Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Il mio Piemonte: Spigno Monferrato

E-mail Stampa PDF
Spigno MonferratoLa giornata si apre con uno splendido sole e un venticello primaverile che pare voler accompagnare la mia escursione sugli appennini alessandrini. Raggiungo così Spigno Monferrato il cui toponimo deriva da Spinetum-Spigum, che significa spino-spinoso. Nell'atto di fondazione dell'abbazia di San Quintino del 991 il borgo era denominato Spinio ma la sua storia è più antica.
Infatti nel territorio di Spigno dopo i Liguri Statielli si insediarono i Romani, lo attestano antiche rovine ritrovate lungo il percorso della via Emilia, costruita nel 109 a.C. per volere di Marco Emilio Scauro nel 109 a.C. Successivamente il territorio fu occupato dai Longobardi prima, e dai Franchi poi. Il territorio tra il 900 e il Mille fu poi oggetto di devastazioni e i saccheggi da parte dei saraceni. Entrò a far parte della marca aleramica, e nel 967 l'imperatore Ottone I concesse la signoria di Spigno ai discendenti di Aleramo, ai quali si deve la fondazione dell'abbazia di San Quintino.
Il territorio di Spigno passo sotto diversi feudatari che lo smembrarono: Giacomo del Carretto, i ponzonesi Tomaso, Enrichetto e Manfredino, Alberto del Carretto, già signore di Vesime e poi ancora Pagano Guasco di Alessandria. Nella prima metà del XVI secolo Albertino del Carretto ne vendette parte a Francesco Spinola fino ad entrare in possesso a Vittorio Amedeo II, re di Sardegna. Infatti quando Carlo VI d'Asburgo riprese sotto l'imperiale giurisdizione il marchesato di Spigno, nel  lo 1724 vendette al re di Sardegna Vittorio Amedeo II di Savoia per la somma di 350 000 fiorini, riservandosi il diritto di transito per le proprie truppe. Costui infeudò Spigno a Anna Teresa Carlotta Canale di Cumiana. Sul finire del XVIII secolo il paese vide il passaggio tutt'altro che tranquillo di armate francesi e austriache. Con la riforma napoleonica del 1805, Spigno fu inserita nel dipartimento di Montenotte. Con questa tormentata storia del borgo mi aspetto un immersione in vicende e racconti che solo antiche mura possono narrare.
Il primo paesino che visito alle porte di Spigno, scendendo dalla strada statale 30 nella piana che corre lungo il corso del fiume Bormida è Vico. Questa è una borgata dalle case che attestano un attività tipicamente agricola e che vi si svolge da centinaia di anni. Le case sono di edilizia povera;ben conservate quelle abitate, necessitanti di cure quelle non più residenziali o taluni fabbricati agricoli. La strada che gli corre al centro del borgo è assai stretta, asfaltata ma termina in aperta campagna.
Il piccolo borgo sembra essere il paradiso dei gatti che dalle diverse corti mi osservano passeggiare. Vi sono alcuni antichi forni che sembrano essere stati utilizzati fino a pochi anni fa, mentre i diversi pozzi sono ormai sbarrati da assi di legno. Nel borgo è presente una piccola chiesetta che si distingue per la sua biancheggiante facciata e per il campanile snello e alto. Questo sembra quasi disegnato da un bimbo.
La facciata presenta in tetto a capanna sotto il quale culmine in un tondo vi è un affresco bisognoso di cure. Sotto di esso vi è una grande finestra quadrata. La piccola porta d'accesso, protetta da una tenda a strisce bianche e verde è incorniciata da semplici piedritti e sopra l'architrave vi è dipinta la scritta dedicatoria a San Rocco. Infatti il piccolo edificio a navata unica e volta a botta è stata edificata per volontà popolare nel 1854 dopo essere scampati all'epidemia di colera che aveva colpito la zona. Lascio Vico e risalgo sulla S.S. 30 per raggiungere Spigno, non prima di essermi fermato ad osservare la centrale idroelettrica di Spigno.
