Lungo via del Porto trovo all'incrocio con via San Francesco di Sales, una piccola chiesetta, intitolata a San Antonio abate. La sua facciata presenta due lesene culminati con timpano triangolare. Il portone ligneo di accesso è a due battenti ed è fiancheggiato da due finestrelle ovoidali. L'edificio è sormontato da un timpano triangolare ed è interamente intonacato con una zoccolatura in lastre di materiale lapideo. Presenta un campanile a vela che si appoggia sulla muratura perimetrale.
Sicuramente nel XVI secolo quando edificarono la chiesetta intorno ad essa dovevano solo esserci campi coltivati ed ora è circondata da case di civile abitazioni. In via del Porto vi è anche un monumento ai canapai. Infatti la coltivazione della canapa nella zona di Carmagnola ha origini antiche e viene introdotta nel territorio piemontese probabilmente dalle legioni romane, grazie soprattutto al fatto che il territorio era ricco d'acqua.
A Carmagnola l'impulso maggiore alla sua coltivazione fu offerto dalla fondazione dell'Abbazia cistercense di Santa Maria di Casanova avvenuta tra il 1127 e il 1150, in quanto i monaci, venuti in possesso di molti ettari di terreno, intrapresero un'importante opera di trasformazione delle coltivazioni e si dedicarono all'estensione e al miglioramento della coltura della canapa. La canapicoltura fu un'attività importante per la città tanto da farle guadagnare il titolo di "Impero della canapa".
Nel 1588 quando Carmagnola fu conquistata e annessa allo Stato Sabaudo, la città divenne un fondamentale centro per la produzione di corde. Purtroppo dalla prima metà del XX secolo la coltivazione e la lavorazione della canapa cominciarono a dare i primi segni di cedimento, a causa delle vicende belliche che accentuano la crisi del settore, successivamente le innovazioni tecnologiche nel tessile, iniziarono a prediligere il cotone e dalla metà del secolo anche il nylon e la juta, sancendo il tramonto della trasformazione e canapa.
Sempre su via del Porto si erge la Casa di Riposo Umberto I e Margherita con la sua chiesetta che si prospetta su una piccola piazzetta e viale alberato. Inoltre su via del Porto, su una casa trovo una lapide che ricorda che in questa abitazione trovò ospitalità e rifugio il comandante partigiano Ferruccio Valobra.
Raggiungo così il quartiere San Bernardo che prende il nome dall'omonima chiesa intitolata a San Bernardo abate. Mi aggiro tra le case del borgo, assai belle e ben curate prima di recarmi a vedere la chiesa parrocchiale. All'angolo tra via Vescovo Sola e via Bornaresio, nel centro del borgo trovo la Cappella dell'Addolorata; si tratta di un piccolissimo edificio ottocentesco in muratura a vista. Sopra alla porta d'accesso vi è un antica dedicazione della cappella in latino che vuole che sia dedicata All'Addolorata, Santo Stefano e Rocco. Invece con fattezze assai semplici, all'incrocio tra via Stea e via Argentera trovo la settecentesca cappella di Santa Liberata, al cui interno vi sono dipinti che rappresentano Santa Liberata, la Madonna d'Oropa, San Sebastiano, San Michele e San Pietro.
Tornato alla chiesa parrocchiale mi soffermo ad osservare questo edificio che si presenta una facciata a due ordini sovrapposti, con timpano triangolare internamente affrescato. I due ordini sono divisi in cinque campi da lesene e i due ordini suddivisi da un aggettante marcapiano. Nel primo ordine ai fianchi della porta centrale vi sono due porte laterali e due nicchie vuote. Nell'ordine o registro superiore, centralmente vi è un ampia finestra rettangolare sormontata da timpano triangolare. Ai lati gli affreschi di San Bernardo e Santa Maria Assunta.
