Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Buronzo

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BuronzoLa giornata si presenta soleggiata benché l'aria frescolina si fa ancora sentire. Il viaggio benché non sia lungo voglio farlo con tranquillità, accompagnato da buona musica. Raggiungo così la Capitale della Baraggia, un importante centro agricolo e artigianale posto ai confini tra le province di Vercelli con Biella. Buronzo è un piccolo e affascinante borgo che custodisce un complesso beni beni monumentali tra cui una fortificazione unica nel suo genere; il consortile.
Il territorio di Buronzo fu abitato già nel paleolitico superiore in quanto vi furono rinvenimenti di alcuni reperti. Dopo la successiva presenza romana, in epoca medievale compaiono i primi accenni di accastellamento. Nel 1039 il possesso del castrum di Buronzo è confermato a Guala di Casalvolone, dall'imperatore Corrado II, esponente di una antica famiglia novarese, da cui avrà inizio una dinastia signorile che in età basso-medievale si dividerà in sette rami familiari (Delle Donne, Agacia, Gottofredo, Plebano, Berzetti, Bucino, Presbitero). Infatti nei pressi del l'odierno cortile interno del castello sono emersi infatti i resti di una poderosa torre quadrangolare risalente al XII secolo.
La famiglia dei signori di Buronzo nel XIV secolo si divise nei sette distinti rami o "colonnellati" in forma consortile nobiliare. Ognuno di queste, ormai distinte famiglie occupò e controllò una porzione distinta del castello, con la gestione consortile delle strutture e delle zone comuni. Per amministrarsi e convivere le famiglie stabilirono norme a preservare il patrimonio comune e regolare la vita comune all'interno del castello. Nei fatti nacque un vero e proprio borgo, che, anche attraverso i secoli subì restauri e ricostruzioni anche a causa di assedi e occupazioni. Numerosi palazzi sono il risultato del modellamento architettonico condotto nel XVII secolo dai vari rami familiari. Nel 1335 Buronzo passò sotto il dominio dei Visconti mentre nel 1373 i signori del luogo giurarono fedeltà ai Savoia ad Amedeo VI.
Raggiunto Buronzo, parcheggio in piazza Cavour e subito mi trovo di fronte l'antico borgo con i suoi sette castelli. Sono posti su un altura che sovrasta il resto del borgo. Si tratta di edifici alti ed imponenti. Il prospetto dei castelli su piazza Cavour presentano caratteristiche architettoniche diverse, indicanti le differenti fasi costruttive dal XIII secolo al XV secolo a quelli di epoca più moderna. Per raggiungere i castelli percorro una una lunga scala, in testa alla quale vi è la chiesa parrocchiale. Questa chiesa è dedicata a Sant'Abbondio e l'edificio attuale è una ricostruzione della prima metà del Settecento.
Da un documento del 1184 sappiamo che la chiesa di Sant'Abbondio dipendeva dal monastero cluniacense di San Pietro di Castelletto Cervo. Solo ad inizio XIV secolo il giuspatronato della parrocchia fu affidato ai signori del Consortile di Buronzo. Nel 1370 è citata come cappella del castello. La chiesa ha un sagrato in acciottolato; la sua facciata tripartitia è scandita da quattro semicolonne poggianti sul basamento cementizio che corre lungo tutto il perimetro dell'edificio. In corrispondenza delle navatelle laterali vi sono due riquadri affrescati con scene sacre, mentre la parte centrale, sopra al portone ligneo scolpito, sull'architrave vi è una mensola con piccolo timpano ed aldisopra di esso ed in posizione centrale vi è una grande finestra rettangolare. Su un alto in fregio al frontone vi è la dicitura DIVO ABUNDIO DICATUM. La parte superiore della chiesa è decorata da pinnacoli scolpiti. Sul lato destro della costruzione sorge il campanile a base quadrangolare, caratterizzato da marcapiani e modanature.
