauto pasto Ecco che Orate, Spigole, Sgombri, Sparaglioni, Granchi, Dentici, Occhiate ma anche sardine o le Mormere provenienti dal canale di Leme, o i brutti ma gustosi Scorfani rossi cucinati nel brodetto, o il raro ma saporito San Pietro sono le portate che escono dalla cucina. Ovviamente questi gustosi piatti vanno assolutamente accompagnati da un bicchiere di Malvasia, ma io al bianco preferisco il rosso, accompagno il mio desinare con un buon bicchiere di Terrano Rosso. Il Malvasia bianco lo si beve come aperitivo, ed è un buon bere. Dopo aver dato soddisfazione al palato continuiamo la passeggiata sul lungo mare, ossia sulle rive, dove da un lato il mare cristallino è solcato da piccole barche e i gabbiani giocano sulle barche ancorate al porto. La passeggiata su Riva Aldo Negri e Aldo Rismando permettono una vista privilegiata sugli antichi rioni ma anche sull'isola di Santa Caterina. Gli edifici che si affacciano sul lungo mare sono eterogenei e sono per lo più ottocenteschi ma anche della prima metà del XX secolo come l'edificio che ospitava il cinema "Roma", ricostruito nel 1927 in stile neorealista italiano. Poco distante vi è la chiesa di San Nicolò, costruita nel 1364 dai marinai rovignesi, riedificata nel 1860, anche questa chiesetta ormai sconsacrata è adibita a galleria di pittura. Dalle rive si vede anche l'edificio dell'ex fabbrica Tabacchi, edificata nel 1873-1874 quando le manifatture tabacchi rese industriale Rovigno. Buona parte della manodopera era femminile e sulle tabacchine rovignesi furono scritte tante canzoni popolari. L'edificio ora non ospita più la manifattura tabacchi, trasferita nel 2005. Raggiungiamo Piazzale del Laco (ossia del Lago), riprende il nome di un antico laghetto che si trovava qui e che serviva come abbeveratoio. Successivamente interrato a partire dal 1862, ora apre la via Carera. Di fronte vi è la chiesa eptagonale, romanica, dedicata alla Santissima Trinità, realizzata in pietra d'Istria che oggi ospita una galleria d'arte.
Ci inoltriamo per via Carera, che prende il nome da strada che i carri percorrevano e che univa Rovigno con l'aperta campagna coltivata con le sapienti mani dei contadini. Oggi è una via commerciale su cui si affacciano bei palazzi con portali barocchi. I negozietti, attrattiva per i villeggianti, sono ricolmi di souvenir, come molti bar, trattorie e gelateria ma anche negozi di alimentare e artigianato. Anche su questa via si affaccia una chiesetta molto particolare. Eretta nel 1668 e dedicata a San Carlo Borromeo, presenta un tetto a capanna e la facciata è interamente intonacata di rosso, ha una semplice porta d'ingresso affiancata da due finestre quadrate. Sopra la porta una grande finestra semicircolare. Anche questa chiesetta è adibita a atelier di pittura; vi entriamo per visitare la galleria d'arte. Sono molti i quadri veramente belli e interessanti, ma io sono particolarmente colpito da alcune antiche pietre tombali e da un piccolo quadro raffigurante un violino, opera di Emil Kos. Lascio la galleria dopo aver acquistato il quadro e proseguiamo la passeggiata per via Carera. Su questa strada si apre anche la bella piazza Campitelli del XVIII secolo e il Volto Beroaldo, un passaggio protetto che collega con il lungo mare e prende il nome da una famiglia di marittimi.
Raggiungiamo così Piazza del Ponte, dove le case sono disposte a semicerchio ed un tempo ospitava la chiesetta dedicata a Sant'Antonio da Padova,demolita nel 1933. La piazzetta in puro stile barocco con i palazzi in color pastello ha un particolare fascino, resa ancora più seducente dalla musica suonata da due piccoli artisti che dilettano i passanti con i loro violini e violoncelli. Saliamo per Via De Amicis che deve il suo sviluppo nel Seicento/Settecento. La strada è molto ampia per le caratteristiche di Rovigno ma deve la sua ampiezza a demolizioni, avvenute nel XIX secolo; anche qui le case che si prospettano hanno colori pastello tenui e bei portali barocchi.