Accedo all'interno della seicentesca chiesa che è a tre navate con altare maggiore in marmi policromi, sormontato dal tronetto decorato in oro e rosso. Interessanti le tele poste nelle cappelle laterali. Nei pressi della chiesa vi è una casa su cui è affissa una lapide che ricorda che dal 1833 al 1848 vi visse Anna Caterina Maria Dominici. Costei nacque nel 1829 e nel 1850 assume il nome di Suor Maria Enrichetta ed entrò nell'Istituto delle Suore di Sant'Anna e della Provvidenza che guiderà dal 1861 fino alla sua morte avvenuta nel 1894.
Suor Maria Enrichetta fu beatificata da Papa Paolo VI nel 1978. Sempre in questa frazione lungo la strada provinciale 129 verso Casalgrasso, appena fuori dall'abitato vi è la settecentesca Cappella della Madonnina. Questa Cappella è collocata ove un tempo vi era il cimitero ed anticamente era solo un pilone votivo. Proseguo per la borgata Motta, tipico centro agricolo con grandi cascinali e belle case.
Nel borgo trovo la seicentesca chiesa di San Bartolomeo Apostolo che presenta una facciata asimmetrica con fronte a capanna e timpano triangolare, al cui interno è presente un tondo dipinto la cui raffigurazione però non risulta leggibile. La facciata è intonacata e tinteggiata. Proseguo per una strada che si inoltra in aperta campagna fino a raggiungere la piccola e caratteristica borgata di Corno. M'aggiro tra le poche case del borgo ed anche qui vi trovo la sua Cappella intitolata alla Beata Vergine della Neve, anch'essa della prima meta del XVII secolo. La cappella è assai semplice come lo è il piccolo borgo agricolo e dimostra la vivacità del luogo e anche dei valori cattolici tipici della vita contadina.
Rientro verso borgo San Bernardo e mi dirigo verso un altra borgata che prende il nome dai santi Michele e Grato. Questa è una borgata assai grande e dispersiva che non mi permette di girarla a piedi. Inizio parcheggiando davanti alla chiesa parrocchiale che da anche il nome al borgo. Questo borgo come borgo San Bernardo nacquero quando i francesi che occupavano la città nel 1640, decisero di abbattere i tre antichi quartieri di santa Maria della Moneta, borgo San Giovanni e di Santa Maria di Viurso, perché giudicati di impedimento nella difesa della città.
Gli abitanti di quest'ultima borgo fondarono le attuali borgate di San Bernardo e di San Michele e Grato. Gli abitanti si suddivisero in due fazioni per la disputa della statua della Madonna che era presente nella loro ex chiesa. La disputa fini a favore della chiesa di San Michele e Grato che ancora oggi la ospita. L'edificio della chiesa intitolata ai Santi Michele e Grato si affaccia sulla piazza detta di santa Maria di Viurso, a intitolazione del vecchio Borgo demolito ed è posta in posizione isolata dalle case ed ha una facciata particolare.
Il corpo centrale, assai alto è un posizione avanzata rispetto alle due ali laterali. Questa presenta una coppia di lesene binate e angolari con capitelli che pare sorreggere il frontone triangolare. Sopra alla porta d'accesso vi è un timpano semicircolare e in posizione centrale è presente grande riquadro affrescato raffigurante "Madonna, San Michele e San Grato Vescovo", contornato da un'articolata modanatura. Le sue ali laterali assai più basse presentano finestre rettangolari e sul tetto una balaustra in colonnine cementizie.
Il borgo ha le caratteristiche del paese di campagna ma essendo abbastanza esteso possiede altri edifici religiosi sparsi che mi prefiggo di raggiungerli, girando in auto. Una di queste è la cappella di San Lorenzo posta ai margini della borgata e la sua costruzione risale alla metà del XVII secolo. La facciata presenta due lesene che terminano sotto un frontone triangolare. Elementi architettonici come le aperture ovali laterali e nella finestra centrale a conchiglia sono un richiamo allo stile barocco piemontese.
