Blog di Dante Paolo Ferraris

  • Aumenta dimensione caratteri
  • Dimensione caratteri predefinita
  • Diminuisci dimensione caratteri
Messaggio
  • EU e-Privacy Directive

    This website uses cookies to manage authentication, navigation, and other functions. By using our website, you agree that we can place these types of cookies on your device.

    View e-Privacy Directive Documents

Il mio Piemonte: Bèe

E-mail Stampa PDF
BeeUna mattina primaverile è come un fresco e delicato abbraccio che risveglia la natura ma anche il mio torpore per la levataccia. Il sole sorge pacatamente, tingendo il cielo di tonalità pastello, i suoi raggi filtrano tra le foglie degli alberi ancora cariche di rugiada. Viaggio con il finestrino dell'auto leggermente aperto per assaporare l'aria impregnata di profumi dolci e freschi. Intorno a me il verde intenso dei prati e degli alberi che si sono rivestiti di foglie novelle. L'alba mi permette anche di ascoltare il richiamo gioioso degli uccelli che salutano il nuovo giorno.
Il mio viaggio stamattina è assai lungo e le strade sono animate da persone che si affrettano verso le loro destinazioni. Lasciata l'autostrada mi accoglie poco dopo la vista del lago Maggiore o Verbano; un vero spettacolo per gli occhi. Le placide acque del lago riflettono il cielo azzurro e le nuvole bianche che vi fluttuano leggere sopra, creando un'immagine quasi eterea. Lungo le rive, la vegetazione rigogliosa si risveglia dalla sua dormienza invernale: cespugli fioriti che ondeggiano al vento mattutino, e i fiori già sbocciati hanno colori vivaci.
Sull'acqua, piccole imbarcazioni solcano placidamente il lago, lasciando dietro di sé lievi increspature che si disperdono rapidamente. Anche gli uccelli acquatici si sono già destati con il sorgere del sole, ascolto mentre percorro la mia strada che corre lungo la sponda il loro gracchiare gioioso. Lascio il lago, dopo aver attraversato Pallanza e Intra ed inizio a salire, tornate dopo tornate sui primi colli che fanno da corona al lago.
Raggiungo così i 600 m di quota, dove adagiato fra i boschi alle pendici del Monte Cimolo e del Monte San Salvatore vi sono gli abitati del comune di Bée. Questo è un tipico territorio montano dell'entroterra verbanese che ti permette ampie visioni panoramiche aperte sul lago ma anche tante attività di trekking nei fitti boschi.
L'esistenza di Bée è documentata a partire già dal Xi secolo ed il nome del villaggio è attestato in un documento del 10 dicembre 1175 dove un tal Giovanni di Bée, fu obbligato a giurare la restituzione di alcuni pascoli usurpati alle monache "dell'antico monastero di Santa Maria di Pavia". Altri fanno derivare il suo toponimo al belato delle pecore, tanto che lo stemma comunale riporta una pecora intenta ad abbeverarsi ad una fontana. È stato inoltre ipotizzato, senza supporto documentale che il nome possa derivare da latino beta per barbabietola.
La storia antica di Bèe, benché datata intorno all'anno Mille vede comunque il ritrovamento di alcune ceramiche di un corredo funerario databili al II secolo d.C. Dapprima mi soffermo nella piazza principale del comune per fare una vista alla chiesa Parrocchiale di Santa Croce. Questa Chiesa Parrocchiale risale al XVIII Sec. fu edificata su un primitivo oratorio già esistente nel XVI secolo. L'edificio nella seconda metà del XIX secolo, fu ampliata con la costruzione di due navate laterali e del portico. La chiesa è posto su un rilievo, dove il sagrato in erba fa anche da belvedere sull'abitato di Bèe.
La facciata è assai imponente con il suo ampio portico realizzato con colonne binate. Presenta una finestra a lunetta centrale e una piccola finestrella sotto il culmine del tetto. La facciata pare tripartita da linee poggianti sulle colonne binate, tanto da far sembrare la facciata disegnata a grandi quadrati. Sotto il porticato tre ingressi permettono l'accesso alla chiesa. L'interno è a tre navate ed è interamente affrescato. Belli i due altari dell'Angelo Custode e della Madonna degli Angeli.
Mi soffermo in particolare sul primo per ammirare la delicatezza del dipinto. Invece uscendo cerco il campanile che vedo slanciato e realizzato in pietre squadrate e con un cupolino a cipolla. Non posso non notare quante e belle ville ci sono a Bèe. Accanto alle classiche architetture montane dell'antico borgo, racchiuso attorno alla caratteristica piazzetta Belvedere, sono così state edificate, espandendo il perimetro dell'abitato, Queste grandi ville hanno diversi stili architettonici: si passa al liberty a quelle più classicheggianti.
