Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Pozzol Groppo

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Pozzol GroppoÈ ancora grigio il cielo con nuvole anche oggi avare di pioggia e quell'aria calda che si fa sempre meno impertinente, quasi dolce. Oggi è comunque un bel giorno e sono certo che i colori riempiranno la mia giornata. Apparentemente non vado molto lontano ma la strada per raggiungere il territorio del mio girovagare non è né facile né agevole. Sono strade anche strette e tortuose che s'inerpicano sulle prime propaggini dell'Appennino tortonese. Anche la storia di questi borghi che visiterò non è facile delineare. Il territorio ha borghi sparsi e unificati sotto un unico Comune solo nel 1928. I due borghi principali si trovano rispettivamente sulla cresta di una collina che separa le valli Curone e Staffora, ossia San Lorenzo quasi in cresta e Biagasco in fondovalle sulla sinistra del torrente Staffora. Sono tredici le borgate e gli agglomerati di case che formano il comune di Pozzol Groppo, dominate dal castello dei Malaspina.
Compare nei documenti ufficiali come Puzulum nel 1176 e soltanto nel 1202 come Pozolio de Gropo, il paese ha sicure origini assai più antiche, infatti dove sorge l'imponente castello che domina dall'alto il territorio circostante posto sul colle a 537 metri slm dove esisteva già una torre d'avvistamento romana. La sua storia medievale è legata alle vicende della vicina Tortona, come quando nel 1155 Federico Barbarossa mise l'assedio alla città e gli uomini di Pozzolo, Volpedo, Montemarzino e Monleale, accorsero sua difesa. Nel 1449 la località di Pozzolo del Groppo fu ufficialmente posto sotto il controllo tortonese da Francesco Scorza. Nel 1530 passò sotto il controllo del marchese Cesare Malaspina di Godiasco. In precedenza fu infeudato anche ai Marchesi Spinola e ai Conti Sannazzaro. Rimase feudo dei Malaspina fino al 1797. Nel 1743 in base al trattato di Worms anche Pozzol Groppo entrò a far parte del Regno Sabaudo, facente parte della provincia di Bobbio.
Il borgo in età napoleonica era municipalità autonoma. Etimologia del nome Pozzolo sta probabilmente per indicare, nel Medioevo, un insediamento sorto nelle vicinanze di un pozzo, mentre Groppo, termine dialettale, significa "grossa pietra" o "pietra sporgente". Raggiungo Biagasco, superando il ponte sul torrente Staffora e da subito vado a vedere il sacrario dei partigiani caduti durante i combattimenti con i fascisti. Nel piccolo e bel tempietto, posto nella radura tra una lussureggiante vegetazione in riva al torrente, nei pressi dell'antica pieve romanica del Groppo si trova il memoriale con una bella epigrafe scritta da Giuseppe Calandra che recita: "NON INVANO, COMPAGNI IL ROSSO GRIDO DELLA VOSTRA MORTE ANCORA LACERA I CIELI SU QUESTE VALLI E PRESTA LA PAROLA DELLE SPERANZE DELLE CERTEZZE ALLA VOCE DEI NOSTRI GIORNI DELUSI. OLTRE L'INGIURIOSA OFFESA. UN ISTANTE PER LA STORIA. POCHI PER TUTTI: NON INVANO, FRATELLI".
Il Sacrario partigiano ricorda i partigiani trucidati il 31 gennaio 1945. Nella notte tra il 30 e 31 gennaio 1945, alcune decine di uomini della GNR di Voghera e della famigerata Sicherheits-Abteilung, reparto "specialista" fascista noto per la sua feroce attività antipartigiana, a seguito di una delazione, circondano Biagasco e sorprendono nelle scuole del paese il comando della Brigata "Cornaggia". Senza processo, tutti i prigionieri vennero giustiziati sul posto, a colpi di bomba a mano. Ad essere uccisi furono il comandante partigiano della Brigata "Staffora", Alberto Piumati; il commissario politico della Brigata "Cornaggia", Carlo Covini "Oscar"; il vicecommissario della III Divisione "Aliotta", Lucio Martinelli ed Anna Mascherini, coraggiosa staffetta partigiana. Con loro vennero anche uccisi a due giovani collaboratori della Resistenza. Tra i nomi incisi sul marmo del Sacrario figura anche quello di Adolfo Pienovi, partigiano della "Aliotta", morto l'8 marzo 1944, in uno scontro a fuoco con i tedeschi, nella vicina località San Desiderio di Godiasco, lungo il torrente Staffora.
Subito dopo raggiungo la casa di un mio vecchio amico e conoscente, con cui tanto ho collaborato negli anni passati e soprattutto durante l'alluvione del 1994 che colpì l'alessandrino. Gian Carlo abita a Biagasco, in una bella villetta con i figli. Mi accoglie Ilaria, sua figlia con suo marito e i suoi splendidi bambini. È un felice incontro e Gian Carlo è rimasto lo stesso di tanti anni fa. Ricordiamo insieme i tragici momenti in cui collaborammo, lui direttore del presidio multizonale di profilassi e polizia veterinaria delle province di Alessandria ed Asti io funzionario provinciale. Come immaginavo, la pensione non lo ha fermato e le sue antiche passioni per i cavalli e i calessi hanno avuto la meglio. Ma è come sempre coinvolto nella salvaguardia delle antiche tradizioni contadine e della salvaguardia di quelle razze bovine che rischiano l'estinzione. Con Gian Carlo, nativo di Pozzol Groppo, ci dirigiamo a vedere la poco distante chiesa di Groppo-Biagasco.