Invece lungo via Carignano, che attraversa la frazione dei Santi Michele e Grato vi è la seicentesca Cappella di San Grato. La facciata principale presenta un fronte a capanna di chiaro gusto barocco piemontese. Il prospetto è intonacato e tinteggiato nelle tonalità del giallo e rosate. La cappella presenza un doppio ordine di lesene che slancia l'edificio e si conclude con timpano triangolare. Non sono molte le auto che percorrono queste strade ma diversi sono stati i mezzi agricoli che ho incontrato sia a lavorare nei campi che lungo le strade.
Appena fuori della Borgata vi è la settecentesca cappella campestre dedicata a San Pancrazio a forma ottagonale allungata con campaniletto a vela. Fino alla metà del XX secolo, era tradizione invocare la protezione divina sul raccolto dei campi attraverso le "rogazioni", ossia processioni che prevedevano la recitazione di preghiere presso varie cappelle votive e la cappella di San Pancrazio era una di queste. In via Carignano, ove le suore di Sant'Anna hanno una propria comunità si erge la Cappella di San Giacomo Apostolo.
Raggiungo così la borgata di Salsasio, una delle più antiche borgate di Carmagnola ma entrate, purtroppo, nella storia per l'incendio del paese ordinato dai nazifascisti il 25 Luglio 1944 come rappresaglia per uno scontro a fuoco con una banda partigiana in cui caddero alcuni soldati tedeschi e repubblichini. Infatti in piazza XXV luglio vi è una lapide che ricorda il tragico evento: Il 25 luglio 1944 verso le 7,00 lungo le strade di Salsasio, una pattuglia di partigiani s'imbatte in un camion di tedeschi e repubblicani, ne segue una violenta sparatoria dove muoiono alcuni tedeschi e fascisti.
La rappresaglia è immediata, inizialmente vengono rastrellati tre residenti ma grazie all'intercessione del parroco vengono liberati ma viene incendiato il borgo di Salsasio. Si salvano dalla distruzione la chiesa, l'asilo e le scuole. Vanno perdute circa 200 abitazioni con tutte le masserizie, gli attrezzi e le scorte in parte asportate dai militari tedeschi e repubblichini durante l'appiccamento dell'incendio.
Di fronte alla piazza si erge la chiesa di Santa Maria della Neve, edificata nella metà del XVII secolo. La facciata è caratterizzata da un alto basamento che sostiene coppie di semicolonne del tipo tuscanico che pare sorreggano una trabeazione al di sopra del quale è posto un frontone triangolare. Alle estremità laterali del frontone su basamenti parallelepipedi, sono poste coppie di urne con fiaccole, mentre alla sommità, su un altro basamento vi è una croce metallica su globo.
Sempre nella frazione di Salsasio lungo via Torino, addossato alla facciata di un edificio di civile abitazione vi è una piccola edicola o cappella della Consolata che sembra assai antica ma risale solo al XIX secolo. Nella parte più nuova di Salsasio, più prossima al centro cittadino di Carmagnola, in via Novara vi è la nuovissima chiesa intitolata alla beata Enrichetta Dominici. Questa chiesa fu costruita tra il 2007 e il 2011 e benché sia il trionfo dell'architettura modernista si integra bene nel borgo.
Attraverso nuovamente il centro storico per raggiungere i quartieri e le borgate a sud Carmagnola, nel frattempo mi sovviene alla memoria una leggenda che vuole che il toponimo di Carmagnola derivi da un matrimonio, infatti si racconta che Numeriano, secondogenito dell'imperatore Caro diede in sposa la propria figlia Cara al patrizio romano Publio Manlio governatore delle province subalpine. Costui volle dedicare alla sua sposa le città da lui fondate: Carmania o Caramagna, Caramaniola o Carmagnola furono il risultato dell'intreccio dei loro nomi.
Dopo una breve deviazione dalla Strada Provinciale 661 "delle Langhe", in via Pollenzo trovo la moderna chiesa di Santa Rita che rispecchia lo sviluppo urbanistico di Carmagnola a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Nel quartiere vi è un altro edificio intitolato a Santa Rita realizzata negli anni Trenta del XX secolo ma che non riesco a raggiungere.
