Questa città è nota per essere il luogo di nascita di Giacomo Leopardi, uno dei più grandi poeti Italiani, ma anche per aver dato i natali al grande tenore Beniamino Gigli. É mia intenzione passeggiare per le strade del centro storico, percorse da Leopardi e da Gigli fanciulli, ammirando i palazzi antichi e le piazze caratteristiche, immergendomi nella cultura e nella storia di questa affascinante e ricca cittadina.
Recanati sorge distesa sulla cresta di un colle, tra le valli dei fiumi Potenza e Musone. Come altri centri marchigiani, anche Recanati è la tipica "città balcone" per l'ampio panorama che vi si scorge dalla sua fortunata posizione. La sua storia antica è assai misteriosa, si crede che gli abitanti delle vallate sottostanti abbiano cercato rifugio in cima al colle con le l'invasione dei Goti intorno al 406 d.C., che misero a ferro e a fuoco la zona.
Il nome Recanati, in latino Recinetum e Ricinetum, indica anch'esso la derivazione della città da Helvia Recina detta anche Ricina, da dove provennero gli abitanti dopo l'invasione dei Goti. Dopo essere stato possesso dei Longobardi prima e dei Franchi poi che grazie ad una donazione di Pipino passo allo Chiesa. Nel XII secolo, la città diventò un Libero Comune e fu amministrata dai consoli e poi dai Podestà. Quando nel 1228 Federico II di Svevia entro in conflitto con il Papa.
Recanati, in genere fedele al Papato, scelse di stare con Federico II. Ciò permise a Recanati di ottenne dall'imperatore la facoltà di edificare un porto, ossia Porto Recanati, oggi Comune autonomo. Ben presto però i recanatesi tornarono dalla parte del papato e nel 1239, riaccesosi il dissidio fra il Papa e l'Imperatore, Recanati, unico tra i comuni circostanti a essere rimasto fedele al papato, diede ospitalità al Vescovo di Osimo Rinaldo, ai guelfi e ai Legati Pontifici, costretti alla fuga. Nel 1240, papa Gregorio IX elevò a Osimo il titolo di Città e sede vescovile.
La città fu dilaniata fino alla fine del XIII secolo da lotte tra guelfi e ghibellini. Sollevatasi contro i papi nel 1320 durante l'esilio di Avignone fu poi punita dalle milizie pontificie e privata della diocesi. La Sede Vescovile fu restituita solo nel 1354 grazie al cardinale Albornoz. Nel 1415 Papa Gregorio XII lascia il pontificato per consentire la conclusione dello scisma d'Occidente e sceglie di vivere a Recanati e nel 1417 vi morì. Fu sepolto nella cattedrale recanatese di San Flaviano, in cui riposano tuttora le sue ceneri. Fu l'ultimo papa a non essere sepolto a Roma. Per secoli Recanati ebbe un ruolo di rilievo negli scambi commerciali dell'Adriatico.
Per tutto il XVIII secolo Recanati dovette sopportare vessazioni per fornire foraggi e vettovaglie ai diversi eserciti, dagli austriaci, agli spagnoli e poi ai francesi fino alla firma del Trattato di Aquisgrana nel 1748. Successivamente la città subì l'occupazione francese da parte delle truppe napoleoniche nel 1798. I moti risorgimentali del 1831 costarono la vita al recanatese patriota della libertà Vito Fedeli, chiuso in un carcere pontificio. Nel 1893 dal territorio comunale di Recanati venne scorporato un tratto di litorale per costituire il nuovo comune di Porto Recanati.
Parcheggiato lungo viale colle dell'infinito, non posso che subito cominciare la mia visita da un percorso leopardiano. Il lungo viale mi conduce sul Monte Tabor. Dalla sommità del Monte Tabor mi godo un panorama vastissimo che fu l'ispirazione dell'omonimo idillio composto da Leopardi a 21 anni. Infatti questo colle era meta delle passeggiate di Giacomo che vi accedeva direttamente dal giardino di casa, passando attraverso l'orto del convento di Santo Stefano, oggi sede del Centro Mondiale della Poesia e della Cultura G. Leopardi.
«Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante,
Questo idillio, composto in endecasillabi sciolti fu odio e amore per tanti studenti italiani, Lo sguardo vaga tra le città e borgate sparse in gran numero nell'ampia pianura sottostante ma anche tra valli e colline. Una stradina tra il verde conduce lungo il muro di cinta di Casa Leopardi; in una casetta di fronte al giardino, d'inverno abitava Nerina, figura centrale e nome poetico delle Ricordanze. Queste furono composte a Recanati nel 1829 e sviluppano un tema caro a Leopardi, quello del confronto tra passato e presente, paragonando malinconicamente le illusioni della giovinezza
O Nerina! e di te forse non odo
Questi luoghi parlar? Caduta forse
Dal mio pensier sei tu? Dove sei gita,
Che qui sola di te la ricordanza
Trovo, dolcezza mia? Piú non ti vede
Nerina è la donna cantata da Giacomo Leopardi nella lirica fu una figura ispirata da Maria Belardinelli, morta all'età di ventisette anni.
Accedo alla cittadina attraversando Porta Nuova e da subito mi trovo in piazzale Monaldo Leopardi. Costui, padre di Giacomo, nacque a Recanati il 16 agosto 1776, rimase orfano in giovane età e dovette ben presto farsi carico dell'amministrazione del patrimonio di famiglia. Fu sempre impegnato nella vita politica e amministrativa di Recanati, ricoprendo anche cariche importanti anche in periodi difficili per la città. Fu un personaggio di spicco e assai conosciuto anche oltre i confini della patria per i suoi numerosi scritti, e per la pubblicazione di una rivista storico-politica-letteraria chiamata "La Voce della Ragione".
Dopo un primo progetto di nozze andato a monte, sposò nel 1797 la marchesa Adelaide Antici, sua lontana parente. Fu un matrimonio d'amore, osteggiato dalla famiglia di Monaldo per antiche dispute tra famiglie e per questioni economiche. Il patrimonio di famiglia di Monaldo non era florido a causa dei debiti del prozio che il conte non riusciva a ripianare. Frutto di questo matrimonio furono i numerosi figli ma raggiunsero l'età adulta solo Giacomo (1798-1837), Carlo (1799-1878), Paolina (1800-1869), Luigi (1804-1828) e Pierfrancesco (1813-1851).
Dal 1816 al 1819 e dal 1823 al 1826 fu gonfaloniere di Recanati, la massima carica amministrativa, e si occupò della costruzione di strade e di ospedali, dell'illuminazione notturna, del sostegno ai meno abbienti, della riduzione delle tasse, del rilancio degli studi pubblici e delle attività teatrali. Monaldo Leopardi fu politicamente un reazionario, un conservatore, da sempre fedele al Papa anche durante l'occupazione francese. Tanto che per i suoi ideali religiosi e morali, rifiutò incarichi pubblici durante la Repubblica Romana. I rapporti con il figlio Giacomo….
La strada ha un il selciato in pietra e le case che la costeggiano sono antiche e graziose, tutte in mattoni a vista, poco prima del palazzo della famiglia Leopardi si prospetta la facciata della chiesetta intitolata a San Pietrino che appartenne alla Confraternita degli Orti. La facciata presenta un tetto a capanna, con lesene angolari e una grande ed unica porta centrale. Sopra il portale vi è una finestra ovale incorniciata da eleganti volute poggianti su un marcapiano. Belle anche i denti di sega in laterizio posta sotto il cornicione del tetto.
Attualmente è sede dell'ufficio accoglienza turistica. Costeggiato il fianco sinistro della chiesa di Santa Maria in Montemorello che si prospetta sulla piazzetta del Sabato del Villaggio. Su questa piazza, tra le più famose d'Italia hanno trovato scenario le più belle poesie di Giacomo Leopardi che si sono intrecciate con i suoi febbrile sentimenti amorosi. Palazzo Leopardi che vi si prospetta presenta una elegante facciata con i balconi in ferro battuti. L'edificio è l'unione di due palazzi esistenti, riuniti nel XVII secolo dall'architetto e canonico Carlo Orazio Leopardi, prozio del poeta. Il palazzo è di proprietà e vi vivono ancora i discendenti del poeta.
In questa casa il 29 giugno 1789 nacque dal conte dal conte Monaldo Leopardi e da Adelaide Antici l'insigne poeta Giacomo Taldegardo, Luigi, Francesco, Salesio, Saverio Pietro. Mi soffermo qualche minuto ad immaginare il piccolo Giacomo uscire dal portone per recarsi a messa nella vicina chiesa, ma anche l'immagino alla finestra del primo piano, già adolescente, impegnato nei suoi studi nella ricca biblioteca di famiglia. La storia di Giacomo adolescente, lo vede sofferente, in una casa con una madre energica, legata al rigide convenzioni sociali e religiose ed ad un padre di animo buono e amante degli studi, ma estremamente conservatore e d'idee reazionarie.
