Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio guardaroba ed il conformismo

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ittenQuante volte ci troviamo nell'indecisione sul come vestirci, su che abbigliamento e accessori indossare e soprattutto, su quale abbinamenti fare tra questi? Certo, a volte basta un po' di gusto e di buon senso per effettuare queste scelte. Quante volte mi sono sentito dire dal mio amico Roberto che ho gusti squallidi nell'abbinare i colori o peggio ancora da altri amici che scelgo capi di abbigliamento sempre fuori moda e che non devo acquistare capi di taglia molto grande.
Insomma sembra che il mio look sia uno dei casi più disperati. Ho raccolto consigli e fatto qualche piccola ricerca ed ecco un piccolo prontuario che dà le regole generali da seguire per l'abbinamento dei vestiti, degli accessori e dei colori. Spero di seguirle in modo da tacitare chi con benevolenza cerca di aiutarmi e altri che con piacere mi deridono.
Un post fuori dalle mie tradizionali analisi ma d'altronde siamo in estate e questa ricerca "leggera" da ombrellone potrebbe risultare anche piacevole.
Iniziamo con le regole principali degli abbinamenti colori: Dante evita di indossare due capi di abbigliamento che hanno colori simili ma tonalità diverse, mi urla nelle orecchie Roberto, abbina il colore della scarpe a quello della cinta e se hai una borsa fa che sia abbinata sempre al colore delle scarpe, lo scandisce Wilmer. Io ne ho una classica nera da tracollo, regalatami per natale da mio nipote, di color nero e mi basta: intanto è un colore neutro.
Anche il colore e la foggia degli occhiali sono importanti, io che gli occhiali li porto per vederci non posso certo farne un corredo e non ho intenzione di aprire un mutuo con l'ottico.
In ogni caso non è facile riprendere il colore della borsa o delle scarpe con braccialetti o collane intonate, ed io che ne faccio uso abbondante di questi inutili orpelli, di questo ne ho cruccio per la difficoltà della scelta.
In caso di indecisione e inquietudine su che pantalone usare, utilizzare i jeans, si abbinano praticamente con tutto, questo me lo dice Paola.
Arriviamo ora alla parte più difficile, quando la mattina apro l'armadio e devo abbinare i colori del mio abbigliamento.
Dopo una lunga serie di "richiami" (uso un termine gentile per non essere greve come i termini affibbiatimi da più persone e ormai convinto che per abbinare i colori non mi posso fidare troppo dei miei occhi), mi sono affidato ad una regola scientifica, seguita un po' da tutti gli stilisti, gli artisti e tutti coloro che lavorano nel campo della grafica e della moda: il cerchio di Itten.
I colori, di solito non si accostano bene a quelli ‘simili' (lex di Roberto) ovvero a quelli che si trovano immediatamente vicini nel cerchio di Itten (salvo dovute eccezioni che evidenzierò ). Si abbinano invece bene di solito i colori con quelli diametralmente opposti.
Ora leggendo alcune linee guida specifiche per i colori principali che ho affisso all'interno dell'armadio posso tranquillamente e scientificamente affermare, cosi Roberto, Paola ed altri non mi richiameranno più che:
  • Il Nero: è considerato un non colore, non passa mai di moda, snellisce la nostra linea anche se ciò mi interessa poco. Si può abbinare con qualunque altro colore (meglio se acceso) e meglio ancora se il colore degli accessori è anche richiamato col nero. Colore molto elegante;
  • Il Bianco: anche lui è un non colore e come il nero si abbina con tutto. Però consiglia Wilmer di fare attenzione perché mette anche in risalto i difetti fisici alias le rotondità.
  • Il Blu: colore che ho amato per una vita in tutte le sue tonalità è l'unico colore della ruota di Itten che può stare bene anche con altre sue stesse tonalità, ma mai porlo vicino al rosso ed il giallo e questo lo sapevo anche senza Itten;
  • Il Rosso: colore dell'emergenza, del divieto, è un colore molto audace, indica sicurezza in se stessi e amo indossarlo soprattutto nelle t-shirt. E' sicuramente uno dei colori più difficili da abbinare, si accosta bene a tonalità scure in generale, per i modaioli di quest'anno si sposa bene con alcune tonalità di violetto ma è divorzio assicurato con blu, azzurro, verde e giallo;
  • Il Giallo: colore da sempre amato da mia sorella è di per sé un colore estivo che dà l'idea del buon umore! Anche lui però non è facile da abbinare, essendo di solito molto acceso, in generale si abbina con colori come il viola (meglio se scuro) e il verde chiaro. Quindi da utilizzarsi solo come colore di una polo da abbinare ad un jeans scolorito.
  • Il Verde, colore che ho dovuto indossare in diverse tonalità per il mio precedente lavoro e che cerco di non indossare posso dirvi con certezza che non tutti i verdi si abbinano con lo stesso colore benché di tonalità diverse. Infatti tonalità chiare e tenui vanno bene con blu e giallo, al contrario di quelle scure.
  • L'arancio: di gran moda fino a poco tempo fa, e' un colore che mi piace ma l'indosserei solo d'estate in una t-shirt o con una camicia ben aperta sul davanti, maniche arrotolate sopra il gomito, jeans scoloriti e cintura bianca, possibilmente di tela.
Tutto questo sinceramente mi fa un po' paura, il vestirsi non è più semplicemente coprirsi, proteggersi, ma è diventato un elemento simbolico, la metamorfosi dell'uomo capace a cambiare se stesso "esternamente" secondo le occasioni, che esse siano impegnative o mondane.
Come se vestirsi dovesse significare uniformarci all'ambiente, come fa il camaleonte ma anche darci la possibilità di distinguerci l'uno dall'altro per attirare le attenzione e renderci "attraenti" o anche semplicemente simpatici.