Proseguendo sulla strada Provinciale m'inoltro per le borgate di Cavallari – Fumeri. La frazione è ormai in aperta campagna ma Fumeri presenta diverse belle villette tra cui anche la moderna chiesa di San Giuseppe anch'essa edificata a cavallo tra la fine anni Sessanta ed inizio anni Settanta del secolo scorso, mentre Cavallari ha maggior fattezze agricole con le sue case coloniche e la sia chiesa è di inizio Settecento, interamente realizzata con mattoni a vista. Questa chiesa è dedicata ai santi Filippo e Giacomo e benché sia a navata unica a tre campate e non di grandi dimensioni presenta un a bella facciata che richiama le linee architettoniche del barocco piemontese.
Dai Cavallari, sempre su strade strette raggiungo il borgo agricolo di Oselle. Anche questo borgo è costituito da cascine, case rurali e capannoni, collegati con strette auto. Al centro si erge la settecentesca Cappella di San Domenico. L'edificio esternamente è un altro esempio di barocco piemontese, armonizzato in facciata dalla presenza colonne binate in stile ionico poste sui ampi piedistalli. L'unica porta posta centralmente è coronata da un timpano curvilineo a sesto ribassato Sopra di esso vi è un'ampia finestra curvilinea posta al centro del prospetto. La cappella si presenta ad aula unica su pianta rettangolare con abside semicircolare. Completa la facciata con tetto a capanna un timpano triangolare riccamente modanato. Nel percorrere via case nuove trovo diversi mezzi agricoli al lavoro nei campi che con il sole che brilla in cielo fa sembrare questa bella distesa di coltivazioni una tavolozza di colori.
Raggiungo così la borgata di San Giovanni che prende il nome dall'omonima chiesa parrocchiale. Anche questa borgata ha le caratteristiche del borgo agricolo con l'ampia strada principale e strette vie laterali e anche parallele. Parcheggio nell'ampia piazza della chiesa e inizio a girovagare. Dapprima mi soffermo a guardare il prospetto della grande chiesa che trovo comunque chiusa. L'edificio intitolato a San Giovanni Battista presenta una facciata suddivisa in tre registri principali, scanditi da lesene verticali e centralmente in due ordini.
Il portale al centro del primo ordine presenta cornici in muratura e stucco, sopra al quale è posto un timpano spezzato ove è è inserito un dipinto murale raffigurante San Giovanni Battista. Nel secondo ordine, centralmente vi è un'ampia finestre a volute barocche; ai lati su una muratura convessa vi sono nelle parti terminali vasi ornamentali, mentre centralmente nelle ali laterali della facciata sul marcapiano vi sono vasi portafiori. Nel timpano è raffigurato l'occhio di Dio su sfondo azzurro con raggi ocra-oro. Il campanile ha base quadrata e struttura in muratura di laterizio lasciata a vista. E se la facciata è rifacimento ottocentesco la chiesa risale alla metà del XVII secolo con rielaborazioni del secolo successivo.
Dopo una breve passeggiata dove ho incontrato cordiali abitanti con cui ho scambiato volentieri alcuni convenevoli riprendo l'auto e mentre sto per uscire dalla borgata incontro ai suoi margini un altra cappella, questa volta assai moderna. Infatti questa cappella intitolata alla madonna di Lourdes risale agli anni Cinquanta del secolo scorso. Gli esterni presentano un rivestimento in mattoni del tipo faccia a vista e aperture ad arco. La facciata è caratterizzata da quattro colonne in cemento, rivestite con piastrelline a mosaico e sorreggono ampio cornicione su cui è impostato frontone triangolare ai lati del quale sono poste due celle cementizie a vela; in quella di destra è collocata la campana. Internamente è riproposta la grotta della Madonna di Lourdes in cemento dipinto.