Nel mio vagare mi soffermerò sicuramente a guardare anche la diga che alimenta questa centrale. All'ingresso di Spigno, all'incrocio con la strada provinciale che conduce a Turpino e Squaneto vi è quasi arroccata la chiesetta di San Giuseppe. Mi soffermo ad osservarla, anche perché nei sui pressi, vicino la pesa vi è la mappa del borgo dove potrò informarmi e decidere quale percorso compiere. Per raggiungere la chiesa di San Giuseppe devo salire alcuni gradini di una ripida scalinata, in quanto edificata su uno sperone roccioso, presenta le stesse fattezze esterne di quelle di san Rocco a Vico ma non presenta l'affresco, quasi scolorita la scritta dedicatoria Sancte Joseph / ora pro nobis.
Questo piccolo edificio con interno a navata unica e volta a botte fu edificato durante l'epidemia di colera del 1854 e fu utilizzato fino alla metà del XX secolo quale luogo di posa defunti provenienti dalla campagna e fino alla levata fino alla sepoltura. Dopo aver osservata la chiesetta mi dirigo a osservare la carta turistica e noto che la strada statale che fa da circonvallazione al borgo di Spigno e intitolata al Senatore del Regno Federico Anselmino nato a Spigno l'11 giugno 1880 e deceduto a Torino nel 1936. Costui, figlio dell'esattore delle tasse comunale, studiò Ragioneria e diventò un importante industriale fondando la Società anonima imprese industriali "Federico Anselmino", le "Ferriere di Chivasso" e fu proprietario delle "Ferriere di Pont Saint Martin" e dello "Stabilimento meccanico biellese". Fu altresì proprietario dello fondatore degli impianti idroelettrici di Spigno Monferrato. Decido così di proseguire in auto fino in Piazza Garibaldi e parcheggiare nei pressi dell'edificio comunale.
Percorrendo corso Roma incontro da subito un gruppo di case che sono il nucleo urbano tardo medioevale e casa Casaccia del XVII secolo. Parcheggiata l'auto nella bella piazzetta porticata sui lati lunghi e incorniciata da antiche abitazioni, inizio il mio percorso sempre su corso Roma trovo nei pressi di un bar, ove sostò brevemente una targa che ricorda Re Carlo Alberto che vi sosto in viaggio verso Oporto dopo l'abdicazione il 23 marzo 1849. Ma altresì Spigno ospitò Papa Pio VII di ritorno dall'esilio impostogli da Napoleone I.
Raggiungo così l'edificio che ospita il Cinema Teatro, sede anche della SOMS. Questo edificio costruito nel 1863 fu della Società Filarmonica di Spigno. Si tratta di un bel edificio che mette in cartellone diversi eventi teatrali che richiamano molti spettatori. Torno brevemente indietro sui miei passi, ma invece di percorrere Corso Roma passo nella strada che vi corre più sotto, ossia via Achille Airaldi, dove posso notare su una vecchia abitazione, ancora leggibile, una insegna dipinta indicante come in questo fabbricato vi fosse stata un officina o meglio "laboratorio di falegnameria ...".
Raggiungo cosi via Vittorio Emanuele che inizio a percorre; si tratta di una stretta ma bella via centrale del borgo antico, da subito trovo una piazzetta intitolata al patriota Sandro Delpiazzo (1926-1944) e poi prosegue incorniciata da antichi edifici con una serie di negozi e laboratori al piano terreno. La strada unisce diverse piazze, come piazza Garibaldi e piazza Gandolfo Natale. Al centro di questa bella piazzetta si erge al centro una fontana. Un tempo in questo luogo si ergeva una torre, tanto che è ancoraggi comunemente chiamata piazza della Torre.
