Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Omegna

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OmegnaLa giornata è fredda e nebbiosa, decido di prendere l'auto la mattina presto per andare a cercare un cielo limpido. Con l'auto mi dirigo a nord e decido di recarmi sul lago d'Orta. Appena supero Casale Monferrato la nebbia si dirada e ben presto scompare dalla mia vista e un timido sole, benché freddo, accompagnerà da questo momento la mia giornata.
Omegna oggi è un importante polo industriale della provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Il borgo di oltre 15.000 abitanti è adagiato intorno alla sponda settentrionale del lago d'Orta e lungo la valle creata dal torrente Nigoglia. Curioso sapere che il Nigoglia è l'unico torrente del bacino del Po di sinistra che scorre da sud verso nord. Infatti, il Nigoglia è un emissario del lago d'Orta e poi dopo un breve periodo, confluisce nel torrente Strona. Sul torrente Nigoglia è presente molta cultura popolare e anche citazioni letterarie. Infatti, nel romanzo per ragazzi "C'era due volte il Barone Lamberto" ovvero "I misteri dell'Isola di San Giulio" del 1978 dell'omegnese Gianni Rodari, il torrente è menzionato. Anche nel libro "draghi loco pei" della omegnese e saggista Ersilia Zamponi, descrive il torrente così: "a Omegna il lago alla Nigoglia si consegna ma il canale Nigoglia scorre per un chilometro poi non ne ha più voglia". La tradizione popolare di Omegna dice che "la Nigoeuja la va in su; e la legg la fém nu"; e la legge la facciamo noi. Omegna a nord è chiusa dal massiccio Mergozzolo o anche Maniccio di Mottarone, e dalla cornice montuosa in cui si apre la stretta valle formata dal torrente Strona.
La storia di Omegna si perde nella notte dei tempi, infatti, vi sono stati ritrovamenti archeologici di frammenti fittili e litici dell'età del bronzo e del ferro nella frazione di Cireggio, ma anche un altare protostorico e massi cappellati sul monte Zuoli. Sicuramente i primi popoli ad abitare le sue coste furono i Leponzi, anche se alcuni storici azzardano l'idea che vi fosse un insediamento degli Osci. I celti occuparono successivamente il territorio, poi sottomessi nel III a.C. dai romani, i quali costruirono la Strada Settimia Severa che da Novara conduceva nei territori d'oltralpe. Sempre secondo gli studiosi locali la prima citazione di Omegna è da ritenersi nella Tavola Peutingeriana redatta presumibilmente posteriormente al 328 d.C. in cui è indicata con il toponimo Venania, sicuramente attestato nel 1033. Il nome è di etimologia discussa, forse derivato dal fitonimo Vinimea oppure dal Vicus Omania, o dal nome latino Viminea. Dopo l'anno mille a Vemeniae sorse una pieve. Da notizie successive il borgo era cinto da mura e dominato dall'alto dal castello detto castrum Desiderati. Di questo castello non resta che alcuni ruderi, mentre delle mura di cinta rimane una delle cinque porte, quella che si apriva verso la valle Strona.
Omegna e il territorio circostante, come la valle Strona erano infeudati ai conti di Crusinallo, ora frazione di Omegna. Nel 1221 i Crusinallo cedettero i loro diritti alla città di Novara. Furono proprio i novaresi che durante gli scontri tra i guelfi e ghibellini rasero la suolo il castello di Omegna. Nel 1312 Omegna diventò libero Comune, dotandosi di propri statuti. Il Comune di Omegna rimase strettamente legato a quello di Novara, seguendone le stesse sorti, passando sotto il dominio milanese di Galeazzo II Visconti nel XIV secolo. I milanesi nel 1450 assegnarono Omegna e la valle Strona alla famiglia Borromeo. Le vicende successive che interessarono Omegna e il suo territorio sono strettamente connesse alle vicende legate al ducato di Milano e la dominazione austriaca fino al 1743, quando a seguito del trattato di Worms il suo territorio fu assegnato ai Savoia. Con l'arrivo di Napoleone Bonaparte fece temporaneamente parte della Repubblica Cisalpina. La storia di Omegna dal novecento è legata all'industria di produzione di casalinghi con i noti prodotti della Bialetti, Lagostina, elettrodomestici come Girmi e gli accessori della Alessi.