Oltre alla statua della Vergine contenuta in una nicchia sono dipinti due angeli. Percorro ancora un tratto di strada stretta e accompagnata da campi coltivati, fino ad arrivare alla borgata Bossola. Anche questo borgo, dalle caratteristiche campestri ha la sua chiesa e posso anche affermare che è assai bella. Nel luogo in cui oggi sorge la Chiesa della Beata Vergine della Bossola si trovava un antico pilone campestre con l'effige della Madonna e del Bambino Gesù.
Essendo tale pilone cinto tutt'intorno da siepi di bosso, o bossoli, il pilone venne sempre designato col nome di "pilone della bossola". L'immagine del pilone era talmente venerata dagli abitanti e del vicino borgo di San Giovanni, che ottennero nel maggio 1666 l'autorizzazione dal vescovo di Saluzzo, di erigere in quel luogo un santuario. La facciata della chiesa si presenta a salienti ed è in mattoni a vista. L'edificio è un eccellente espressione del barocco piemontese, ricco di elementi classici, quali lesene, timpani e modanature. La facciata si presenta slanciata accompagnata da alte lesene che pare reggere l'imponente timpano triangolare sovrastante.
Sopra il portone di ingresso è presente un dipinto raffigurante la croce eucaristica con il simbolo mariano al centro. In facciata è presente una finestra in posizione centrale. L'edificazione della chiesa andò assai a rilento, sia per le continue guerre che per la mancanza di fondi fino a quando, nel dicembre 1738, nonostante un rigido inverno, la siepe di bosso andò in fioritura. L'evento venne ritenuto miracoloso, per cui ripresero i lavori e la chiesa venne terminata nel 1740.
Si è ormai fatto tardi e coglierò l'occasione di visitare le ultime borgate lungo la strada che mi condurrà a Poirino e poi verso casa.
Carmagnola è una destinazione che offre un mix di cultura, storia, gastronomia e attività all'aria aperta, rendendola una meta perfetta per un viaggio rilassante e interessante in Piemonte.
Dopo aver iniziato a percorrere la strada provinciale 129, faccio una breve deviazione verso la località Tetti Grandi, un altro borgo con la sua chiesetta che è intitolata alla Sacra Famiglia. Anche questa località è caratterizzati da un'architettura tradizionale, paesaggi pittoreschi e un ritmo di vita più tranquillo rispetto alle città. La costruzione della chiesetta risale agli anni Trenta del XX secolo e di caratteristico ha un seicentesco altare maggiore proveniente dalla Chiesa abbaziale di Casanova.
Questa chiesetta si presenta con una facciata con fronte a capanna, completano il prospetto il portone ligneo centrale, due nicchie vuote e altrettante finestre rettangolari poste simmetricamente. Centralmente è presente una croce in cemento in rilievo. La sua facciata è intonacata e tinteggiata nei colori del giallo crema, arancione per le cornici, e grigio per elementi in rilievo. Internamente l'aula è unica su pianta rettangolare con volte a botte. L'altare maggiore proveniente dalla Chiesa abbaziale di Casanova un tempo conteneva il sarcofago con le reliquie di San Bonifacio martire.
Tornato sulla strada provinciale 129, incontro la frazione Tuminetti con le sue case quasi tutte affacciate alla strada che collega Poirino a Carmagnola. Sono belle e moderne villette ma anche case coloniche e cascinali. L'edificio più alto della borgata è la Chiesa di San Michele Arcangelo. Questo edificio è in posizione isolata e presenta un imponente facciata dalle linee slanciate verso l'alto ed è di fattura neoclassicista, con fronte a capanna e timpano triangolare. L'intera facciata ha un rivestimento in mattoni a vista, con una coppia di paraste laterali che terminano sotto una trabeazione lineare.