La fontana è assai bella, i suoi anni sono stati ben occultati da un recente restauro che l'ha riportata ai suoi fasti originali. Si tratta di una fontana con bacile rotondo in pietra su cui si erge una colonna, sempre in pietra decorata con festoni e mascheroni posti intorno ad un vaso su cui è scolpito la statua di Leda e il Cigno, tratta dalla mitologia greca. Infatti si narra che Zeus, innamoratosi di Leda, si trasformò in un cigno per sedurla sulle rive del fiume Eurota e, una volta ottenuta la sua attenzione, si accoppiò con lei. Appena la giovane si svegliò, il padre degli dei rivelò la sua identità e le preannunciò che dalla loro unione sarebbero nati due gemelli: i Dioscuri. Castore abile domatore di cavalli e Polluce imbattibile pugile, entrambi sarebbero stati a difesa del paese e guida dei marinai. I gemelli però erano di natura diversa, Castore era infatti mortale, mentre Polluce era immortale, ma per amore del fratello anche lui voleva essere un non "divino". Il padre Zeus, impietosito da questa richiesta, stabilì che avrebbero vissuto a turno un giorno da vivi sull'Olimpo e il giorno dopo da morti nell'Erebo. Ma sono tante le versioni di questa leggenda che lascio ognuno scegliere quella che più aggrada.
La piazza è intitolata al maresciallo Gandolfo Natale (1901 – 1945) martire per la Libertà. Peccato che anche di questo martire non vi sia una targa che ricordi al viandante la sua storia. Proseguo nel mio girovagare per le strette strade di Spigno, antichi palazzi signorili si alternano a ville nobiliari a più modeste abitazioni, tutte con lo stesso fascino. Una stretta strada è intitolata al generale Paolo Spingardi. Costui nacque a Felizzano nel 1845 ma morì nel 1918 a Spigno; intraprese la carriera militare e poi quella politica, diventando prima deputato nel 1904, infine senatore del Regno nel 1905. Fu Comandante generale dell'Arma de Carabinieri dal 1908 al 1909 e Ministro della Guerra dal 1909 al 1914. Un altro edificio che racconta la storia di Spigno è quello che era adibito ad Ospedale di Sant'Antonio e che fu voluto dalla Marchesa Paola Ricci di Barbania.
In via della chiesa trovo il bel palazzo o Casa Spingardi del XIX secolo e subito dopo il Villino Airaldi sempre del XIX secolo. Sempre su via della chiesa vi è anche Casa Spingardi già Asinari del XVII secolo. Questo palazzo secentesco si affaccia dalla rocca sul fiume Bormida con il suo imponente loggiato. Qui mi sovviene la storia della Marchesa di Spigno, anche raccontata da Edmondo De Amicis in "Alle porte d'Italia" del 1888. La marchesa di Spigno, Anna Carlotta Teresa Canalis nacque dai conti Canalis di Cumiana, a Torino, il 23 aprile 1680. Fu scelta per la sua avvenenza come damigella di corte di Madama Reale, e da subito aveva attirato l'attenzione del giovane principe Vittorio Amedeo. Non vi è certezza ma sembra che il giovane principe mise incinta la sedicenne Anna Carlotta.
Madama Reale avrebbe provveduto più tardi nel 1703 a farla sposare al conte Ignazio Francesco Maria Novarina, conte di San Sebastiano. Costei rimase vedova nel 1724 con numerosa prole e Vittorio Amedeo II la fece nominare dama d'onore della prima moglie di Carlo Emanuele, Cristina Luigia di Sulzbach, e subito dopo della seconda, Polissena d'Assia-Rheinfels. Ma l'antica passione mai sopita di Vittorio Amedeo riprese corpo. Vittorio Amedeo II rimase vedovo di Anna d'Orléans il 28 agosto 1728 e il 12 agosto 1730 sposò morganaticamente Anna Carlotta Teresa Canalis di Cumiana e gli donò marchesato di Spigno. A lei la magnifica comunità di Spigno prestò giuramento di fedeltà, come risulta dall'atto del 29 marzo 1731. Rimasta vedova nel 1732, la marchesa di Spigno si ritirò nel monastero della Visitazione in Pinerolo, ove morì il 12 aprile 1769.