Questa è la chiesa più antica della zona, citata come Santa Maria di Piano del Groppo già nel XII secolo. Una lunga storia, quella di questo bell'edificio religioso, realizzato in pietra e ripetutamente allungata ed ampliata, Colpisce subito il bel campanile romanico che si erge guardingo a controllare la sua collettività. Realizzato in dura pietra squadrata, in più piani e divisi da coronamenti ad archetti. Su un lato della chiesa, una bianca lapide marmorea ricorda i caduti nella guerra 1915-1918 e un caduto in Russia durante la seconda guerra mondiale. Ma mi ricorda altresì che chi pose la lapide era il Comune di Groppo che fu in seguito aggregato al Comune di Pozzolo nel 1928. La facciata della chiesa è semplice e a capanna, interamente in pietra come il suo sagrato. Unico vezzo è il bel portone ligneo e il portale con finti capitelli corinzi. Due alte finestre affiancano il portale ed un'ulteriore porta, assai più semplice si apre sul sagrato.
Una finestra tonda con una cornice in laterizio è posta sopra la porta principale, mentre sopra il culmine, incisa su pietra vi è la dedicazione all'Assunzione di Maria. Con Gian Carlo accedo all'edificio che trovo a tre navate, purtroppo non vi è più nessun ricordo della primaria chiesa. Vi sono comunque pregevoli tele sei/settecentesche recentemente restaurate. Anche l'altare maggiore è in gesso e marmo, illuminato da un ampia finestra posta nell'abside. Interessante l'acquasantiera all'ingresso e la statua della Madonna su una nuvola circondata da putti. Mentre in sagrestia trovo, oltre al massiccio e assai antico armadio in noce, un antico documento seicentesco che ricorda gli impegni del parroco in base ai legati alla chiesa. Gian Carlo mi racconta con dovizia di particolari tutte le vicende legate alla chiesa e ai suoi suppellettili. Ma è ora di avviarci verso il castello di Pozzol Groppo. Dobbiamo arrampicarci in auto per raggiungere il colle ove si erge il maniero. L'antica torre di guardia doveva essere uno spettacolare punto di osservazione e controllo.
L'occhio spazia tra la Val Curone, la Val Staffora, ma raggiunge nelle giornate limpide non solo la pianura alessandrina e pavese ma anche le vette della Val Borbera e della Val di Nizza. Il castello dei Malaspina è un edificio imponente e massiccio. Possiede tre torri, ma soltanto quella più alta ha origini antiche. Non a caso fu costruito alla fine del XII secolo sul luogo di una torre di avvistamento romana facente parte di un sistema di avvistamento posto sulle creste appenniniche. Fu poi ampliato nel XVI secolo dai Malaspina. Mi ricordo di aver visto gli interni del castello in alcune fotografie e cartoline degli anni Sessanta del secolo scorso, quando era adibito a ristorante, mentre ora è proprietà di una famiglia di industriali milanesi. Gian Carlo, che ebbe modo di visitare i suoi interni, mi conferma che nel suo interno le sale hanno ancora gli originali camini con le armi dei Malaspina, Spina e Rampini, soffitti in legno a cassettoni ed affreschi.
Nel cortile centrale vi è l'antico pozzo medievale. Lasciamo il castello e dopo aver fatto sosta a una delle tanti grandi panchine che negli ultimi anni sono state collocate nei punti più panoramici, torniamo verso Biagasco. Un cartello che indica la località Monastero m'incuriosisce. Gian Carlo, ormai mia guida e sherpa, mi spiega che un tempo, questo gruppo di case e i suoi terreni erano possedimento dell'Abbazia di Sant'Alberto di Butrio. Lascio così i mio amico, felice di averlo incontrato e con cui abbiamo condiviso tante battaglie, soprattutto durante i difficili periodi dell'alluvione del 1994. Proseguo il mio girovagare andando nel centro di Biagasco, dove trovo subito la vecchia scuola ove furono catturati i partigiani, ricordati da una bella lapide marmorea. Di fronte si erge l'Antica locanda del Groppo, vi faccio una breve visita anche per giocare con un gruppo di gatti che sornioni, sdraiati al sole, si fanno coccolare.
Proseguo il mio girovagare, dapprima raggiungendo in auto la chiesa parrocchiale di San Lorenzo, documentata per la prima volta nel XVI secolo. Subito dopo raggiungo l'edificio comunale, un lungo e grande caseggiato posto sempre in località San Lorenzo. Prima di tornare verso casa vado in frazione o anche Villa Monticelli, dove vi è l'oratorio della SS Annunziata. Questo borgo si trova a metà strada tra la zona collinare e quella di pianura del comune. Anch'esso è composto da antichi cascinali e moderne belle ville. Ormai è tempo di lasciare questo borgo, ma non posso non ricordare un illustre pozzolgroppese, Monsignor Gilardone Emilio, natovi nel 1914, prelato della Sacra Congregazione Vaticana per le Chiese Orientali. Scendo verso la pianura, soddisfatto per la visita e con gli occhi pieni di bellissimi immagini e ricordi.