Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

il mio Piemonte: Usseglio

E-mail Stampa PDF
UsseglioL'alba deve ancora presentarsi, in auto mi dirigo verso le Alpi Graie, supero l'abitato di Lanzo per dirigermi verso Usseglio. Il borgo è situato in un pianoro che si apre al termine della valle di Viù, la più meridionale delle tre valli di Lanzo. Usseglio confina con la Francia ad ovest, la val d'Ala a nord e la valle di Susa a sud. Per raggiungere questo abitato devo percorrere l'unica strada di collegamento, la SP 32 che attraversa la Valle. Dopo alcune ore di viaggio raggiungo la borgata di Piazzette, la prima del Comune di Usseglio. Il panorama che mi accoglie è tipicamente alpino; tra le montagne che svettano scorgo il Rocciamelone (3538 m), ma sul territorio fanno bella mostra di se anche la Punta Lunella, monte Croce Rossa, ma soprattutto il monte Lera.
Attraverso la borgata di Piazzette con le sue belle case dai tetti in losa ma vi sono anche diversi condomini, segno importante della vocazione turistica del borgo. Mi soffermo qualche minuto per fare due passi e raggiungere la sua chiesetta. Questa è dedicata a San Vito e fu edificata nel XVIII secolo, probabilmente su una struttura preesistente. L'edificio è molto semplice e con tetto a capanna con due paraste che sorreggono il timpano triangolare. Sulla facciata, a fianco del portone d'ingresso, era collocata fino al 2015 un'Ara votiva dedicata a Giove da un militare romano al momento del proprio congedo dopo aver servito l'esercito per ventisei anni, come si deduce dall'iscrizione e con la quale scioglieva un voto. L'ara ora è conservata all'interno del Museo civico Tazzetti. La porta d'accesso è affiancata da due quadrate finestre e sormontata al centro del prospetto da una finestra quadrilobata.
All'interno della cappella vi è una delle tre rappresentazioni sindoniche di Usseglio. Infatti sull'altare è presente un dipinto su lamina metallica, in cui il Sacro Lino è sorretto in alto da tre angeli, mentre in basso sono inginocchiati in preghiera San Carlo Borromeo e San Francesco di Sales. Il campanile è separato dalla struttura, costruito nello spazio antistante la Cappella, in continuità con un altro edificio. Il campanile ha base quadrata e struttura in pietra a vista nella parte inferiore. Ma nel bosco sopra la borgata, lungo la vecchia mulattiera di collegamento tra le borgate vi è anche la più antica cappella di San Desiderio risalente al VII secolo, essa sorge isolata e probabilmente fu la prima parrocchia di Usseglio. Anche questa cappella ha pianta rettangolare ad aula unica con tetto a capanna in lose.
L'intero edificio è in pietra; e in facciata il portone, soprelevato rispetto al piano di campagna, è affiancato da due finestre quadrangolari. Sempre nei pressi della chiesetta posta nel borgo vi è una fontana, recentemente restaurata e rimodernata. Una lapide ricorda che fu voluta dal teologo Giacomo Anselmetti che fu per 17 anni rettore di Piazzette ed inaugurata nel 1906. Sopra la fonte venne posta nel 1910 una statua della Madonna di Lourdes, oggi il tutto è protetto da una cappelletta. Riesco a raccogliere in questa borgata anche un antica leggenda; si racconta che tra Usseglio e Lemie vi era un piccolo villaggio che si chiamava Bellavilla.
Un giorno due viandanti, affamati, vi sostarono e chiesero al fornaio un po' di pane che fu loro rifiutato, ritenendo i due viandanti dei mendicanti. Questi ritornarono e il fornaio rassegnato consegnò loro una pagnotta. Fermatisi poco lontano, spezzarono la pagnotta per mangiarlo, ma scoprirono che dentro vi era dello sterco. Fu allora che il cielo si fece improvvisamente scuro, illuminato solo da lampi e scosso da potenti tuoni. L'acqua precipitò a valle dalle montagne circostanti con grandi onde e distrusse totalmente Bellavilla creando con i suoi detriti delle piazzette, da qui la tradizione fa risalire il nome della borgata.
Anche gli abitanti morirono tutti, pagando l'avarizia del fornaio. Una versione della leggenda narra che i due viandanti fossero Nostro Signore e San Pietro. Ripresa l'auto raggiungo la borgata di Pianetto. Faccio una breve deviazione per raggiungere e parcheggiare vicino alla settecentesca Cappella dei Santi Giacomo e Filippo posta ai margini dell'abitato. La cappella, di modeste dimensioni, ha pianta rettangolare ad aula unica, il suo tetto è a tre falde e la copertura è in lose. La facciata presenta un fronte a capanna ed è preceduta da un portico con la facciata affrescata. Anche qui Il portone è affiancato da due finestre rettangolari e sopra centralmente, al di sopra del portone, è presente un oculo circolare. La facciata presenta decorazioni pittoriche ai lati dell'oculo, raffiguranti i santi titolari.