Queste ville iniziano a sorgere alla fine del XIX secolo, dove da mezzacosta il panorama sul lago è splendida Queste lussuose ville avevano talvolta anche le scuderie, tutte sono circondate da splendidi giardini e anche parchi con piante anche di origine esotica. Sono tante le prestigiose ville, da Villa Barozzi a Dugnani, Frova poi Altieri, Guarneri, Guigoni, Morselli, Castiglioni e Zucchi a villa delle Felci ecc...
Anche il magnate della birra, il tedesco Würer volle edificarvi la sua Villa che pare quasi un castello, quale residenza estiva. Ovviante anche quest'ultima villa ha un grande parco con una colossale sequoia. Sicuramente il richiamo turistico di Bée fu la salubrità del clima la dolcezza del paesaggio. Ai piedi della chiesa parrocchiale vi è un bell'edificio che ospita l'ufficio postale, ove sul retro vi è un enorme e moderno dipinto rappresentante la Madonna dell'Adesso, datato 2018.
Nel piccolo giardino antistante vi sono dei gelsi e la Pro Loco ha collocato un pannello turistico che ricorda come nel XIX secolo la bachicoltura fosse un importante attività a Bèe. Torno in piazza Barozzi, là dove nel grande giardino si affaccia il moderno edificio comunale e le scuole, si erge anche il monumento ai caduti. Mentre dietro al municipio si trova la piccola Cappella del XVIII secolo dedicata alla Madonna con Bambino. Questa Cappella in stile neoclassica fu edificata ad inizio XIX secolo. L'immagine della Madonna con Bambino necessita di un restauro.
Superato il circolo dell'Arci mi inoltro per via Tanzi inoltrandomi per la frazione di Roncaccio. Si tratta di un antica frazione già segnalata in documenti del XIV secolo. La prima cosa che noto è la grande quantità di immagini sacre dipinte nelle varie epoche sui muri delle case. Interessante la quantità della case a corte, intorno alla quale vivevano famiglie imparentate tra loro, avevano in comune il forno e il pozzo, la stalla per il bestiame con il fienile. In ogni singola corte vi era un affresco sacro raffigurante il santo protettore di questa piccola comunità famigliare.
Prima di arrivare alla chiesa trovo un bell'affresco e anche famoso, si tratta del dipinto della Divina Pastora che rappresenta la Madonna impegnata nella pastorizia con il Bambino e con l'arcangelo Michele che dal cielo trafigge un lupo che minaccia per il gregge. Questo affresco datato 1788 della Madonna è anche conosciuta come "Madonna spagnola" in quanto secondo la tradizione, la madonna apparve in sogno al frate cappuccino padre Isidoro di Siviglia.
Roncaccio ha stradine strette, un saliscendi continuo e perlopiù realizzate in pietra, rendendo così il borgo, che pare avere le case addossate l'una alle altre. La sua chiesa intitolata alla Vergine Addolorata e fu costruita a metà XIX secolo. L'interno è ad una navata con due cappelle laterali e conserva una bella tela di Gesù sulla Croce forse settecentesca. La sua facciata è assai semplice con un tetto a capanna, una semplice porta in legno a due battenti, protetta da una piccola tettoia. Una finestra a lunetta e posta in posizione centrale e la facciata è interamente intonacata, quasi assente il sagrato, una panchina in pietra s'appoggia alla facciata. Le pareti laterali come l'abside, sono invece in pietra a spacco a vista.
Al Roncaccio ci sono altre due piccole cappelle a cui la popolazione è molto devota; quello del Sciuvlìno che risale al XIV – XV secolo ed è dedicata alla Madonna delle Grazie che secondo la tradizione arrestò un'epidemia di peste.Lo Sciuvlìno era la gerla che i contadini posavano accanto la cappella per pregare e riposarsi lungo il ritorno dai campi. Vi è conservato un pregevole affresco quattro-cinquecentesco raffigurante la Madonna con Bambino, ma anche un affresco settecentesco raffigurante di San Giuseppe e San Bernardino.
A Roncaccio vi è anche la cappella di Tri Pòp, dai simboli della SS. Trinità raffigurati; attualmente è dedicata alla Madonna di Lourdes ma che non ho potuto vedere. Per raggiungere la frazione di Albagnano devo prendere l'auto perché è posta sulla costa del monte San Salvatore. Il borgo è già citato negli statuti del 1393; il suo nucleo storico ha uno stile architettonico, risalente al tardo Settecento, fatto di archi a volte in pietra.