Centralmente vi è un grande portone ligneo a due battenti, sormontato dalla scritta A.M.D. e da uno sfondato con sommità ad arco, al cui interno è raffigurato San Michele Arcangelo ormai scolorato. Benché la chiesa sia del XVII secolo fu ampliata nel XVIII e XIX secolo. Le parti più antiche sono riscontrabili nel presbiterio e nella parte inferiore del campanile. Ormai ho raggiunto Casanova dove si erge la famosa Abbazia di Santa Maria Assunta di Casanova. Questo complesso abbaziale fu fondato dai monaci cistercensi intorno al XII secolo su terreni donati dai Marchesi di Saluzzo.
Parcheggiato l'auto inizio ad aggirami intorno all'edificio e non posso non soffermarmi davanti a questo scrigno di arte, di storia e di fede, immerso nelle campagne al confine tra il territorio torinese e la provincia di Cuneo, alle porte del Roero. I monaci edificarono molte grange nel territorio carmagnolese e svilupparono di molto l'agricoltura, introducendo anche la coltivazione della canapa. Il prestigio dell'abbazia per molti secoli crebbe, così come illustri furono i personaggi che si avvicendarono nel ruolo di abate.
Ma a partire dal XVII secolo alcuni saccheggi, come quello compiuto ad opera di truppe calviniste che nel 1642 distrussero tutti i libri ecclesiastici. A causa di un incendio, tra il 1743 e il 1753 l'edificio monastico fu demolito e ricostruito con gusto di transizione tra il tardo barocco e il neoclassicismo ad opera di architetti di scuola juvarriana.
Nel 1792, Papa Pio VI soppresse l'abbazia trasformandola in parrocchia. Il complesso ex abbaziale venne poi denominato "castello" e divenne residenza di caccia dei Savoia ed utilizzato fino al 1868. La facciata della ex chiesa abbaziale, ora parrocchiale presenta linee tardo barocche settecentesche ed è in laterizio con un grande frontone triangolare. La facciata è suddivisa in due ordini tramite un marcapiano aggettante. Il primo ordine è pentapartito da lesene che si ripetono al piano superiore dove è invece tripartito. Nel primo ordine centralmente vi è il portale, anch'esso dotato di timpano triangolare, è fiancheggiato ai lati da quattro nicchie vuote. Nel secondo ordine è presente un finestrone centrale coronato da un doppio timpano, triangolare e, sopra un secondo frontone curvilineo spezzato. L'interno è a tre navate e si nota chiaramente il suo impianto medievale con prevalenza di forme gotiche, nonostante le sovrapposizioni ornamentali barocche aggiunte tra Seicento e Settecento.
La chiesa ha schema basilicale a tre navate a croce latina, con abside piatta, transetto sporgente e cappelle aperte sui bracci. Interessanti sono quattro le cappelle laterali con bei stucchi, e sono dedicate a San Bernardo e San Benedetto con interessanti tele sei-settecentesche. Sia le quattro cappelle che il coro sono coperti da volte a botte a sezione acuta. Interessante l'affresco che raffigura Amedeo III di Savoia mentre fonda l'abbazia di Hautecombe nel 1125. Il personaggio vestito di ermellino che appare al centro della parete di fronte è invece Umberto III di Savoia mentre, inginocchiato, si appresta a vestire l'abito dei cistercensi nell'abbazia di Hautecombe per mano di San Bernardo stesso. Dal lato est della chiesa si può accedere alla cripta abbaziale, destinata alla sepoltura dei monaci ed è decorata con splendidi affreschi seicenteschi. Nell'adiacente edificio, ex abbaziale è di mirabile eleganza il chiostro con le sue 48 colonnine binate in granito rosa.
Un altra frazione che avrei voluto visitare, ma non sono riuscito a raggiungerla per carenza di tempo è frazione di Vallongo con la sua ottocentesca chiesa di San Luca Evangelista.
È il momento di rientrare, ovviamente dopo aver fatto acquisti direttamente in cascina e riparto verso casa con una cassetta di splendidi peperoni di Carmagnola che mi cucinerò in tanti modi diversi.
Fine II ed ultima parte.