Un piccolo campanile con base quadrata si eleva dallo spiovente meridionale. Poco lontano alla cappella vi è una fontana con un'ampia vasca interrata ed in parte ricoperta da un lastrone di pietra che presenta varie incisioni: coppelle, croci, croci camune ecc… M'avvio verso l'interno dell'antico borgo realizzato in pietra tra strette stradine a cui è difficile transitare in due persone. M'accompagna, anticipando i miei passi un piccolo cagnolino, munito di collare, che senza abbaiare mi attende ai crocicchi per sapere se lo raggiungo. Arrivo così all'antico forno comune, situato proprio al centro del borgo vecchio ed è una costruzione libera su tutti i lati. Questa è realizzata completamente in pietra, presenta il tetto in lose. Il forno si presume sia stato costruito nel XIX secolo e rimase in funzione fin verso il 1960.
Ripresa l'auto raggiungo la vicina frazione di Chiaberto, qui trovo la settecentesca Cappella di San Rocco ed è posta sul ciglio della strada provinciale che mi condurrà nel capoluogo. La cappella ha pianta rettangolare ad aula unica ed è intonacata sia internamente che esternamente; il tetto è a due falde, con manto di copertura in lose. La facciata con fronte a capanna presenta un portone affiancato da due finestre rettangolari con grate in ferro, e una finestra circolare al centro del prospetto. In facciata trovo un dipinto murale raffigurante San Rocco, purtroppo in cattivo stato conservativo Il campanile, si eleva dallo spiovente della copertura ed ha base quadrata. Mi è stato narrato che la cappella di San Rocco conserva delle altre raffigurazioni sindoniche rappresentanti l'ostensione del 1898. Uscendo della borgata avevo notato un dipinto su un muro il toponimo di Chiaberto con la sua altezza sul livello del mare, ossia a 1260 metri.
L'abitato successivo è l'abitato di Cascine, dove trovo l'albergo Rocciamelone che mi ospiterà durante la mia visita a Usseglio. Mi fermo in albergo per riposare e per conoscere questa bella struttura, risalente al 1925. L'albergo fu costruito in pietra locale, in un architettura che rappresenta il gusto dell'epoca e così è rimasto fino ad oggi. L'edificio ha una ricca decorazione in pietra bianca che cinge l'intero fabbricato realizzato invece nella scura pietra locale. Viste le dimensioni doveva essere tra i più grandi alberghi dell'epoca. Vi accedo salendo una bella ampia scalinata e mi ritrovo in un bell'ambiente che mi riporta indietro di almeno un secolo. I suoi soffitti sono alti e i locali sono ampi spazi, e raffinata è la decorazione che corre sulle volte e sulle pareti compreso le rampe delle scale; queste ultime presentano una ringhiera in ferro battuto come sono quelli dei balconi.
L'albergo dispone di grandi spazi e saloni come lo è l'ampio bar con il suo bancone in legno e marmo originale come le sue specchiere. Sono stati capaci ad unire la classicità degli arredi con le moderne necessità, infatti è presente anche una sala cinema dotata di video proiettore con maxi schermo e wifi per tutto l'albergo. Lungo le pareti vi si trovano antichi manifesti e vecchie foto d'epoca sia dell'albergo e sia di Usseglio. Salgo ai piani superiori per vedere le stanze, che presentano anch'esse mobilio d'epoca. Anche gli effetti letterecci, benché nuovi, sono in stile fine Ottocento, come i copriletti con bordi in pizzo ricamato. Ma tutte le stanze sono modernissime nei loro comfort. Ciò fa dell'arredamento un modello di sobrietà ed eleganza.
Mi reco nella grande sala ristorante, con i suoi alti soffitti decorati e l'eleganza originaria, come lo sono sedie e tavoli. Tutti locali visitati hanno un bel pavimento in un caldo parquet. Mi soffermo a pranzo potendo così gustare piatti della tradizione locale, dal classico vitello tonnato, alla polenta gratinata al forno con farcitura di formaggi e concludendo con la buonissima la torta Rocciamelone. La famiglia Cibrario, titolari dell'albergo saranno anche utilissimi per avere indicazioni sui luoghi da visitare e per raccontarmi le tradizioni locali. Prima di proseguire la visita faccio un breve ripasso sulla storia del luogo.
I primi abitatori della valle furono i Celti Graioceli, citati e vinti, ma come ci scrive Giulio Cesare nel suo "De Bello Gallico", non senza averlo combattuto ed ostacolato la conquista. Dopo i Romani vennero Longobardi e poi i Franchi. La presenza dei Savoia inizia e verso il 1000 e come tutto il Piemonte nel periodo medioevale vescovi, conti e vassalli si spartirono questo territorio. Si racconta che nel 1559 Emanuele Filiberto di Savoia quando riebbe le terre della vallata e volle trasportare nel 1578 di nascosto la Sindone da Chambery a Torino volle che fosse utilizzato il sentiero del Colle Autaret, tra la Moriana e Usseglio. Dopo il periodo napoleonico, Usseglio segui le sorti del Regno di Sardegna prima, d'Italia poi, fino ad arrivare ai giorni nostri.
Il periodo migliore d'Usseglio e dell'intera Valle segue l'onda della moda dell'alpinismo tra fine '800 e inizio '900, così iniziò ad essere luogo di villeggiatura. Questo trasformò alcuni pastori, minatori e cacciatori in esperti di montagna, guide alpine e albergatori e ristoratori. Con l'apertura nel 1896 della strada carrozzabile che ormai da Lanzo raggiungeva Usseglio, ebbe inizio anche l'edificazione di ville signorili e grandi alberghi in stile Liberty. Si racconta, che anche membri della famiglia reale, abbiano trascorso periodi di svago, e caccia, nella valle e ciò aiutò Usseglio a diventare una meta di villeggiatura per le famiglie agiate torinesi.