Ne sono un esempio chi deve dimostrare la propria autorità e pone l'attenzione ad un abbigliamento "greve" veste cioè pesante quasi come se dare questa capacità di imposizione lo potesse fare un abito scuro con camicia dai polsini inamidati e lo sfoggio di anelli vistosi di una certa importanza. Assolutamente tabù, collanine o gli ammennicoli da me tanto amati che devono essere accuratamente nascosti, l'impronta è quella del "militare" duro, del vissuto, dalla scarpa laccata obbligatoriamente in pelle con stringhe, quasi un abito religioso di un colui che ha dominio del tempo e degli spazi.
Ma anche il paese di provenienza deve essere mistificato e l'eleganza pare essere solo europea, osserviamo quindi abitanti di terre lontane ove il colore e il sole sono dominanti su tutto, spersonalizzarsi all'eleganza europea e vestirsi in maniera egemone per mostrare un'appartenenza ed un ruolo sociale, chissà perché più evoluto.
Non che l'Europa abbia uno stile unico nel modo di vestire, la standardizzazione ha però sostituito un po' ovunque il tipo di abbigliamento regionale, disgregandone il proprio legame etnico. Anche sé ad onor del vero l'abbinamento dei colori da parte dei nord europei è uno schiaffo al cerchio di Itten, dove molto spesso le cravatte hanno colori veramente fantasiosi, senza parlare dei calzini e ancor peggio dei pullover.
Ma se da un lato l'uniformità dell'abbigliamento determina una ben chiara appartenenza a gruppi sociali definiti o anche a professioni specifiche, la barriera viene infranta quando parliamo di indumenti giovanili.
E qui si passa da uno stile classico che definisce il ruolo sociale, il sesso e anche lo status ad un abbigliamento che travalica l'idea del casual o sportivo, ove alcune differenze vengono appiattite fino ad arrivare a vesti che chiamarle unisex è puro conformismo visto che la femminilizzazione dell'abbigliamento maschile non è più un tabù, o meglio dire che l'abbigliamento è ormai androgino ed è quello preferito dal mondo giovanile.
Questo perché il giovane può cancellare il sesso a vantaggio dell'età, offrendo altresì ai meno giovani (cioè dai 25 anni in poi ) la possibilità di definirsi "ancora giovane", "sempre giovane" e a quelli come me "diversamente giovani" di poter godere del prestigio che tale modo di vestire offre creando momenti di seduzione o semplicemente attenzione.
Ovviamente nel mio caso non posso troppo esagerare, infatti Roland Barthes, critico e scrittore francese scrive "attraverso l'evidenza del sotto" enfatizzando come la moda e l'occhio vogliano poter godere del bello e in contemporanea far immaginare e vedere ciò che non si vede in quanto nascosto dall'abito o parzialmente nascosto, creando quella mistica aspettativa dello scollatura ampia, del jeans strappato sulla coscia e sulle natiche o della gonna che da mini gonna passa a gonna perizomica o gonna-cintura.
Cosa dire poi dei jeans aderenti che disegnano le forme dei palestrati o dei corpi efebi giovanili, aiutati dall'esposizione dell'elastico delle pudende, debitamente alto e di gran firma che deve obbligatoriamente fuoriuscire dal pantalone: per far ciò la t-shirt deve essere elastica, senza parlare di chi ancor meno pudico lascia intravedere senza timore le natiche tanto da esporre il deretano a formare un portamonete in cui puoi tranquillamente infilare le 50 lire per far suonare il juke-box…
E le scarpe da ginnastica usate in qualunque occasione, ovviamente di marca, da portare senza stringhe o al massimo con il fiocco o nodo ben nascosto dietro la linguetta della calzatura stessa?
Se di per sé un corpo nudo non è sempre attraente, il corpo che si lascia intravedere sotto le trasparenze delle vesti o scoperto parzialmente non è abbastanza definito per impedirne l'immaginazione, e non è abbastanza nascosto per non suscitarla. In questo frammezzo s'inaugura il gioco del desiderio delle curiosità e della seduzione. Secondo K. Lorenz, infatti "l'uomo è innanzi tutto un animale visivo e perciò i fattori scatenanti sono quelli della vista che, più degli altri agiscono su di lui", e come non dargli ragione!
Non entro poi nella valenza economica della moda in una società opulenta come la nostra, in cui l'identità personale è sempre più consegnata agli oggetti che si possiedono e che obbligatoriamente devi mettere in mostra per identificarti.
Il ruolo di questi non è solo legato al possesso ma anche alla rapida sostituzione per essere sempre alla moda e qui vince il marketing e la pubblicità che rende tutto "mitico": parola di moda per definire non qualcosa vecchio ma che passerà alla storia o comunque straordinario.
Viene ora da domandarsi quali siano gli effetti della moda sull'identità personale: non lo so e non voglio cercare per ora risposte, l'unica certezza che ho, è che nel mondo "dell'apparire" noi impariamo a vederci con gli occhi dell'altro, ma altresì questo ci costringe a mettere in evidenza più la propria immagine che la propria personalità, destrutturando se stessi e irreggimentando usi e costumi sociali ad un maggiore conformismo.
Tornando al mio guardaroba, posso tranquillamente affermare, dopo aver incollato sulla parte interna della porta il cerchio di Itten, che sono ancor giovane per godermi la vita e star bene insieme agli altri senza essere "vintage" ma anche troppo grande per trasformarmi in un manichino.
Seguirò i consigli di Roby, Paola e degli altri ma rinuncio volentieri a far "trasparire" qualcosa di me pur di mantenere la mia identità di uomo di tutti i giorni, sempre convinto che l'abito non faccia il monaco.