Arrivato da Gravellona Toce ho subito modo di ammirare, prima di superare il ponte sul torrente Strona, la chiesa di Molinetto. La sua forma esagonale, la sua particolare posizione quasi sulla riva del torrente, vicino al ponte e lungo la strada principale la pone come una sentinella di sacralità a protezione dei viandanti. Poco oltre il ponte e a poca distanza dalla strada principale, in una grande rotonda stradale fa bella mostra di sé, il grande monumento ai caduti sul lavoro, realizzato tra il 1993 e il 1994 da Gilberto Carpo e da Giovanni Crippa, realizzata interamente in ferro cemento. Poco distante, sempre sulla strada principale c'è il Parco della Fantasia, un parco letterario didattico dedicato ai bambini intitolato al grande scrittore Gianni Rodari. Sempre lungo la strada fa bella figura si se l'ottocentesco edificio neoclassico della chiesa Evangelica Metodista.
Raggiungo così il centro storico e prima di parcheggiare l'auto nei pressi della cosiddetta Porta "romana" mi avventura verso la valle Strona, non prima di essermi soffermato a guardare la "Porta romana". Questa è l'ultima parte rimasta delle cinque che nel Medioevo permettevano l'accesso all'antico borgo fortificato. È comunemente chiamata " romana" ma il suo vero nome è Porta della Valle; le altre, ormai scomparse, si chiamavano Porta Maggiore, Salera, Segnara e Castello. Da Porta della Valle partiva la strada che conduceva in Valle Strona. Poco dopo l'abitato di Omegna, su un altura vi è la chiesa di san Giuseppe al Sasso Gambello raggiungibile dalla borgata Sasso Gambello. La chiesetta con tetto a capanna e ampio portico anteriore è posta in posizione dominante sulla vallata. L'interno è ad aula unica suddivisa in campate, è semplice e spoglio. La parete di fondo del presbiterio è tutta affrescata con figure di santi. Al centro, in una nicchia incassata, la Sacra Famiglia. Proseguendo la strada per la Valle Strona trovo Canova del Vescovo, una piccola frazione immersa nel verde, situata al confine con la Valle Strona è composta da un ristretto nucleo abitativo, con una chiesetta dedicata a Sant'Antonio da Padova. Rientrato verso Omegna parcheggio nei pressi della Porta della Valle, poco distante c'è la chiesa collegiata di Sant'Ambrogio, sicuramente l'edificio religioso più interessate del centro abitato.
La chiesa è una costruzione tardo romanica del X-XI secolo, già citata nel 1132 come pieve. Dell'antico edificio medievale conserva la facciata, il campanile e una parte del fianco meridionale. La facciata è a capanna, scandita in contrafforti e realizzata in pietra locale, mentre il campanile è a pianta quadrata, molto alto, realizzato con blocchi di pietra. Nella parte inferiore sono visibili delle strette feritoie e poi salendo voi sono monofore e bifore, mentre nella parte più alta vi sono trifore con eleganti colonnine in pietra. Presenta inoltre degli architetti pensili decorativi. Il suo interno è interamente rifatto in stile barocco, con tre navate e cappelle laterali. La chiesa collegiata conserva l'urna col corpo di San Vito martire, patrono di Omegna. Una bel polittico d'altare del 1547 è attribuita a Fermo Stella di Caravaggio, composto da sei grandi tavole di legno, raffiguranti nove santi protettori dei luoghi vicini, la Vergine con il Bambino, più quattro formelle di angeli. I Santi rappresentati sono: san Nicolao e santo Stefano, seguono la Vergine in trono con il Bambino in grembo; san Giorgio e san Gaudenzio e sant‘Antonio e san Giovanni Battista. Nell'ultima tavola si vedono S. Bartolomeo e S. Giacomo, mentre al centro è collocato S. Ambrogio, seduto sulla cattedra. Il polittico è contenuto in una ricca cornice intagliata e dorata. Sul lato destro della chiesa collegiata, guardando la sua facciata è presente una cappella dedicata alla Madonna di Lourdes, ricavata sul vecchio ossario. La cappella è intonacata e decorata benché necessiti di un restauro. Sulla parete della chiesa fa bella mostra un'antica meridiana e posta lì vicino è incisa su una pietra la data "MCCCCLXX". Sul sagrato della chiesa si affaccia anche il quadrato battistero, anticipato nel suo ingresso da un pronao tripartito da colonne e accessibile da gradini in pietra. Il trasferimento della fonte battesimale nella collegiata avvenne nel 1618. Nella piazzetta antistante il battistero e la chiesa vi sono diverse edicole votive.