Poco più avanti si apre un grande piazzale, dove in cima ad una scalinata si prospetta la chiesa del convento di San Francesco. La facciata è semplice, con tetto a capanna. In testa alla scalinata si apre una semplicissima porta e sopra questa una nicchia contenente la statua di San Francesco d'Assisi. Ai lati della nicchia, due ampie finestre rettangolari. In alto vi è una grande finestra semicircolare murata. Al interno di questa è stata una finestra rettangolare. L'interno della chiesa è a navata unica e con volta a catino e arco trionfale a tutto sesto. Pregevoli sono i dipinti conservati in chiesa. La chiesa è dei primi anni del XVIII secolo e gran parte delle opere sacre provengono dalla ex chiesa e monastero dell'isola Rossa o isola di Sant'Andrea. Attraverso piccole strade e raggiungiamo Palazzo Fabris-Milossa, sede della Comunità degli italiani "Pino Budicin". La comunità è stata intitolata all'eroe antifascista Giuseppe Budicin. Il palazzo che ospita la comunità è stato realizzato tra il XIX-XX secolo dalle famiglie Fabris-Milossa in stile neoclassico. Qui vicino un tempo esisteva la chiesetta della Madonna della neve, una delle chiese a eptagonali, purtroppo demolita. La comunità di lingua italiana organizza diversi eventi legati alle tradizioni locali rovignesi e istriane. Tra queste la più importante, a mio parere, per mantenere vivo il grande e ricco patrimonio di canzoni e musiche popolari, sono le bitinade. Queste sono particolari canzoni accompagnate non da strumenti musicali ma dalle voci dei bitinadori che imitano i suoni degli strumenti musicali. Allungando il passo raggiungiamo la chiesa della Madonna della Misericordia, ultimo obbiettivo della giornata. Di questa chiesa si sa solo che fu consacrata nel 1847 e che fu successivamente ampliata e ristrutturata. La chiesa ha un ampio portico sul cui frontone è incastonato lo stemma del podestà Scipione Benzono. Al suo interno oltre ad alcune pietre tombali sono presenti degli ex voto legati alla marineria rovignese. Interessante la pala d'altare; Madonna della Misericordia del 1567 e i banchi di legno intagliato. La giornata volte ormai al termine e la concludiamo nel modo più gustoso, ossia tavola. Il menù di pesce che ci presentano è vario: zuppa di pesce, risotto al nero di seppia, insalata di Seppie, zuppa di Naselli, polpettine di Rossetti fritti, Menole salate, Nerite bollite, ma la mia attenzione cade su una buona zuppa di Granciporro.
Dopo una rigenerante dormita, la nuova giornata si presenta con uno splendido sole che voglio in parte godermi il bellissimo mare e nel pomeriggio visitare i dintorni di Rovigno.
Dopo una mattinata rilassante, in auto ci dirigiamo a visitare alcuni piccoli scrigni di storia e di bellezza naturale. La strada per raggiungere i ruderi della chiesa di San Tommaso e assai tortuosa e si snoda tra campi coltivati. La chiesetta si trova a pochi passi dalla vecchia linea ferrata Rovigno-Canfanaro. I ruderi della chiesetta, con pianta a croce è ad una sola navata con un piccolo campanile. La chiesa fu ampliata nel XVI secolo ed è un esempio di architettura sacra del periodo carolingio in Istria. Poco distante in direzione Valalta ci sono le chiesette di San Cristoforo e di San Bartolo. La prima è un edifico con una pianta a parallelogramma, con abside semicircolare in puro stile romanico, mentre la seconda è ormai un rudere privo di facciata e tetto. Sulla via del rientro ci soffermiamo a osservare la cappella della beata Vergine della Concezione, che per la sua semplicità è un bellissimo esempio di arte sacra popolare. Tra le tante cose da vedere intorno a Rovigno c'è anche il centro di ricerche marine, fondato nel 1891 come stazione zoologica dell'Acquario di Berlino. Nella baia Valdibora, a nord della città c'è l'ex stazione ferroviaria. L'edificio fu costruito nel 1873-1876 con la linea ferroviaria Canfanaro-Rovigno che rimase in funzione dal 1876 al 1966. Un'altra zona interessante è l'area archeologica del castelliere di Moncodogno e la necropoli di Monsego. Nel castelliere furono ritrovati diversi frammenti di vasellami di provenienza minoica - micenea, indicante così l'importanza del castelliere sulle vie di comunicazione tra l'aerea egea e l'Europa centrale. Una visita obbligata è al canale di Leme, ed è sicuramente uno dei posti più belli dell'Istria. Si tratta di un profondo fiordo, lungo circa 9 Km, un luogo, ancora intatto, incassato tra pareti di roccia alte anche a 100 metri. L'area fu abitata fin dall'epoca preistorica e attualmente è permessa solo la pesca, la coltivazione di molluschi, comprese le ostriche e le gite turistiche in barca. I dintorni di Rovigno sono semplicemente fantastici e da visitare, purtroppo non ci sono molti cartelli stradali.