Accedo all'interno e trovo un edificio a tre navate con pilastri quadrangolari che sostengono le volte a crociera; al termine della navata centrale l'abside semicircolare e voltato a semicupola. Sono visibili su alcune colonne affreschi risalenti al tardo medioevo. Pregevole altare maggiore marmoreo di scuola lombarda; presente un affresco del XV secolo raffigurante San Bernardino da Siena, tele e arredi lignei del XVII-XVIII sec. Sicuramente interessante è pala raffigurante la Deposizione di Cristo, attribuita a Giuseppe Giovenone il Giovane della seconda metà del XVI sec. Meritano attenzione anche il pulpito ligneo barocco, ornato con pannelli in cui si possono riconoscere gli evangelisti e Sant'Abbondio e alcuni sepolcri risalenti al XVIII-XIX secolo, riferibili a membri del consortile dei signori di Buronzo.
Per raggiunge piazza caduti transito vicino ad antiche caseforti con piccole finestre ad arco tutto sesto strombate e un loggiato con ampi archi a tutto sesto sostenuti da massicci colonne in pietra con capitelli romanici squadrati e privi di decorazioni. All'angolo tra via della Chiesa e via del Castello ove si apre piazza caduti, dove fa bella mostra di se la casaforte Mencarino con il suo bel loggiato ligneo. Dall'altra parte si eleva il portale d'accesso che costituisce l'ingresso principale più interno del complesso fortificato e presenta le scanalature che ospitavano i bolzoni del ponte levatoio, la porta d'accesso è coronata da merli bifidi. Al suo interno, raggiungibile percorrendo una strada in ciottolato vi è un cortile con loggiato. Il castello consortile assunse nei corso dei secoli la conformazione di vera e propria porzione dell'abitato, caratterizzato dalle sue viuzze acciottolate e le sue piazzette.
Tra i personaggi famosi che vi abitarono ricordo Giovanni Antonio Berzetti di Buronzo (1570-1645), Cavaliere dell'Ordine di Malta. Costui partecipò a diverse imprese militari contro i turchi e nel 1635 fu nominato priore di Messina, il più importante priorato della Sicilia. Morì a Vercelli e fu sepolto in cattedrale, nella cappella di famiglia. Al Quattrocento risalgono molte caseforti che trovo ben conservate in buone, arricchite da decori in cotto figurato ed elaborati fregi realizzati con laterizi. I castelli subirono nel Cinquecento, durante le guerre franco-asburgiche saccheggi e scorrerie, ma già nel Seicento fu restaurato ed ampliato, assumendo la veste di palazzi nobiliari riccamente decorati con stucchi, cicli affrescati. L'eleganza di bifore gotiche e le ceramiche trecentesche arabeggianti con la trecentesca facciata della Rocca rendono il luogo non solo un libro aperto di storia medioevale ma mi offre anche un ambiente che mi permette d viaggiare con l'immaginazione.
Interessante la sottostante via Castello con il selciato in ciottolato su cui si affacciano edifici medioevali con le mura a spina di pesce e mattoni con finestre gotiche che talvolta si ampliano articolandosi in loggiati. E a questi edifici con i sui bei coronamenti in laterizio si contrappongono palazzi con finestre dalle cornici tipicamente barocche con i loro elaborati movimenti decorativi di palazzo Doria Lamba. La via si apre con un arco in laterizio a testimonianza di uno degli accessi al complesso consortile. In piazza Caduti si erge centralmente la colonna con aquila in bronzo che ricorda i militari buronzesi caduti durante la Prima guerra mondiale. Sull'adiacente via Rivetta posso ammirare quella che viene chiamata Manica della Rocca con le sue belle finestre a bifora ad arco a tutto sesto con raffinati capitelli.
Sempre su via Rivetta si erge la bella scuola elementare mentre sempre sulla piazza è presente l'ex caserma dei Regi Carabinieri a cavallo, presenti per oltre un secolo all'interno di un corpo di fabbrica di un edificio afferenti al castello. Questo edificio fu modernizzato a fine VIII secolo e nel XIX. Sull'edificio di posto d fronte si erge un bell'edificio che ospita sul suo muro alcune lapidi. La più piccola di queste, in marmo, ricorda Giorgio Cesone da Buronzo che morì combattendo a Palestro il 13 maggio 1859 durante la prima guerra d'indipendenza. Mentre quella più elaborata, sempre in marmo e con la scultura di due militari con il moschetto ai lati ricorda il buronzese Renato Pellati che morì il 10 maggio 1936 a Ternaber in Etiopia a cui fu conferito la medaglia d'argento alla memoria. Il nome dell'eroe, unitamente ai nomi di Francesco Azzi (medaglia d'oro), Ernesto Beltramo e Fortunato Cesari (medaglie d'oro, studenti caduti in Africa Orientale, è inciso sulla pietra posta nell'aula magna del Politecnico torinese ad eterno ricordo. L'ultima lapide ricorda i militari e partigiani caduti nella Seconda guerra mondiale.