Ma lungo questa strada vi è anche l'Oratorio dell'Annunziata; un edificio del XVI secolo con tetto a capanna, esternamente interamente intonacato. La facciata presenta una sola porta incorniciato da uno splendido portale in pietra scolpita. Un oculo permette alla luce d'entrarvi mentre una nicchia posta al lato del portale e vuota. Una serie di finestre a lunetta corrono sui fianchi dell'edificio. Un alta e bella torre campanaria con culmine a bulbo completa il prospetto della chiesa. Raggiungo così la grande e bella chiesa parrocchiale dedicata a sant'Ambrogio. Probabilmente l'edificio sorse su una preesistente costruzione edificata intorno al Mille.
Questo grande edificio religioso sorge su un rilevato del borgo e vi si accede attraverso scale e una strada in salita. La chiesa è posta all'interno di un grande prato circondato da un muretto in pietra e laterizio. Accedo all'ampio prato attraverso un bell'arco cinquecentesco; il prato un tempo era occupato dal cimitero. La chiesa che posso ammirare oggi si presenta con un ampia facciata a bande su stile ligure e fu edificata intorno al 1450.
Tra XVII e XVIII secolo la facciata fu arricchita da un portale in pietra. La chiesa ha tetto a spioventi e facciata tripartita, nella parte centrale è presenta l'unica porta frontale d'accesso. Il portale d'ingresso presenta una coppia di colonne binate poste su alti plinti sorreggenti un architrave, il tutto in pietra. Sull'architrave, in una bella nicchia ampiamente decorata vi è un edicola contenente e la statua di Sant'Ambrogio, sotto di essa è leggibile la data 1592 accanto alla scritta "Sanctus Ambrogius protector noster". Due finestre a lunettone sono poste nelle ali della facciata e nel secondo ordine, al centro è posto un affresco inquadrato da una cornice a lunetta. Sui lati visibili della chiesa vi sono diverse lapidi anche settecentesche. L'imponente il campanile dalla forma quadrata ha un cupolino e lanterna sempre a bulbo. L'interno della chiesa, in pieno stile rinascimentale è a tre navate e presenta pile per l'acqua santa quattrocentesche come la fonte battesimale. Sicuramente sei/settecentesca le balaustre poste davanti agli altari. Quest'ultimo è realizzato con marmi preziosi. Le volte e pareti interne della chiesa sono decorate da affreschi e presenta diverse tele secentesche.
Prima di uscire mi soffermo a guardare il coro in noce della chiesa che presenta stalli, schienali intarsiati e scolpiti. Bello ed interessante anche il pulpito. Mentre lascio la chiesa parrocchiale e salgo verso i ruderi del castello penso a quanti bei portali siano presenti nelle antiche case di Spigno, spesso con stemmi nobiliari scolpiti nella pietra e sfregiate dagli armati napoleonici. Ma sono tanti i balconcini con antiche ringhiere in ferro battuto. Il castello fu voluto dal marchese Federico Asinari e fu abbattuto dalle truppe franco-savoiarde nel 1684 ancor prima di essere completato. Avrebbe dovuto essere un fabbricato centrale circondato da mura e torrioni; vi rimangono solo qualche mura e torretta sbrecciata e ricoperte in parte da un invadente edera.
Scendo lentamente verso la sottostante piazza IV novembre. Transito così sul fianco dello sferisterio per il gioco del pallone elastico; uno degli sport più praticati ed amati del basso Piemonte soprattutto nel Monferrato. Sulla piazza vi si affacciano le scuole e il monumento dedicato ai caduti delle guerre mondiali. Ma per visitare il ponte romanico sul fiume Bormida, che avevo visto dalla rocca su cui era stato edificato il castello, devo prendere l'auto e percorrere la strada che porta a ciò che un tempo era il monastero di San Quintino.