Appena fuori dall'Albergo vi è la diruta Cappella di San Fedele da Sigmarinen che si affaccia direttamente su via Roma, la via principale del comune che lo attraversa per tutta la sua lunghezza. La cappella, di modeste dimensioni, oggi mi si presenta parzialmente crollata, nello specifico il tetto ha ricoperto con i suoi detriti l'intera aula dell'edificio. La Cappella ha pianta rettangolare e presenta un piccolo portico antistante l'ingresso. La facciata presenta un portone affiancato da due finestre quadrangolari. La facciata e tutte le superfici interne ed esterne erano intonacate. La piccola cella campanaria si erge da uno spiovente del prospetto laterale.
La sua costruzione risale all'anno 1739, ed è legata all'avvocato Franco Cibrario Ignazio, figlio di Giacomo, podestà di Usseglio, che uccise in duello un suo nemico e poi pentito entrò come frate nel convento dei Cappuccini di Lanzo, come Padre Fra Anselmo da Samo, ed in seguito andò nel convento dei Cappuccini di Torino dove vi morì nel 1783. La cappella lasciata in eredità all'abate Giovanni Pietro Costa insieme ad una cospicua dote, fu completata e dotata di un quadro rappresentante l'Immacolata Concezione e i Santi Fedele e Giuseppe da Leonessa, come in effetti era intitolata la cappella. Ovviamente la tela non è più presente e mi auguro in un tempestivo recupero di questo piccolo edificio, anche per il suo valore storico.
Mi raccontavano i titolari dell'albergo che nel 1966 la loro famiglia si era già fatto carico dell'intero restauro della cappella. Lungo il torrente Stura di Viù vi sono gli impianti sportivi, dalla pista di sci di fondo alla pista di pattinaggio su ghiaccio. Raggiungo così, in auto, la borgata di Cortevizio, che è attraversata dalla strada provinciale ma con il nucleo più antico posto più ridosso delle belle montagne che coronano l'intera valle.
Lasciata l'auto faccio qualche passo fino a raggiungere la cappella Sant'Antonio da Padova. L'edificio ha pianta rettangolare ad aula unica ed preceduta da un portico a due campate sorretto da quattro pilastri a sezione quadrata. La facciata ha fronte a capanna e copertura in lose ed è intonacata di bianco. Il portone d'ingresso posto sotto il portico è affiancato da due finestre rettangolari. Un moderno affresco con dipinta l'iconografia dello Spirito Santo; una Colomba tra i raggi di sole con angeli è collocato e sopra la porta d'accesso. Il campanile in pietra e base quadrata è separato dalla cappella da una piccola stradina. La chiesa è sicuramente antecedente al XVIII secolo anche se più volte rimodernato.
Cortevizio è forse la più antica frazione di Usseglio. Infatti le sue case sono assai vecchie e non più tutte abitate. Raggiungo così un grande edificio con torretta, edificato nella prima metà del XX secolo, voluto dal conte Giovanni Antonio Luigi Cibrario. Costui nacque a Torino nel 1802 ma con famiglia originaria di Usseglio, fu un celebre politico, diplomatico, letterato e storico. Ricopri l'incarico di Ministro degli affari esteri del Regno di Sardegna tra il 1855 e il 1856, Ministro delle finanze nel 1852 e Ministro della pubblica istruzione tra il 1852 e il 1855. Pubblicò numerosi scritti sulla storia sabauda e delle sue amate valli. Fu insignito del titolo di conte nel 1861. Sulla via del ritorno all'auto mi accorgo che per tutto il mio tempo di permanenza a Cortevizio sono stato seguito dallo sguardo attento di due bei gatti pasciuti.
Raccolgo un'altra leggenda che vede come scenario una grande rupe posta dietro Villa Cibrario, chiamata Rocca delle Masche. La leggenda racconta che le masche, ossia le streghe, di Usseglio fossero brutte, vecchie e sempre vestite di nero ma di animo non cattive, sicuramente molto dispettose. Costoro di notte si radunavano e si recavano nella collina torinese a rubare delle galline, che poi cuocevano in grandi pentoloni proprio sulla rocca delle streghe. Dopo averle mangiate e ballato intorno al fuoco, allo scoccare della mezzanotte scandito dal vicino campane della chiesetta, sempre in volo raggiungevano la val d'Arnas dove giocavano a scivolare con le loro pantofoline in velluto lungo la ripida Losa d'Alais.
Verso l'alba si ritiravano al Piss Midai, una profonda pozza lungo il torrente Stura posto appena dopo la borgata di Margone. Si divertivano altresì a fare dispetti ai malgari rovesciando i secchi colmi di latte, nascondendo gli attrezzi da lavoro, deviando i il corso dei ruscelli. Ciò accadde fintanto che un giovane e arguto malgaro penso di mettere una pietra bianca sul comignolo della muanda dell'alpeggio per spaventare le streghe con il chiarore della pietra; e così pare accadde.