E qui che incontro un mio nuovo amico; infatti nella mia pur breve passeggiata non avevo ancora incontrato nessuno ma finalmente un bellissimo gattone rosso mi si avvicina, quasi a chiedere chi sia. Inizia con un giro intorno al sottoscritto per passare poi ad una accurata annusatina. Verificato che non sono un nemico, eccolo a chiedere delle coccole, osservandomi con quegli occhioni gialli dal basso verso l'alto. Non si può che accontentare questa richiesta e passare qualche minuto con questo nuovo amico che dopo un po' decide di accompagnarmi per un breve tratto del mio girovagare. Anche questo edificio era sicuramente parte dei castelli.
Accompagnato dal mio sherpa peloso raggiungo piazza del Municipio. Qui vi si affaccia la nuova caserma dei Carabinieri, l'accesso alle scuole elementari, la moderna facciata della residenza assistenziale "Rosso Marinelli". L'edificio del Municipio era parte del castello ed è dal 1863 che ospita la Residenza municipale. Come imbocco via Borri, il mio nuovo amico, si ferma, mi osserva e pare salutarmi. Anche via Borri è in ciottolato e vi si erge il Palazzo marchionale Berzetti di Murazzano, una raffinata residenza signorile edificata fra il XVII e XVIII secolo. Assai bello l'ingresso con dipinto in facciata sopra il portone lo stemma di famiglia, mentre nel giardino interno sulla facciata della costruzione fa bella mostra di se una meridiana. Sull'angolo del palazzo una torretta di guardia che s'affaccia sulla S.P. 3 che qui prende il nome di via Vittorio Veneto.
Seguendo questa strada e poi proseguendo via Mazzini costeggio una lunga serie di antiche casaforti e palazzi nobiliari. Raramente si tratta di edificazioni ex novo, generalmente furono ristrutturazioni delle maniche medievali. Sopra i tetti si alzano altane ad archi e torrette, gli interni, apprendo da alcuni testi, presentano soffitti lignei decorati, fasce affrescate, grandi camini e scaloni in pietra. Inoltre si presentano con cortili porticati assai scenografici. I fabbricati sono databili nelle parti più antiche tra il XIV e il XV secolo. Arrivo così davanti all'ingresso del complesso Doria Lamba con la sua bella torre con loggia e un fronte meridionale prospiciente via Vittorio Veneto con il suo settecentesco prospetto e il suo ingresso con ampia scalinata, mentre l'angolo meridionale presenta un tipico paramento murario in ciottoli e mattoni che restano a testimoniare l'epoca medievale. I Doria Lamba ne divennero proprietari nel XIX secolo.
Mentre torno a prendere l'auto per andare a vedere altri importanti edifici e monumenti, ricordo un altro illustre buronzonese. Carlo Luigi Buronzo del Signore vi nacque 1731 e morì nel 1806; fu Vicario generale della diocesi di Vercelli, divenne nel 1784 vescovo di Acqui Terme, nel 1791 di Novara e nel 1797 arcivescovo di Torino. Pubblicò nel 1768 le Opere del vescovo Attone di Vercelli ed ebbe ruoli di spicco nella vita politica, intrattenendo stretti rapporti con casa Savoia. Raggiungo così dapprima l'Oratorio di San Rocco; edificio strettamente connesso alla devozione verso il santo protettore dalle pestilenze. L'edificio sorge poco lontano dal centro storico e la sua posizione è, come di consueto, su una delle vie di accesso all'abitato, a suggerire le sue funzioni di protezione nei confronti della peste.