Dopo qualche minuto raggiungo il ponte medioevale del XV secolo che presenta diverse arcate ed è a schiena d'asino. E interamente in pietra e ciottoli di fiumi con bei muretti; il selciato in ciottoli lo rende magnifico, veramente originale tanto da riportarmi mentalmente nei secoli passati. Sul culmine del ponte sono posti due cappelle, una semicircolare l'altra quadrata. Una è dedicata a San Rocco e ne conserva la statua. L'altra invece era adibita alla posa delle salme dei defunti provenienti dalla campagna e infatti conserva la pietra quadrangolare di posa. In antichità le due cappelle furono anche adibite a luogo daziario.
Dopo pochi minuti di viaggio raggiungo il monastero di San Quintino ora edificio rurale con abitazione privata, motivo per cui posso osservarla solo da lontano, anche per la presenza di alcuni cani da guardia. L'Abbazia di San Quintino fu fondata per volontà di Anselmo, figlio di Aleramo e marchese del Monferrato, con atto datato 4 maggio 991. Fu voluto dopo la distruzione della Abbazia di San salvatore a Giusvalla da parte dei Saraceni. Nel 1500, dopo l'abbandono dei monaci benedettini fu utilizzata dal vescovo di Savona come dimora autunnale. Durante le campagne napoleoniche subì diverse distruzioni e nel XIX secolo fu venduta all'asta. La facciata si presenta imponente, con una piccola cella campanaria. Lesene scandiscono la facciata che si presenta severa come lo erano appunto i materiali utilizzati nelle costruzioni preromaniche, il portale è stato murato ma presenta ancora belle monofore. Annessa alla chiesa vi era l'area conventuale ora trasformata in abitazione. È il momento di andare a visitare le tante frazioni che costituiscono il comune di Spigno Monferrato.
Mi ritrovo così sulla strada statale in direzione Savona e nel primo gruppo di case che trovo, proprio a ridosso del ponte sul fiume Bormida,in posizione rilevata, nei pressi della curva che accede al ponte, di erge la chiesetta di Santa Rita. È di proprietà privata e fu edificata come voto fatto da un residente per essere tornato vivo dai campi di battaglia della seconda Guerra Mondiale. La chiesetta dalle fattezze molto semplici, tetto a capanna, piccolo campanile posteriore, presenta una porta d'accesso protetta da una tettoia in legno. Sopra l'architrave della porta vi è un bell'affresco, mentre sotto il culmine del tetto vi è un oculo.
Mi dirigo verso la frazione Casate ed in borgata Isola, in mezzo ad un verdeggiante prato vicino ad un allevamento di capre, si eleva una piccola chiesetta in stile barocco dedicata alla Madonna della Mercede, interamente intonacata fu purtroppo oggetto di furti e devastazioni negli anni passati. In un documento del FAI (fondo per l'ambiente italiano) avevo letto che fu anch'essa edificata per un voto di residenti spignesi che andando in guerra fecero un voto che una volta tornati, ognuno avrebbe edificato una cappelletta. Tornati tutti tre, invece di fare tre cappellette costruirono insieme la chiesetta.
Proseguo la mia strada e per raggiungere la chiesetta della Natività di Maria in frazione Casate, devo lasciare l'auto e proseguire per qualche decina di metri su una strada campestre. La chiesetta offre l'abside fronte strada, mentre il suo sagrato è un verdeggiante prato punteggiato di margherite. La frazione Casate è composta da case sparse tra il fiume Bormida e le colline che fanno da propaggine ai più alti Appennini. Oltre alla strada statale, il territorio della frazione è tagliato anche dalla linea a binario unico Acqui Terme - Savona. La chiesetta fu edificata nel corso del XIV secolo e conserva un affresco del Maestro di Roccaverano, però secondo alcuni esperti non si tratterebbe di un solo artista ma di un gruppo di pittori, una sorta di accademia con sede a Roccaverano. La facciata della chiesetta del Casato è interamente intonacata e presenta una piccola porta d'accesso e il dell'edificio timpano è curvilineo.