Lascio Cortevizio e raggiungo il parcheggio posto tra l'edificio municipale e la chiesa nuova. Dapprima mi reco nel giardino posto davanti al bel edificio municipale che sulla sua facciata fa bella mostra di se lo stemma comunale. Il toponimo di Usseglio sembra derivare dal celtico Uxeilos o Uxellos che significherebbe posto in alto, ed è attestato come Uxeillo già nel 1224. Nel giardino è posta il bel monumento della Fonte del latte, dono della scultrice Maria Primolan e di Gregorio Balestra. Il monumento è un omaggio ai malgari della valle. La chiesa nuova invece è un grande e grigio edificio intitolato all'Assunzione di Maria Vergine.
La necessità di costruire una nuova chiesa nacque dal fatto che l'antica parrocchiale, non fosse più adatta al suo compito anche per l'aumento progressivo della popolazione. Fu scelto un ampio sito, spazioso e libero in ogni sua parte, lontano da corso del torrente Stura per evitare le sue rovinose alluvioni, ma anche un sito protetto da eventuali frane e slavine. Il primo progetto si ha tra il 1904-1907 ma non fu realizzato in quanto troppo costoso per le risorse della parrocchia. Con un secondo progetto del 1908 dell'Ing. Mottura s'avviarono i lavori nel 1911 che terminarono solo nel 1971 dopo aver cambiato ripetutamente progetto e progettista. Nonostante solo nella Pasqua del 1963 la chiesa iniziò ad essere officiata, la sua benedizione avvenne nel 1959, benché ancora mancante di pavimentazione. L'edificio realizzato in stile neobarocco è pianta a croce greca, con corpo centrale a base ottagonale. Bei prati verdi circondano il grigio edificio con le sue bianche finiture, mentre un viale di cipressi conduce all'accesso.
Poco distante vi è invece l'antico complesso monumentale e nell'antistante parcheggio si erge il monumento ai caduti. Questo monumento realizzato nella dura e scura pietra locale, sormontato da un'aquila in bronzo, è dedicato ai soldati ussigliesi morti nella prima guerra mondiale. Mentre l'antico Complesso parrocchiale è il vero simbolo del paese. Questo fu edificato tra l'XI/XII secolo e il XVIII ed è un insieme di edifici religiosi e civili, ossia la vecchia chiesa parrocchiale, il campanile romanico, la cappella della Confraternita, l'abitazione del Parroco, l'Ala del mercato, il municipio e la scuola. Tutti collocati intorno ad una corte centrale che un tempo era il cimitero del paese.
Al complesso si accede attraverso un'Ala porticata che fu sede del mercato ed è datata 1768. La vecchia parrocchiale dell'Assunta che vi si affaccia è di origine romanica, poi modificata a nella prima metà del XVII secolo, quando la facciata attuale prese il posto dell'antica abside. La chiesa vecchia intitolata a Maria Vergine Assunta, ha pianta a base rettangolare con tre navate. La facciata principale ha fronte a capanna. Il portone di ingresso è in legno a doppio battente, contornato da un portale in muratura intonacata, culminante con timpano triangolare. Nella parte superiore è collocata ampia finestra semicircolare. Sulla sinistra, in asse con la navata laterale, è collocata una seconda porta di ingresso. La copertura del tetto della chiesa è a falde ed il manto è di lose.
Anche il campanile, che affianca sulla facciata l'edificio religioso è romanico forse di fine XIII, identificabile dalla sua base in muratura di pietra che si eleva per cinque livelli su base quadrata. Invece la vecchia sacrestia che fu anch'esso oggetto di recupero funzionale oggi è sede di mostre, di convegni e di concerti. Il Complesso monumentale conserva inoltre la cappella-oratorio della Confraternita del Santissimo Nome di Gesù e di San Giuseppe che fu anche cappella cimiteriale già esistente nel XVI secolo. L'edificio presenta un prospetto in continuità con altri edifici. La cappella si presenta pianta rettangolare con una facciata intonacata di bianco. Il portale, posto in posizione centrale ed è composto da paraste che reggono una trabeazione su cui si imposta un timpano semicircolare.
Il portone di ingresso è in legno intagliato. Il portale è affiancato da due finestre rettangolari. Nella parte alta, in asse con il portale, è presente una finestra trilobata mentre sopra le due finestre sono presenti delle meridiane dipinte. Il campanile, a vela, si trova al filo con la facciata e presenta una pianta rettangolare. Anche la Cappella del Santissimo Nome di Gesù e di San Giuseppe restaurata nel 2018 è attualmente parte integrante di un'area museale. Mentre l'edificio che ospito dal 1786 al 1958 il Municipio oggi è la sede principale del Museo Civico Alpino "Arnaldo Tazzetti", con collezioni di archeologia rupestre e mineraria, storico-artistiche e floro-faunistiche oltre ad oggetti che illustrano la cultura e le tradizioni locali. Il museo ospita altresì le due Are votive ritrovate in zona; quella rinvenuta nel 1850, che era stata collocata davanti alla Cappella di San Vito, nella frazione Piazzette, mentre l'altra è dedicata a Ercole e porta inciso il nome di Marco Vibio Marcello. Questa Ara venne inizialmente murata sulla facciata della vecchia chiesa parrocchiale.