Trovo facilmente parcheggio e prima di iniziare ad aggirarmi per il borgo, mi godo lo splendido spettacolo della vista sul lago. La luce del mattino, pare essere dorata e carezzare delicatamente la superficie del lago, creando giochi di luce e ombra che danzano armoniosamente sulla sua superficie. Trovo questo un momento di quiete e serenità, in cui mi piacerebbe immergermi completamente per lungo tempo per godere della bellezza della natura e lasciarmi trasportare dalla tranquillità che emana questo luogo. Non a caso Albagnano è stata scelta quale sede di un monastero buddhista-tibetano.
Mi avvio alla scoperta del borgo e subito m'imbatto nella cappelletta dedicata a Santa Rita; è bello aggirarsi tra le antiche case, tutte ben conservate. Una anziana Signora, mentre sposta della legna con la cariola, dopo un cordiale saluto s'intrattiene a parlarmi, raccontandomi un po della via del borgo, molto popolato nei periodi estivi ma anche durante gli eventi del Monastero. Mi accompagna fino alla Chiesa Natività di Maria edificata nel XVI secolo e mi racconta che un tempo era dedicata alla Vergine di Loreto.
Questo piccolo edificio ha fa facciata interamente intonacata, anticipata da un portico sorretto da colonne di pietra. Presenta un unica porta e una finestra ad arco tutto sesto in facciata. Presenta in facciata e sulle volte del porticato delicati affreschi. Il sagrato benché piccolo è grazioso ed è in pietra lavorata.
L'anziana signora mi racconta che nel borgo vi era un forno comunitario per la cottura del pane di segale, oggi ormai abbandonato. Mi indica con il dito alto verso i boschi, un sentiero per raggiungere la Cappella della Madonna Assunta posta alla periferia di Albagnano. Non sa dirmi quando fu edificata ma gli risulta che la sua storia sia legata ad un'epidemia di peste. La cappella in passato era una tappa delle Rogazioni, ossia le processioni contadine per la benedizione dei campi e dei raccolti.
Saluto l'anziana signora che mi ha fatto guida. In auto salgo ulteriormente, riprendendo la strada provinciale, fino a raggiungere la frazione Pian Nava. Vi trovo il recente oratorio della Madonna della Neve, ultimato nel 1928. Questa frazione o villaggio residenziale di Pian Nava fu realizzato tra il 1926 e il 1931 dove un tempo vi era solo un alpeggio con modesti cascinali.
La chiesetta presenta un tetto a capanna ed una facciata elaborata in pietra ed intonaco. Sotto il portico vi sono lapidi con incisi i nomi dei donatori. L'interno a navata unica è assai caratteristica e luminosa. Sull'altare maggiore vi è un bel quadro raffigurante una bellissima madonna con il Bambino mentre cammina sulla neve e al suo avanzare fioriscono le rose.
In questa borgata vi era anche un'antica cappella mariana cinquecentesca che fu abbattuta nel 1925 con la costruzione della ferrovia Intra-Premeno. Si trattava di una linea ferroviaria a scartamento ridotto che collegava il centro di Intra, con Arizzano, Bee e Premeno, unendo diversi luoghi di villeggiatura e rimase in esercizio tra il 1926 e il 1959.
Davanti alla chiesa, sotto un albero vi è una lapide che ricorda la prima strage di ebrei perpetrata in Italia ed è consumata da reparti provenienti dal fronte orientale, abituati a questo genere di operazioni. La strage avvenne nei giorni immediatamente successivi all'occupazione tedesca il 17 settembre 1943. La strage di Pian di Nava che vide la morte di Huber Scialom nato a Salonicco nel 1888 e Berthe Bensussan nata anch'essa a Salonicco nel 1892 era stata anticipata da analoghe stragi a Baveno, Meina, Arona, Mergozzo, Orta e Stresa. Il reparto che si occupò di queste stragi era la Panzer-Division "Leibstandarte Adolf Hitler"- 2. Rgt.
Bèe ha tante, cappelle e i dipinti murali sparsi nei boschi e a ridosso degli abitati ciò racconta la cultura contadina del luogo ed il suo forte senso di sacra devozione, molte di queste sono state edificate come ringraziamento collettivo per la fine di una calamità ed erano meta di processioni rogazionali. Ormai si è fatto tardi ed ora di rientrare verso casa.
Di Bée porterò il ricordo dei boschi, l'abbondanza di edifici religiosi e cappellette campestri, che non ho visto tutte come la chiesetta degli Alpini e la Cappelletta dei Vicari. Soprattutto oggi ho goduto dei bellissimi e suggestivi panorami sul Lago Maggiore.