Torno verso Spigno e prima del ponte nuovo sul fiume Bormida prendo la strada per Serole ed inizio ad arrampicarmi, curva dopo curva tra meravigliosi calanchi di tufo e boschi cedui raggiungo la borgata di Rocchetta. Questa è composta da un piccolo agglomerato di edifici e molte case sparse. La sua chiesa è un bell'edificio in pietra con un alto e massiccio campanile che si nota assai da lontano. La chiesetta della Rocchetta è intitolata all'Assunta e risale al XVII secolo. Si tratta di un bell'edificio, tutto in pietra e mattoni a vista con un portico anteriore. Uno slanciato campanile, sempre in pietra si erge lateralmente, dove sopra la cella campanaria si eleva un elegante lanternino a poligono. Poco distante, in un edificio costruito a ridosso di una curva a gomito vi è posta sul muro l'elenco dei caduti nella guerra 1915 – 1918 e quelli della guerra 1940 – 1945, ma vi sono anche due partigiani Bianco Dolino Alfredo e Ivaldi Mario.
La borgata prende il nome da una possente fortificazione, ormai ruderi, quasi nascosta tra calanchi e boschi, visibile solo grazie al fatto che le foglie degli alberi non ne celino totalmente la vista. Intorno a questi ruderi sono sorte molte leggende di streghe ed incantesimi. La storia racconta che nel 1631 il Procuratore della Curia si presentò all'arciprete della chiesa di Sant'Ambrogio di Spigno, denunciando che alla Rocchetta un gruppo "poco timorato di Dio commetteva stregonerie". Furono 13 donne e 2 uomini che vennero incarcerati e lasciati morire o uccisi in quanto accusati di essere dediti al male e responsabili di morti e della diffusione di contagi. Dopo un processo mai terminato e viziato dalla superstizione e dalla contrapposizione di poteri tra la Giustizia della Chiesa e Giustizia di Stato.
In alcune parte del Piemonte la strega è chiamata "masca", "mascùn" lo stregone, termine molto antico che per alcuni significherebbe "anima di morto". Molto più spesso masche e mascùn non erano necessariamente malvagi, più spesso guaritori con erbe e antichi rituali. La credulità popolare voleva che le masche raggiungessero l'antica torre di Vesime (AT) dove veniva a loro consegnato il libro del comando. Si narra altresì che prima di morire, lasciassero un gomitolo, un mestolo o il libro del comando ad una loro adepta. Purtroppo nel caso delle streghe e stregoni di Spigno le donne erano soprattutto accusate di non partecipare alle messe festive o di parteciparci poco preferendo andare per campi a raccogliere erba per i conigli e di curare i malanni con le erbe.
In auto ritorno verso Spigno e prendo la strada che mi conduce a Montaldo. La strada stretta è tortuosa ed affiancata da bei boschi, godo di vedute pazzesche verso le valli sottostanti. Sono tanti gli agglomerati di case che attraverso o che sono raggiungibili da stradine laterali. Raggiungo cosi Montaldo e con mia sorpresa vi trovo due belle grandi chiese. La prima è la parrocchiale di san Carlo Borromeo del XVII secolo. Sicuramente questo edificio religioso per molti secoli fu il centro di riferimento per tutte le località limitrofe. Ha un tetto a capanna e l'ingresso è anticipato da un porticato con colonne. Sotto il culmine della volta del tetto vi è una finestra ad arco strombata e tre leggere lesene tripartiscono quest'ordine. Sotto il porticato vi è una sola porta d'accesso alla chiesa.
Affianca l'edificio religioso il campanile, anch'esso intonacato, ma tutta la costruzione necessità di urgenti lavori di risanamento dall'umidità. L'interno della chiesa parrocchiale è a navata unica in stile barocco con bei affreschi. L'altare maggiore è in marmo intarsiato con pietre e vi sono diverse cappelle tra cui quella dedicata al Santo titolare e al Sacro Cuore di Gesù, un tempo dedicata a san Bovo, particolarmente venerato dai contadini ed allevatori.