Il primo piano dell'ex edificio municipale ospitò altresì le scuole elementari maschile. Il Museo civico alpino è dedicato a Arnaldo Tazzetti che fu un imprenditore torinese, promotore del primo comitato per il recupero dell'antico complesso parrocchiale. Sul muretto interno che cinge il complesso monumentale, vi è una targa metallica con una cornice realizzata sempre in ferro e rappresentante una catena spezzata da due mani. La targa porta incisa il nome del partigiano Fiorentino Peirolo detto «Bruno», che nacque a Bussoleno nel dicembre del 1918, poi caduto per mano fascista il 10 novembre 1943 a cui fu conferita la medaglia di bronzo al valor militare. Il Peirolo si trovava ad Usseglio in missione esplorativa. Costui, prima del'8 settembre, aveva combattuto come artigliere nel 1° Reggimento con il grado di Sergente Maggiore.
In auto raggiungo la borgata di Villaretto. Sono diverse le cose che vorrei poter ammirare in questa borgata, pertanto lasciata l'auto m'avvio tra le sue strette stradine, incorniciate da belle e antiche case. Dapprima vado a vedere la seicentesca Cappella dei Santi Pietro e Paolo. L'edificio è di modeste dimensioni, con pianta rettangolare ad aula unica. Il tetto è a due falde, con manto di copertura in lose. La sua facciata è con fronte a capanna e l'accesso è consentito attraverso due gradini per accedere al portone; quest'ultimo è affiancato da due finestre rettangolari. Al centro della facciata è presente un'oculo circolare sormontato da una croce affrescata sul cui culmine vi è un Gallo. Animale questo posto anche sulla banderuola ferrea posta sul culmine del tetto. È un evidente richiamo a san Pietro. Il campanile si eleva dalla copertura ed ha base quadrata. L'intero edificio è intonacato.
Scambio due parole con un anziana signora, che incontro sul piccolo sagrato della chiesa intenta a sistemare dei fiori, mi racconta che nell'interno della cappella sono conservati alcuni quadri ex-voto. Dopo aver ammirato la Cappella dei Santi Pietro e Paolo raggiungo il Mulino Voulpòt, dal nome della famiglia che ne era proprietaria. Questa significativa testimonianza delle tradizioni agricole ussegliesi esiste almeno dal XVII secolo ed è visitabile. Un canale porta l'acqua al mulino che ne fa girare i meccanismi per la macinatura. Un tempo vi si macinava la segala che era coltivata in zona, mentre granturco che vi era macinato arrivava dalla pianura. Nella borgata vi è un'altra settecentesca chiesetta, posta lungo la strada provinciale 32 intitolata a Santa Maria. Questa semplice chiesetta con portico anteriore, aula unica e interno a pianta rettangolare fu edificata quale ex voto dal pastore Ferro Braie Simone.
Questo pastore ussigliese fu salvato insieme alla sua famiglia mentre su un traghetto a filo attraversava il fiume Po con il suo gregge, quando la violenza delle acque strappo la fune e tutti caddero in acqua. Rivoltosi alla Madonna per la salvezza sua e della famiglia comparvero due robusti soldati che li trassero in salvo. Tornato a Usseglio edifico un pilone votivo con un quadro che ritraeva il miracoloso salvataggio, ove ora vi è la cappella che invece fu edificata alcuni anni dopo quando fu nuovamente salvato dopo un nuovo evento miracoloso.
Subito l'abitato di Villaretto mi ritrovo difronte all'ex caserma Rocciamelone. Queste Casermette furono edificate a fine degli anni ‘30 del XX secolo ed ora attendono ad assolvere un altra funzione. Subito dopo vi è l'albergo della Furnasa con il vicino monumento al cacciatore di montagna realizzato in bronzo. Poco prima dell'albergo vi è una strada che conduce al Lago dietro la Torre nel Vallone d'Arnas. Non è mia intenzione raggiungere il lago in quanto la strada è stretta e sta calando il sole; cercherò solo di raggiungere la località castello e se riesco ad avere autorizzazione a proseguire su una strada privata, raggiungere la chiesetta di Sant'Anna. Raggiungo così la borgata castello, costruita tutta in pietra e con tutte le case ben restaurate.
Ottenuto il permesso raggiungo così la cappella di Sant'Anna che è collocata lungo la strada di servizio costruita dall'Enel negli anni '30 del Novecento per raggiungere la centrale elettrica del Lago dietro la Torre nel Vallone d'Arnas. La costruzione della cappella dovrebbe risalire tra il XVII e il XVIII secolo. La facciata è preceduta da portico ed è di modeste dimensioni. Presenta una pianta rettangolare ad aula unica, con tetto a capanna con manto in lose. In facciata la porta di ingresso è affiancata da due finestre rettangolari con al centro del prospetto un oculo. Presenta un campaniletto a vela che si eleva dal colmo del tetto.
Riscendo sulla strada provinciale 32, ormai si sta facendo buio, mi reco pertanto fino alla frazione Crot prima di tornare in albergo. In questa località, vi è un grande e lungo caseggiato che era un tempo adibito alla lavorazione del cobalto. I giacimenti di questo minerale, raccolto dai giacimenti nel vallone del Veil e del Monte Bessanet, furono sfruttati tra il 1753 e il 1848. Il cobalto era impiegato come colorante della maiolica. Il borgo di Crot è realizzato totalmente in pietra con tetti in losa e subito dopo vi è la centrale idroelettrica che raccoglie le acque del lago di Malciaussia. Rientrato in albergo, dopo essermi riposato scendo al ristorante e mentre attendo la cena, chiacchiero con alcuni anziani residenti a cui si uniscono anche qualche giovane.