Per la gioia di quest'ultimo Giacomo si rifugia negli studi accompagnato inizialmente da due precettori ecclesiastici, il gesuita don Giuseppe Torres fino al 1808 e l'abate don Sebastiano Sanchini fino al 1812, che influirono sulla sua prima formazione con metodi improntati alla scuola gesuitica. Conclusa la formazione con quest'ultimo precettore, Giacomo si immerse totalmente in uno studio "matto e disperatissimo" della durata di sette anni, come egli stesso ebbe modo di affermare, ciò assorbì molte energie recandogli altresì gravi danni alla sua salute.
In questi anni apprese il greco e l'ebraico e compose opere di grande impegno ed erudizione come la "Batracomiomachia", la "Titanomachia" di Esiodo e molte altre. Sempre in questa casa nel luglio del 1817 Giacomo iniziò a compilare lo Zibaldone, il suo diario sul quale registrerà fino al 1832 le sue riflessioni, le note filologiche e molto altro. Da questa finestra Giacomo scrisse la celebre poesia "Il sabato del villaggio" composto nel settembre del 1829,
La donzelletta vien dalla campagna,
In sul calar del sole,
Col suo fascio dell'erba; e reca in mano
Un mazzolin di rose e di viole,
Onde, siccome suole,
Ornare ella si appresta
Dimani, al dì di festa, il petto e il crine.
Siede con le vicine
Su la scala a filar la vecchierella,
I fanciulli gridando
Su la piazzuola in frotta,
E qua e là saltando,
Fanno un lieto romore
Sempre da questa finestra Giacomo guardava la casa di fronte dove Teresa Fattorini, figlia del cocchiere di casa Leopardi. Chissà se Giacomo fosse veramente innamorato di Teresa, ma piace pensare che sia così. Teresa nella sua poesia la chiama Silvia oggetto di tutti i sogni giovanili infranti da una morte prematura di tisi polmonare nel 1818.
Silvia, rimembri ancora
Quel tempo della tua vita mortale,
Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?
Accedo nella chiesa di Santa Maria in Montemorello, dove fu battezzato Giacomo Leopardi il 30 giugno 1798. La chiesa fu costruita nella seconda metà del XVI secolo sopra un'antica chiesa. Da sempre questa chiesa è legata alla famiglia Leopardi. La chiesa ha un bel sagrato in laterizio come l'intera chiesa. La facciata con tetto a capanna è tripartita da lesene suddivisa in due ordini, presenta una porta centrale con un portale con un frontone triangolare e due finestre tamponate ad arco tutto sesto. Nel secondo ordine vi è una finestra rettangolare e due finestre tamponate quadrate.
Lasciata la chiesa mi avvio lungo via dei cappuccini fino a raggiungere l'omonima chiesa e convento. Chiesa e convento costruiti nel 1616 e dedicati alla Madonna di Loreto fu affidata ai frati cappuccini che hanno sempre avuto rapporti con la famiglia Leopardi; infatti appartiene a essa la prima Cappella laterale destra. La chiesa con facciata a salienti presenta un lungo portico protetto da grate che corre lungo l'intera facciata.
L'edificio è interamente a mattoni a vista. L'interno è a navata unica con cappelle laterali. Molto bello l'altare maggiore, costruito in noce in cui è inserito il seicentesco quadro della Madonna di Loreto. Presenti anche tele settecentesche nelle cappelle laterali raffiguranti Santa Chiara e Santa Margherita da Cortona, nella cappella dei Conti Leopardi è esposto il quadro, la Madonna Consolatrice degli afflitti, loro protettrice.
Mi soffermo ad osservare una tela cinquecentesca dal titolo curioso: La Madonna dell'Insalata, particolare e controversa anche la sua attribuzione. Infatti il dipinto, secondo alcuni critici d'arte, potrebbe essere stato realizzato dal grande Maestro del '500 Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio. Sul piazzale di fronte alla chiesa è eretta una stele in travertino, decorata con ceramiche. Torno sui miei passi fino a piazzale Monaldo Leopardi e proseguo per il centro città, seguendo la cresta del colle su cui si erge Recanati.