Proprio davanti alla parrocchiale si erge in stile barocco, ottimamente conservata e recentemente restaurata l'oratorio della Santissima Annunziata. Questa presenta un solo ingresso, anticipato da tre scalini in pietra e un portale in pietra scolpita con diverse volute. La chiesa è tripartita da lesene, le ali laterali sono concave e il tutto recentemente tinteggiato. Nel secondo ordine vi è un ampia finestra trilobata posta sotto il frontone. I due ordini sono suddivisi da un ampio marcapiano. Mi aggiro tra le case seguito da un bel gattone rosso prima di scendere dai 400 metri in cui è stato edificato il borgo.
Verso valle inizio a percorrere la strada provinciale 215 in direzione Squaneto. La strada anch'essa assai tortuosa e costellata da cappellette votive, costeggio il torrente Valla e subito dopo la diga costruita sul corso di questo corso d'acqua. Questo torrente è un affluente della Bormida di Spigno e nasce sugli appennini tra Dego e Giusvalla nel savonese. Il torrente poco sopra Spigno è sbarrato da una diga che fu ultimata nel 1925, alta 47 metri e con un coronamento di 113,8 metri. Attualmente è gestita dalla società Tirreno Power  per produrre energia elettrica in una centrale idroelettrica che ho visto prima di entrare in Spigno. La strada da scorci panoramici fantastici sulle vallate sottostanti e sui diversi altopiani che si susseguono con le diverse coltivazioni agricole.
Tra le borgate che trovo vi è la borgata Valla e superato un guado trovo Squaneto Inferiore e poco dopo quello Superiore. A Squaneto inferiore dopo aver guadato un corso d'acqua mi soffermo ad osservare la chiesa della borgata, dedicata a all'Immacolata Concezione. La chiesetta è risalente al XVII- XVIII secolo. Presenta una semplice cappella intitolata a Sant'Anna fino al 1919 quando venne elevata a parrocchiale. Con la sua semplice facciata interamente intonacata presenta una sola porta d'accesso e una finestra quadrilobata. Conserva al suo interno una magnifica statua in marmo raffigurante l'Immacolata Concezione.
La statua di scuola genovese del XVIII secolo è stata scolpita da Pasquale Bocciardo, scultore genovese, anche se la tradizione popolare vuole che fosse opera del Bernini. Di certo sembra impossibile che una scultura di tale maestria sia presente in una chiesetta in mezzo ai boschi lontano dai grandi centri urbani. Una lapide posta su un edificio a lato della chiesa Don Virginio Icardi. Costui ne era il parroco ed era nato nel 1908, di Cassinelle (AL). A Squaneto formò un reparto di patrioti per contrastare e difendere le comunità locali dalle violenze nazifasciste. Costoro tennero i contatti con i partigiani di Mauri, che agivano nelle Langhe e nel Monferrato e contribuirono al salvataggio di alcuni piloti di arerei da combattimento Britannici, abbattuti dai Tedeschi.
Don Virginio adottò come nome di battaglia Italicus a significare il suo rifiuto a ideologie straniere e lontane dalla realtà nazionale, tanto che il vescovo disapprovò la sua opera di capo partigiano e lo sospese a "divinis". Accadde nell'agosto del 1944 che una pattuglia di partigiani provenienti da Cairo Montenotte, arrivò nella zona di Italicus e sequestrò tre genieri Tedeschi distaccati ad Acqui. Giunsero subito ingenti reparti delle SS e della RSI, e iniziarono un rastrellamento che interessò l'abitato di Malvicino e Roboaro; 45 civili furono presi in ostaggio e minacciati di essere fucilati se i tre genieri Germanici non fossero stati rilasciati. Intervenne Don Icardi, che raggiunse il luogo dove i tre Tedeschi erano tenuti, e convinse il partigiano noto con il nome di "biondino" a rilasciarli. Italicus fu assassinato poi a Pareto, borgata Isole con una raffica di mitra ad appena 36 anni ed ancora oggi gli assassini rimangono sconosciuti. Il Vescovo di Acqui Terme ne vietò le esequie e fu il Generale Amilcare Farina, comandante della San Marco, suo acerrimo nemico che fece benedire la salma dal Cappellano Militare il frate Giovanni del Monte e seppellire il suo corpo presso il cimitero delle Croci Bianche ad Altare.