Sulla parete esterna del battistero vi è la statua di Massimiliano Ackermann, considerato il pioniere dell'industrializzazione di Omegna. Percorro via Felice Cavallotti dove antiche case si affacciano, spesso arricchite da deliziosi negozi. Sulla via si affaccia l'ormai sconsacrata chiesa di Santa Marta, realizzata in laterizio e con una facciata a capanna e la barocca facciata di casa Francia. Raggiungo piazza XXV aprile.
La piazza presenta antichi e più moderni edifici porticati, ove spesso gli abitanti e i molteplici turisti amano fermarsi per riposare e ristorarsi nei tanti locali posti sotto i suoi portici. Nei suoi pressi casa Bazzetta de Vemania, antico edificio composto da un corpo medievale e una parte cinquecentesca. In questi edifici prospicienti lago e piazza soggiornarono Manzoni, Rosmini e Massimo d'Azeglio. Anche il Palazzo del Pretorio, sede del municipio vi si prospetta. L'edificio è risalente alla metà del XIX secolo in stile neoclassicheggiante e presenta un ampio porticato. Questa costruzione si apre sul frontale quasi sul lago, mentre un suo lato è prospiciente al torrente Nigoglia.
Sul palazzo municipale, sul bel lato prospiciente il bel ponte sul Nigolgia, un cartello ricorda un passo descrittivo di Omegna tratto dal romanzo "C'era due volte il barone Lamberto" del 1978 di Gianni Rodari:
il lago d'Orta, nel quale sorge l'isola i San Giulio è del barone Lamberto, è diverso dagli altri laghi piemontesi e lombardi. È un luogo che fa di testa sua. Un originale che, invece di mandare le sue acque a sud come fanno disciplinatamente il lago Maggiore, il lago di Como e il lago di Garda, le manda a nord, come se le volesse regalare al Monte Rosa, anziché al mar Adriatico. Se vi mettete a Omegna, in piazza del Municipio, vedrette uscire dal Cusio un fiume che punta verso le Alpi. Non è un gran fiume, ma nemmeno un ruscelletto. Si chiama Nigoglia e vuole l'articolo al femminile: la Nigoglia. Gli abitanti di Omegna sono molto orgogliosi di questo fiume ribelle e vi hanno pescato un motto che dice, in dialetto: 'la Nigoja la va in su e la legg la fouma nu'
Una bella piazzetta è stata ricavata sul ponte e sulle chiuse che regolano l'acqua che del lago si riversano sul Nigoglia e che un tempo servivano per il funzionamento degli importanti stabilimenti industriali Omegnesi, da qui osservo lo scorrere lento delle acque. Su questo corso d'acqua si affacciano le antiche e colorante case e la chiesa del Sacro Cuore. Riprendo la mia passeggiata che ora segue per un breve tratto le coste del lago. Sempre vicino al Municipio una piccola stele marmorea ricorda i partigiani antifascisti della divisione Beltrami tra cui Carlo Signini, Ferdinando Rota, Sander Menegola, qui fucilati dai fascisti il 26 Novembre 1944. Osservando le acque del lago così percorro viale Garibaldi, una breve sosta sui giardini pubblici lungo il lago Gramsci per osservare la grande statua dedicata ai caduti della grande guerra. Il monumento in granito rosso è a forma di obelisco, sul basamento è presente un bronzo con un festone, una Vittoria e una donna piangente con un bambino. Fu realizzato nel 1921 da Carlo Cantone e presenta sui quattro lati i nomi dei caduti. Sempre sul lungo lago un monumento realizzato in bronzo, marmo e pietra ed un cippo ricordano i fucilati dai nazifascisti, il 3 Agosto 1944. Fantoni Giuseppe 23 anni, Rocco Eraldo 22 anni, Tomasini Romolo di anni 25. La mia passeggiata lungo il lago prosegue verso Bagnella. Lungo il mio passeggio non posso non guardare compiaciuto le tante persone che fanno jogging, altre invece passeggiano e chiacchierano con gli amici.