Scopro molte cose su Usseglio, ad esempio se avessi proseguito la strada dopo la cappella di sant'Anna nel Vallone d'Arnàs, avrei trovato in località Pian Sulè, in una zona alquanto isolata in prossimità del Rivo Arnasso e di alcune baite, le "muande", utilizzate dai malgari e dal loro bestiame nel periodo estivo ed una Cappella. Si tratterebbe di un edificio di modeste dimensioni che si presenta oggi allo stato di rudere a seguito del crollo della copertura. La Cappella di Santa Cristina dovrebbe essere stata edificata tra il 1600 e il 1700. Inoltre nel 1916 nel Vallone d'Arnàs fu girato una parte del film Maciste alpino, un colossal del cinema muto prodotto dalla Itala Film di Torino con la regia di Luigi Maggi e Luigi Romano Borgnetto e la supervisione di Giovanni Patrone.
Il film fu considerato dalla critica il miglior film di propaganda prodotto durante la prima guerra mondiale. Mentre tra il 1953 e il 1954 il regista Ermanno Olmi vi girò alcune scene del cortometraggio La mia Valle che vide tra le comparse molti abitanti di Usseglio. Poi le narrazioni si portano sui tanti laghi, sia naturali che artificiali che è costellato il territorio. Il più grande è quello di Malciaussia, risultato della costruzione, fra le due guerre, di una diga, che alimenta la centrale idroelettrica di Usseglio-Crot; sulle montagne ci sono anche il lago della Rossa, uno dei più alti d'Italia (oltre i 2600 metri), e quello della Torre; a sud, il piccolo lago Nero. Poi ancora descrizioni del massiccio del Monte Lera, la piramide del Rocciamelone, la Croce Rossa che sovrasta il lago della Rossa; la Torre d'Ovarda, La Corna, ricca di miniere di cobalto, ferro e rame.
Usseglio è solcata dal torrente Stura di viù, un tempo denominato Chiara per la limpidezza delle sue acque, ma anche da tanti torrentelli che sono suoi emissari come il rio Arnas e il rio Venaus; quest'ultimo è generalmente asciutto, salvo in primavera, quando si sciolgono le nevi d'alta quota. Il lago della Rossa a 2701 metri s.l.m, sovrastato dal monte Croce Rossa (3566 m), in origine era naturale e di dimensioni ridotte ma tra la fine degli anni Venti e l'inizio degli anni Trenta del XX secolo sono state ampliate le sue dimensioni a seguito della costruzione della diga con una capacità di invaso pari a circa 8,3 milioni di metri cubi di acqua. Scopro cosi che sulle sue sponde vi sono la cappella e il bivacco dedicati a San Camillo de Lellis e che la sua festa il primo sabato d'agosto richiama moltissimi fedeli e turisti. Per la costruzione della diga fu necessario costruire una ferrovia Decauville a scartamento ridotto tra Usseglio e il lago Dietro la Torre a quota 2366 metri.
La mattina, dopo aver salutato gli albergatori ed una salutare colazione, assunto alcune informazioni su quello che voglio vedere oggi, mi avvio verso Margone. Subito dopo la borgata Crot, trovo sulla mia destra, come incollata sulla montagna la borgata Quagliera. In alto, tra verdi prati, svetta biancheggiante la sua chiesetta intitolata alla Madonna della Consolata, edificata a metà XIX secolo. Questa borgata in cui gli abitanti sono veramente pochi è posta a 1385 metri slm, vi è nato il pittore Cesare Ferro Milone nel 1880 e poi scomparso a Torino nel 1934. Costui fu direttore per alcuni anni dell'Accademia Albertina di Torino, non dipinse solo paesaggi di Usseglio e personaggi locali durante i suoi soggiorni estivi ma fu anche richiesto ritrattista dell'alta borghesia torinese. Inoltre per ben due volte fu chiamato a Bangkok in Tailandia dal re Rama V per affrescare le ville reali.
Raggiungo quindi Margone, una grande borgata di antiche e nuove casa in pietra. Prima di parcheggiare, noto subito un antico manifesto, incorniciato e affisso su una casa raffigurante uno sciatore e indicante lo skilift di Margone. Vicino al parcheggio vi è un piccolo monumento ai decorati al valor militare del Comune di Usseglio. Mentre in un piccolo giardino vi è un monumento in bronzo dedicato ai fratelli Domenico e Giuseppe Girivetto che furono famosi falegnami, intagliatori, scalpellini, ma anche muratori e panettieri. Furono coloro che con lungimiranza costruirono, tra le frazioni Quagliera e Margone, uno skilift che diede l'avvio al turismo invernale. Il monumento rappresenta i due fratelli che si tengono per mano. La chiesa di Margone, intitolata a San Giovanni Battista, è collocata nel centro abitato della frazione di Margone, poco distante dalla piazza principale.
L'edificio e stato realizzato in pietra nel XVII secolo. La facciata è in pietra a vista e presenta fronte a capanna. Sopra al portone è presente una finestra ad arco. La chiesa fu ampliata ripetutamente e si notano anche recenti restauri. La Cappella ha navata unica e pianta rettangolare, con transetto e abside semicircolare. Imponente e massiccio il campanile, realizzato interamente in pietra, è addossato alla facciata. Da Margone proseguo lungo la strada provinciale 32, tratto di strada chiusa d'inverno, che conduce fino al lago di Malciaussia. Alcuni residenti mi hanno avvisato che la strada, dopo la frazione Margone, diviene particolarmente tortuosa con molti strapiombi. Lungo la strada dovrebbe trovarsi su una rupe, raggiungibile solo attraverso un sentiero, la cappella della Madonnina della Pace. Questa si trova si di uno spuntone roccioso, a 1618 metri s.l.m., denominato il Roc Lisa, non la raggiungo perché ci andrebbe circa mezz'ora di cammino lungo uno scosceso sentiero.