L'ultimo giorno lo dedichiamo a una bella gita in barca per le isole intorno a Rovigno. Il sole è già alto, l'imbarcazione ci aspetta al molo di riva di Budicin. Il mare durante la navigazione è placido e trasparente; le uniche onde sono quelle create dal solco dell'imbarcazione che lentamente si allontana dalla terraferma. Ben presto navighiamo presso l'isola di Santa Caterina (Svetikatarina) che chiude a sud-ovest il porto di Rovigno. L'isola fu abitata fin dal medioevo da degli eremiti che vi costruirono una piccola chiesa con annesso ospizio. Gli edifici abbandonati nella seconda metà del XV secolo furono ricostruiti nel 1486 dall'ordine mendicanti dei servi di Maria di Treviso per poi essere nuovamente abbandonati nel 1799. La verdeggiante isola divenne proprietà della famiglia Rismondo, ma il suo rilancio avvenne nel 1898 quando l'acquistò l'arciduca austriaco Carlo Stefano. Nel 1904 fu venduta al conte o duca polacco-lituano Korvin Milevsky che la rimboschì, ne lastricò i sentieri ed edificò una grande villa con annesso porto. Passata di proprietà in proprietà, tra cui dal 1937 al 1945 ad Ernesto Sella di Biella, oggi la verdeggiante isola è una importante meta turistica con i suoi alberghi e le sue affollate spiagge. Costeggiamo punta Montauro e punta Corrente, un parco forestale che si protende verso il mare e da sempre protegge Rovigno e il suo porto da meridione. Il parco è di una insolita bellezza paesaggistica con una moltitudine di specie botaniche, voluto dall'imprenditore triestino Georg Hütterott. Le sue spiagge pullulano di bagnanti che si godono lo splendido mare e il bellissimo parco.
Raggiungiamo così l'isola Rossa che in realtà sono due isole, quella di Sant'Andrea e quella di Maškin collegate tra loro da una strada. Sull'isola di Sant'Andrea nel IV secolo esisteva già un monastero benedettino dedicato al santo che ne diede il nome. Passato poi ai frati francescani minori ne restaurarono e ampliarono il convento, grazie soprattutto al primo Padre guardiano; Giovanni da Caprestrano che fu poi santificato. Il convento ospitò anche nel XVII secolo Fra Paolo Pellizer, noto francescano rovignese, autore di diversi diari. Con la chiusura del convento nel 1809 l'isola iniziò a essere abbandonata e la struttura iniziò ad andare in rovina e ad essere adibita a fabbrica di cemento a partire dalla metà del XIX secolo, fino a quando nel 1890 l'imprenditore triestino Georg Hütterott acquistò l'isola e la trasformò in un parco insulare, restaurando altresì il vecchio convento che arredò riccamente. Oggi l'isola ospita alberghi e strutture alberghiere. Le sue spiagge sono sempre affollate dei molti bagnanti in cerca di riposo e divertimento. Decisamente più tranquilla è l'isola Maškin, ricca di insenature dove si può praticare snorkeling intorno agli scogli. Il placido mare non è solo solcato dalla nostra imbarcazione turistica ma anche da diverse barche a vela e da gommoni con cui i bagnanti si allontanano dalla spiaggia per cercare acque più profonde dove effettuare molteplici giochi in acqua. Nel nostro tour tra le isole maggiori non potevano mancare l'isola di San Giovanni in Pelago, anch'esso fu sede di una chiesa e un ospizio, gestiti dagli eremiti di San Girolamo fin dal medioevo. Gli edifici abbandonati nella seconda metà del XVII secolo sono stati lasciati in stato di abbandono e alla clemenza del tempo. Oggi si conservano solo il campanile e parte delle mura della chiesa. Non lontano da quest'isola c'è l'isola con il faro di San Giovanni. L'isolotto ha una scarsa vegetazione e un piccolo porticciolo. Sugli scogli si eleva l'alto faro e l'abitazione del suo custode; il tutto fu edificato nel 1853 dagli austriaci.
La barca rientra lentamente in porto e con essa ha termine il nostro viaggio a Rovigno e in Istria. Questa regione, dolce, calda, ospitale e dai colori pastello delle case e il verde dei boschi e azzurro e blu del mare e del cielo, come una tavolozza di colori ci ha ospitato per qualche giorno. Lasciamo così Rovigno e l'Istria ben sapendo che questi meravigliosi luoghi hanno ancora tanto da raccontarci e da sorprenderci.