Passato il piccolo porticciolo di Bagnella, mi addentro nel minuto nucleo abitativo che conserva una piccola chiesa intitolata a San Bernardino da Siena, costruita forse nel XV secolo, presenta una facciata a capanna, caratterizzata da un piccolo portico con colonne in granito bianco antistante l'ingresso.
Il suo interno a navata unica presenta una notevole pala d'altare, opera di Cristoforo Rocca. La devozione popolare tiene questa piccola chiesa come uno scrigno. La parrocchiale del borgo invece è una moderna chiesa dedicata alla Santa Croce prospiciente il lago. Lentamente rientro verso il centro storico di Omegna, la lunga passeggiata si è riempita di gente che si gode della bella giornata di sole.
Entro nel borgo antico attraverso il quartiere Vaticano; nella mia passeggiata ho incontrato tante cappelle votive. Questo quartiere è posto principalmente sulla via Alberganti, antica Via del Buter, così chiamata perché sotto i suoi portici un tempo aveva luogo il mercato del formaggio. La strada è costeggiata dalle antiche case dell'XI-XII secolo. Superata piazza 25 aprile e il ponte sul Nigoglia raggiungo la passeggiata di lungolago Buozzi e piazza Salera, dove è collocato il monumento agli Alpini. Dopo una breve sosta per un frugale pasto mi avvio per via Mazzini dove vi è la casa natale dello scrittore Gianni Rodari.
Il grande scrittore, giornalista, poeta e pedagogista nasce in questa casa il 23 Ottobre 1920, fu uno dei maggiori interpreti del tema fantasia e vinse il prestigioso premio Hans Christian Andersen nel 1970. Figlio di un fornaio che qui in via Mazzini aveva il suo laboratorio, anche sua madre lavorava negozio. A Omegna frequento le prime quattro classi delle scuole elementari, poi con la morte del padre si trasferì a Gavirate (VA), paese d'origine della madre. Sono centinaia i libri che scrisse, molti ebbi modo di leggerli e sicuramente quello che più mi piacque tra quelli letti fu "La Guerra delle Campane".
Raggiungo l'auto e mi reco lungo le sponde del torrente Strona e percorro brevemente una stretta strada di campagna e raggiungo la chiesa della Madonna della Neve. In questa località, denominata Ponte Antico, si trova infatti l'oratorio, comunemente chiamata la chiesa del Ponte Antico. Edificio che risale al XVI secolo; al suo interno custodisce un notevole affresco con la Vergine Incoronata in Trono. L'esterno è caratterizzato da un portico in cui potevano riposarsi i viandanti e i pellegrini. Devo fare una piccola ma difficoltosa passeggiata nel bosco e scendere in riva al torrente Storna per poter ammirare ciò che rimane del vecchio ponte. Anche se chiamato popolarmente ponte romano è di origine sforzesco-viscontea, realizzato presumibilmente a fine XV secolo. Composto in origine da due arcate a tutto sesto, ove la pila centrale s'appoggia su una grande roccia emergente in mezzo al torrente. Sicuramente l'arcata scomparsa e crollata per una delle tante alluvioni o per il distacco di una roccia del sovrastante versante roccioso.
Riprendo così la mia auto per recarmi a Crusinallo dove un tempo c'era il castello del Nobile Signore che dominava tutto il Cusio. Riesco a parcheggiare vicino alla chiesa parrocchiale di San Gaudenzio. Il passato di Crusinallo è blasonato, infatti fu sede del castello dei Conti da Castello, Signori dell'intera zona fino al XIII secolo. Del castello non vi è che qualche labile traccia su un alto promontorio che domina il borgo, ora occupato dall'oratorio di San Rocco. Prima di raggiungere l'oratorio faccio una visita alla bella chiesa parrocchiale di San Gaudenzio, fulcro del primo nucleo abitato di Crusinallo. La tradizione vuole che questa chiesa rientri tra le cento chiese fondate da San Giulio nel IV secolo. Comunque sia, l'impianto originario risale al X secolo.