Attraverso l'abitato di Pareto che fa Comune e raggiungo un altra frazione di Spigno Monferrato, ossia Turpino. Questo borgo è un autentico gioiellino incastonato tra i paesaggi di calanchi che lo fan sembrare lunare. Sono molte le cose da vedere in questa borgata e comincio dalla chiesa dedicata a San Giovanni Battista edificata nel 1517 con tetti a spioventi e facciata anticipata da un portico. Nonostante la chiesa sia internamente a tre navate in facciata vi è solo una porta di accesso. Una finestra a lunettone è posta sopra il porticato, sulla facciata vi sono delle lapidi, una delle quali ricorda i nomi dei militari caduti di Turpino nella guerra 1940 - 1945 ed un altro senza i nomi i caduti della guerra 1915 - 1918.
Il suo interno presenta colonne con capitelli tipo rinascimentali, una bella fonte battesimale in pietra e legno forse cinquecentesca. Anche l'altare maggiore dovrebbe essere cinque-seicentesco con tabernacolo ligneo. Davanti a questa chiesa si erge l'antico e imponente l'oratorio della Confraternita di Sant'Antonio che risale al XVI secolo e presenta una facciata a capanna. Fu ampliato nel secolo precedente, ricavandoci un locale per le scuole di Turpino. Dall'alto di Turpino tra i panoramici calanchi osservo ergersi la chiesetta della Beata Vergine della Visitazione che raggiungerò prossimamente a piedi seguendo un sentiero che mi indicherà Enzo, un volontario AIB (Antincendio boschivo) che mi raggiungerà tra poco. Nel frattempo in auto proseguo sulla strada provinciale 220 fino a raggiungere località Scaletta.
Qui c'è palazzo Scaletta che da anche il nome alla località stessa. In questo palazzo con i suoi grandi loggiati sostavano le carovane che percorrevano la via del sale, sia di mercanti, pellegrini che di soldati che preferivano la via del crinale, sicuramente più scomoda ma certamente più sicura in confronto a quelle di fondovalle, frequentata da briganti.
Poco distante, bisognosa di cure vi è la chiesetta di Sant'Antonio abate. Piccolo edificio con tetto a capanna, presenta una sola porta d'accesso con due piccole e quadrate finestre. Sopra alla porta vi è una cornice che un tempo doveva conservare un affresco e subito al disopra vi è una finestra quadribolata. Rientro verso Spigno, ma lascio l'auto poco dopo a lato strada per prendere il sentiero che conduce alla chiesetta della Beata Vergine della Visitazione che percorro con Enzo che nel frattempo mi ha raggiunto.
Senza il suo aiuto non avrei certamente trovato il sentiero e raggiungo la chiesetta dopo una bella scarpinata ed essermi goduto splendidi paesaggi. Questa chiesetta nota anche come chiesa di Santa Maria ed era già menzionata nel 991 in un atto, fra i beni dell'Abbazia di San Quintino. Nei secoli fu rimaneggiata e ricostruita nel Settecento. Possiede un piccolo campanile che sembra fare il dito alle nuvole, presenta un tetto a capanna con un unica porta d'accesso affiancata da due finestre quadrate. Internamente ed esternamente è interamente intonacata e all'interno conserva un bell'affresco della Madonna con Bambino. La devozione popolare verso questo piccolo scrigno di fede è considerevole.
Ormai si è fatto tardi, ho vagheggiato per tutto il territorio comunale di Spigno ritenendomi soddisfatto di aver scoperto un pezzo di questo meraviglioso territorio. Saluto calorosamente Enzo per l'aiuto offertomi e rientro contento di aver esplorato un altro angolo del Piemonte.