La chiesa è anticipata da un piccolo sagrato e da un piccolo protiro sorretto da due esili colonne. La facciata presenta un semplice portale ligneo affiancato da finestrelle quadrate con inferriate e da finestrone posto sopra al piccolo protiro. Due lesene angolari pare sorreggere un cornicione e il frontone. Internamente è a navata unica con cappelle laterali dedicate all'Annunciazione e a Sant'Antonio da Padova. L'edificio attuale è sicuramente di inizio XX secolo ma sicuramente la sua fondazione risale alla fine del XVI secolo, forse solo come cappella votiva. Mi reco a vedere anche la chiesetta di San Giovanni Battista, che trovo in avanzato stato di abbandono. Questa chiesa un tempo era chiesa parrocchiale ed è molto antica e già attestata nel XII sec. E nel 1184 ne è ricordato il suo legame con il priorato cluniacense di San Pietro a Castelletto Cervo. Nei secoli fu ripetutamente rimaneggiata, anche perdendo almeno una navata. La semplice facciata è anticipata da un piccolo porticato. Un tempo era intonacato ora mette a vista i mattoni in diverse sue parti.
In auto raggiungo lungo la strada che conduce a Castelletto Cervo il monumento memoriale della strage nazista del 14 marzo 1945. L'antefatto risale al 12 marzo 1945 quando un camion carico di 15 soldati tedeschi superato l'abitato di Buronzo, all'altezza della frazione Garella di Castelletto Cervo, fu fatto segno di lancio di bombe a mano. Cinque militai morirono, sei vennero fatti prigionieri e quattro degli occupanti riuscirono a fuggire mentre l'automezzo s'incendiò.
Per rappresaglia il 14 marzo successivo furono prelevati dalle carceri "Nuove" di Torino undici prigionieri col il pretesto di eseguire lavori all'aperto. Vennero scelte persone della zona e nel tratto tra Cigliano e Borgo d'Ale venne caricato un dodicesimo prigioniero, un giovane sorpreso mentre era nei campi al lavoro. Vennero portati dapprima a Vercelli dove pernottarono alle scuole "Borgogna" ed alle 7 del giorno successivo giunsero a Buronzo e fatti proseguire per la frazione Garella, accompagnati dal viceparroco di Buronzo don Pietro Dondi e dal cappellano della 50° brigata don Mario Casalvolone. Il comandante nazista letta la sentenza emanata dal tribunale speciale di guerra e, nonostante i tentativi di mediazione operati dai due sacerdoti, i dodici furono fucilati. I corpi furono abbandonati sul posto e ricomposti da don Mario Casalvolone. La frazione Garella appartiene al territorio del comune di Castelletto Cervo, ma è comunemente chiamata Garella di Buronzo.
Prima di lasciare Buronzo voglio andare a vedere la sua stazione ferroviaria. L'edificio entrò in funzione il 16 gennaio 1905, con l'apertura del primo tratto fra Santhià e Borgomanero della linea Santhià-Arona. La stazione ormai è abbandonata in quanto è senza traffico ferroviario dal 2012 per effetto della sospensione del servizio sulla linea per decisione della Regione Piemonte e sostituito da autocorse. Scelta difficilmente condivisibile dal mio punto di vista. La linea ferroviaria Santhià-Arona è una linea regionale che diramandosi da Santhià, posta sulla linea Torino-Milano, consentiva di collegare Torino e la Svizzera attraverso il Traforo del Sempione. Il primo progetto fu presentato il 20 giugno 1870 dall'ingegner Tonta di una "Strada ferrata prealpina" che avrebbe collegato Torino con il Lago Maggiore e dopo diverse discussioni fu aperta al traffico nel 1905.
Nell'allontanarmi da Buronzo percorro strade costeggiate da risaie. La DOP "Riso di Baraggia Biellese e Vercellese" è una produzione risicola d'eccellenza, qualità unica nel suo genere per il mondo del riso italiano per le sue caratteristiche organolettiche superiori, che si traducono in una notevole consistenza dei chicchi. Infatti che in fase di cottura "tengono" in modo eccellente, mantenendosi sodi, con chicchi molto più compatti, piccoli e corti.