Nell'area antistante è collocata su di una roccia la statua della Vergine, inaugurata nel 1918 ad invocazione della Pace per la fine della Grande Guerra Mondiale. La sua storia ci racconta che nel 1917, durante la prima guerra Mondiale, Don Giuseppe Giacosa, cappellano estivo di Margone, e Missionario della Consolata, supplicò la Madonna affinché si arrivasse alla pace e promise che, a grazia ottenuta, avrebbe collocato lungo il sentiero che conduce verso la località di Malciaussia, su uno sperone di roccia chiamato "il Roc Lisa", una statua della Vergine. Anticipando i tempi sulla fine del conflitto il 1° settembre del 1918, accompagnato da ragazzi della colonia alpina delle scuole di religione di Torino - Consolata, fu collocata nel luogo prescelto la statua della Madonna ed inaugurata. Divenendo in seguito meta di pellegrinaggi e nel 1958 vi fu edificata la cappella.
Il lago di Malciaussia si trova a 1830 metri s.l.m. ed è un invaso artificiale nato con la costruzione della diga alla fine degli anni Venti del Novecento, in cui fu sommersa la frazione Malciaussia da cui prende il nome. Uno dei pochi residenti di Margone mi riferisce che il toponimo Malciaussia deriverebbe dal dialetto locale patois "mal ciaussia", che vuol dire mal calzati, in riferimento probabilmente alla scarsa qualità delle calzature utilizzate anticamente dagli abitanti locali o dai malgari. Il villaggio sommerso era piccolo e abitato solo nei tre mesi estivi per via della neve e del freddo. Si narra che da quando la vecchia frazione rimase sommersa dalle acque del lago artificiale, a volte si sentano ancora i rintocchi della vecchia chiesetta e questo viene interpretato come segno di sventura.
All'inizio degli anni Trenta del Novecento, la cappella intitolata a San Bernardo Abate, salvatasi dall'allagamento perché posta isolata e più in alto del paese fu restaurata. Questa, oggi, sorge appartata rispetto alle altre costruzioni circostanti, nei pressi della guardiania della diga del lago artificiale. La chiesetta è piccolina ad aula unica, rettangolare, facciata a capanna con un piccolo campanile in muratura che si trova a filo con il prospetto principale, presenta un portone soprelevato rispetto al piano di calpestio esterno, affiancato da due finestre rettangolari. Al centro del prospetto è presente un'apertura quadrilobata. Vorrei potervi entrare per ammirare la ‘Druida di Malciaussia'. Infatti fino a poco tempo fa conservava vicino all'altare un altorilievo in pietra ollare che la tradizione popolare chiamava ‘Druida di Malciaussia', ora trasferito e sostituito da un calco. L'altorilievo, fatto risalire al XIV-XV sec., rappresenta una figura umana in abito sacerdotale, con un'altra figura di minori dimensioni ai suoi piedi.
L'interpretazione popolare vuole che sia la rappresentazione di una "druida", cioè una sacerdotessa celtica, in procinto di sacrificare un bambino. Gli studiosi ritengono che si tratta invece di San Bernardo di Mentone (o Aosta) che tiene legato il demonio. Tra i graffiti presenti sulla pietra si legge la data 1560. Tornando verso Margone mi sovvengono i racconti della serata precedente in cui mi si raccontava dei laghi Falin e la Gorgia del Piss Midai posti nei pressi della frazione. Quest'ultimo è uno strapiombo roccioso con due cascate, ricco di leggende che narrano di apparizioni di streghe e fantasmi. Altro edificio degno di nota di Margone e posto lungo la strada provinciale è la villa dell'imprenditore Luigi Cibrario. Edificio che durante la seconda guerra mondiale, fu utilizzato come ospedale partigiano in cui venivano condotti i feriti gravi da tutte le Valli di Lanzo, soprattutto dopo la battaglia di Lanzo del 26 giugno 1944. Nella Villa furono collocati 60 posti letto, una sala operatoria e una stanza d'isolamento.
Lasciato Margone prendo la stretta strada per Perinera e poco dopo mi fermo sul ciglio della strada per andare a vedere il suo antico mulino. In tutte le frazioni di Usseglio c'erano uno o più mulini di proprietà della comunità. Questo mulino è un piccolo edificio a forma quadrata con muri a pietra a secco e il tetto a lose. La sua costruzione è antecedente al 1782 in quanto è una data scolpita su una pietra. L'acqua per far funzionare il mulino ha origine dal torrente Stura. Raggiungo cosi Perinera in cui gli abitanti, come ho scoperto dagli anziani ieri sera, sono soprannominati malmeùrou, che significa malmaturati, perché la frazione è relativamente poco soleggiata.