La facciata è a capanna ma con spioventi irregolari e l'ingresso non è posto centralmente ma leggermente disassato, ma il fascino della costruzione del romanico rimane indiscusso con i suoi archetti pensili, il suo lunotto ma anche con le sue grandi pietre squadrate con cui è costruita. Il portone d'accesso è anticipato da un leggerissimo ma elegante pronao, che si raggiunge attraverso una lunga scala in pietra costeggiata da un verde giardino abbellito da una moltitudine di fiori. Originariamente la chiesa era a navata unica, poi nell'arco dei secoli fu aggiunta una seconda navata nel 1623. Il suo interno conserva un bel polittico ligneo del 1567 e una fonte battesimale risalente al 1612. Il battistero realizzato nella prima parte del XVII secolo sembra quasi voler disegnare una terza navata. Internamente ci sono delle cappelle, ma ciò che mi colpisce sono le trecentesche colonne in granito con suoi interessanti capitelli. Lascio la parrocchiale e mi avvio, attraverso le strette strade verso l'oratorio di San Rocco dove un tempo vi era edificato il castello.
Una piccola via Crucis, con piccole cappelle che hanno perduto i loro affreschi mi accompagnano nella salita verso la cima dell'altura. L'oratorio fu costruito sui ruderi della vecchia torre medievale. I Signori di Crusinallo fungevano da avogadri vescovili, ossia governatori feudali del Vescovo di Novara. Nel 1211 durante le aspre lotte tra Vercelli e Novara, i signori di Crusinallo cedettero la loro torre fortezza al Comune di Novara. Ancora nel 1311 la torre venne definitivamente distrutta dalle lotte guelfe e ghibelline. L'oratorio fu edificato nel 1629 e dedicato a San Rocco, in protezione della peste. Lascio così il centro di Crusinallo e mentre mi dirigo verso il Santuario di San Fermo Martire incontro la piccola ma bella chiesa-santuario di Santa Rita in località Malnaggio, inaugurata e benedetta nel 1934 e ampliata nel 1950, fu voluta dalla popolazione particolarmente devota alla santa. La strada si arrampica ancora, stretta e tortuosa ma presto raggiungo il parcheggio del piccolo borgo che ospita il Santuario di San Fermo. Dall'alto del sagrato del santuario si gode di un panorama incredibile sul lago e sulle montagne che lo circondano. Il santuario risale al 1670 ed è il più importante dedicato a San Fermo. Il grande edifico circondato su due lati da un lungo porticato colonnato è l'evoluzione di una piccola cappella del XVI secolo. L'interno a navata unica custodisce le reliquie di San Fermo e anche un pregevole cinquecentesco affresco. Dopo aver goduto di questo panorama e dello splendido luogo torno verso Omegna per recarmi nella frazione di Agrano, sulle pendici del Mottarone, dominata dalla grande chiesa parrocchiale di San Maiolo.
Questo edificio è a pianta basilicale con tre navate. Nelle adiacenze della chiesa vi è una cappelletta ospita la "morta di Agrano", una mummia di una donna vissuta a metà del XVII secolo e soggetta a devozione popolare per molti decenni. Anche questo è un piccolo borgo dalle caratteristiche case di montagna. Invece della frazione Cireggio trovo la chiesa di Santa Maria Assunta, sorta su un antico oratorio del XV secolo. La chiesa è una costruzione barocca di fine Cinquecento, come attesterebbe l'incisione posta sulla chiesa, il portico antistante l'ingresso è del 1610 e sull'ingresso è affrescato un albero di ciliegio ad indicare l'abitato di Correggio da cui ne deriva il toponimo. Curiosa la cuspide della torre campanaria che è a forma ottagonale. Ma non voglio nemmeno perdermi la piccola chiesetta della frazione di Verta, costruita negli anni 30 del XX secolo, edificio particolare per la sua dedicazione alla Madonna dell'Uva. Infatti vi è conservata una tela del 1947 che riproduce la "Vergine dell'uva". Lasciando Omegna passo ancora a vedere il Santuario della Madonna del Popolo, in regione Carcallo. Conserva una seicentesca statua lignea della Madonna con bambino in policromia lignea, abbigliata con pregiati tessuti riccamente decorati in oro e ricami.
La mia escursione Ad Omegna è stata sicuramente interessante anche se non ho potuto godermi il lago con le sue belle montagne che lo coronano, ma so che intanto ci ritornerò.