Benché prima strada che sostituì la mulattiera fu costruita a Perinera nel primo decennio Novecento, solo nel 1956 permise il traffico veicolare di raggiungere il paese. L'origine del nome della frazione trova diverse ipotesi, alcuni ritengono che derivi dal nome delle prime famiglie che vi andarono ad abitare che si chiamavano tutte Perino di cognome; una seconda sostiene che il nome derivi dal fatto che tutti gli abitanti fossero abili lavoratori della pietra; altra interpretazione vorrebbe che il borgo sia stato costruito con le pietre scure del posto, e quindi Peri-nera significherebbe "Pietra nera"; ancora un altra ipotesi vuole che il nome derivi dal fatto che le prime famiglie provenissero dai Pirenei, direi quest'ultima assai fantasiosa.
Raggiunto il borgo posto a 1398 metri di altitudine,mi aggiro tra le strette stradine, le abitazioni in pietra con i balconi in legno. Le finestre delle case sono piccole e ciò era per non disperdere il calore del focolare. Sui tetti trovo le famose pietre bianche della leggenda, utilizzata per allontanare le masche. La cappella locale è ben conservata e risale al XVII secolo. È intitolata a San Michele Arcangelo ed è isolata rispetto alle altre costruzioni. Anche questa cappella è di modeste dimensioni, ad aula unica rettangolare. La sua facciata presenta un fronte a capanna con il portone in posizione centrale affiancato ai lati da due finestre quadrangolari, mentre nella parte soprastante è presente una finestra circolare. Il suo campanile si eleva da uno spiovente laterale.
Un personaggio celebre e nativo della Perinera è il canonico Michelangelo Perino Bert natovi 1900 e morto nel 1982, costui fu parroco del Corpus Domini di Torino ed autore di numerose poesie in piemontese e nel locale patois francoprovenzale. Mi si racconta che all'ingresso del borgo di Perinesa c'è la casa degli sposi, adibita alla prima notte di nozze dei novelli coniugi che ovviamente non potevano permettersi un viaggio di nozze, ma non sono stato capace a riconoscere l'edificio. Riprendo così l'auto per andare a visitare il borgo disabitato di Andriera.
Questa borgata è un agglomerato di antiche case in pietra, difficile immaginare la dura vita che vi conducevano, soprattutto d'inverno dove a 1568 metri s.l.m. doveva fare ben freddo. Non a caso la cappella locale che si trova isolata tra le altre case è dedicata alla Madonna della Neve, edificata tra il 1600 e il 1700. L'edificio ha pianta rettangolare ad aula unica. La facciata è preceduta da un portico sorretto da pilastri a base quadrata, in muratura intonacata. La cappella è in pietra ed intonacata sulla facciata con un campaniletto che si eleva dalla copertura. Sotto il porticato, la porta di ingresso è affiancata da finestre rettangolari corredate da grate in ferro. Al di sopra dell'ingresso è collocata finestra quadrilobata e sopra di essa è collocato un dipinto raffigurante la Madonna della Neve, assisa tra le nuvole e circondata da angeli. M'aggiro tra le case, molte con il cartello vendesi affisso.
Il fruscio degli alberi per un leggero venticello è l'unico rumore che odo. Il fitto bosco che circonda la borgata è composto perlopiù da latifoglie come castagni, faggete, ontani, carpini ecc… Proseguo per la frazione Pian Benot, dove trovo un albergo, ristorante e la sciovia. Il paesaggio è tipicamente alpino come lo sono le sue case in pietra e legno, tutte ben conservate. Infatti Pian Benot è stata una nota località sciistica che richiamava una moltitudine di appassionati di montagna e soprattutto di sci. Entrando nel bar/ristorante per pranzare, mi faccio raccontare dalla gentile signora che lo gestisce di come era allora la località sciistica. I suoi racconti sono pieni di nostalgia nel raccontare la vitalità della borgata con molti appassionati sciatori in inverno, provenienti soprattutto dal torinese e di escursionisti in primavera-estate. Un bel gattone tigrato tenta di entrare nel locale ma è ostacolato da un biondo cagnolone che destato dal fare furtivo del gatto gli si pone davanti. Si nota che tra due c'è la complicità del gioco.
Affacciandomi all'esterno non posso che rimanere estasiato dal panorama delle montagne che circondano questo altipiano. Passeggio tra le case della vicina borgata, ben curata ed è sicuramente abitata da numerose famiglie, almeno nel periodo di alta stagione. Al centro della borgata Benot vi è la cappella intitolata a San Lorenzo, già presente nel 1769. L'edificio ha struttura indipendente rispetto alle altre costruzioni circostanti ed è preceduta da un portico. La facciata presenta fronte a capanna con un piccolo ma alto campanile è in pietra che si eleva dallo spiovente della copertura. Lascio Pian Benot per tornare verso casa, sono tanti i pensieri e le suggestioni che mi colgono man mano che scendo. Sono tutti positivi e di grande soddisfazione per aver avuto modo di scoprire un angolo di questo Piemonte.
Passando vicino al cimitero di Usseglio mi sovviene un racconto che avevo ascoltato e che narrava l'antica tradizione di Usseglio, che dopo aver recitato il rosario per un defunto, i parenti si radunavano nella sua abitazione per cenare insieme. Ma era anche uso offrire dopo la sepoltura, pane e cacio. L'unica cosa che rimpiango è quella di non aver raggiunto la località Barmasse dove vi è la scultura lignea in frassino dedicata al malgaro Luisin ossia Ferro Milon con il suo fido cane pastore.
Ormai la strada verso casa è avviata e il rientro è un viaggio tranquillo.