Blog di Dante Paolo Ferraris

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Triora, un borgo ligure da scoprire - II parte

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TrioraDopo questa interessante visita mi inoltro per il centro del borgo. Un cartello apposto su un antico muro racconta che qui vi era una porta d'accesso, ormai scomparsa e che permetteva l'accesso in via Carriera, oggi via Roma, la porta era anche nota come porta Peirana. La porta fu distrutta nel luglio 1944 dai nazisti ed aveva un arco a sesto acuto, tipicamente medioevale. Inizio a percorrere questa strada che un tempo era l'unica che permetteva l'accesso dei carriaggi, raggiungo così una piccola piazzetta in cui un tempo vi erano delle abitazioni anch'esse distrutte dalle bombe nazifasciste del luglio 1944.
In questa piazzetta, intitolata alla strega del 2000 vi è un belvedere e il monumento alla "Bàgiua" nell'atto di offrire un bicchiere; immancabile parte del monumento è il pentolone e la scopa della strega. La via è costeggiata da esercizi commerciali fino a raggiungere piazza del mercato, dove un tempo si svolgeva l'antico mercato. Sulla via si affacciano importanti abitazioni come quella della nobile famiglia Velli, riconoscibile dal bel portale del XVI secolo con scolpito il trigramma di Cristo (IHS). Invece su casa Piccardo una lapide ricorda che vi abitò il dott. Gianfrancesco Solo che fu un importante medico nel XVII secolo non solo a Triora ma anche nei maggiori ospedali genovesi e docente all'università di Pisa.
Al termine di via Roma dove si apre un voltone passante, su questo è affisso un'altra lapide che ricorda che era il portico del Masaghin e che nelle sue adiacenze vi erano i locali del Municipio in cui erano conservati il sale per il paese e i viveri, crollato con il terremoto del 1887. Piazza del mercato, interamente in ciottolato è circondata da alte e ardite costruzioni in pietra poggianti direttamente sulla roccia. Scendo così nella piazza principale di Triora che ospita i più importanti edifici del paese.
Piazza Beato Tommaso Reggio era chiamata anche piazza "Nuova", "Tamagni" e "Collegiata" ma a seguito della beatificazione di mons. Tommaso dei Marchesi Reggio, arcivescovo genovese avvenuta il 3 ottobre 2000. Costui morì a Triora il 22 novembre 1901 dove si era recato il 3 settembre 1901 in pellegrinaggio a causa dell'erezione della statua del Redentore sul monte Saccarello. Sulla piazza che anticamente fu anche luogo delle adunanze del parlamento triorese, si affaccia la maestosa Collegiata, l'oratorio di San Giovanni Battista e l'antico palazzo Stella.
La piazza da un lato conserva un antico porticato medievale e il selciato della piazza è in ciottolato con al centro un disegno in pietra raffigurante il cerbero a tre teste, stemma del Comune di Triora. La Collegiata intitolata a nostra Signora Assunta, pare essere costruita su di un "Fanum" pagano e si presenta con una facciata neoclassica datata 1770, data in cui internamente la chiesa fu ridotta da tre a una sola navata. La facciata, intonacata presenta quattro colonne, poggianti si altrettanti alti basamenti in pietra. Le colonne hanno capitelli corinzi e sorreggono una alta trabeazione su cui poggia un frontone triangolare.
La facciata presenta una sola porta d'accesso, incorniciata da piedritti in pietra che sorreggono un arco a sesto acuto realizzate a colori binati chiaro-scuri realizzati con blocchi di pietra nera alternati a marmo bianco. Il campanile è tardo-gotico e presenta monofore e bifore. L'interno propone preziosi arredi e pregevoli dipinti seicenteschi e settecenteschi, ma anche più antichi come il Battesimo di Cristo risalente fine XIV secolo, spiccano inoltre anche due tavole risalenti al primo '400, raffiguranti la Pietà e San Giacomo. La collegiata conserva l'urna di San Tusco, proveniente dalle catacombe romane.
Sul suo fianco s'innalza una casa-torre dove vi nacque Sebastiano Torre che fondò una scuola di lingua italiana a Lione nella prima metà del XIX secolo. Il palazzo più importante che si affaccia sulla piazza è palazzo Stella che fu edificato nel XIV secolo se non prima, quando la Repubblica di Genova governava su gran parte della Liguria di Ponente. Il palazzo per secoli ha rappresentato un centro di potere, di autorevolezza e di mecenatismo. Nelle sue stanze sono nati, vissuti e morti personaggi illustri come Facino Stella, emigrato a Genova nel 1360 che fu il padre dei famosi annalisti della Repubblica, Giorgio, Giovanni e Battista.
In questo palazzo, al primo piano morì l'arcivescovo di Genova mons. Tommaso dei Marchesi Reggio. La famiglia Stella diede al paese sindaci, religiosi e parroci. Il nipote dell'ultimo Stella, Luigi Maria che fu anche sindaco e marito della marchesa Camilla d'Aste di Albenga, non avendo potuto avere figli adottarono il nipote Alessandro d'Aste e questo a sua volta adottò, sempre a patto che venisse mantenuta la casata, il nipote Amero d'Aste Marcello. Quest'ultimo fu ufficiale della Marina e Senatore, diresse come ammiraglio lo sbarco nell'isola di Rodi nel 1912.
Ma il palazzo è stato anche lo scenario delle sfortunate donne accusate di stregoneria, infatti vi alloggiò il commissario genovese Giulio Scribani che, a cavallo degli anni dal 1588 al 1589 diede avvio alla "caccia alle streghe". Purtroppo perì in una delle innumerevoli stanze del grande palazzo la sfortunata Isotta Stella, già ultrasessantenne, venne accusata di stregoneria e torturata. Costei non seppe resistere ai supplizi. Fu sempre uno Stella a donare alla Collegiata l'urna d'argento che conserva le reliquie di San Tusco.
L'amministrazione comunale ha ristrutturato palazzo Stella e destinando alcune sale al Museo etnostorico della stregoneria che ovviamente vado a visitare. All'interno dell'edificio si può capire come vivevano gli abitanti del borgo, la sua storia in un territorio montano tutto da scoprire. Un borgo con una classe dirigente orgogliosa, ricca e influente. Imprenditori capaci, intraprendenti e ricchi. Gente che conosce il latino, che ha relazioni internazionali, uomini d'affari che hanno vaste proprietà e vivono una vita di buon livello. Anche i professionisti come i notai, i medici e avvocati che hanno fatto la storia di Triora.
Triora è però luogo di religiosi: sacerdoti, frati e suore che con la loro cultura e vicinanza alle classi povere hanno fatto la differenza. Gli artigiani caratterizzavano il centro abitato di Triora, popolato dai conciatori, duro mestiere necessario per fornire pelli ai calzolai, ma ancora la produzione di lana e della canapa per la produzione tessile. Abili maestri falegnami chiamati i "bancalari", i mugnai per produrre le farine anche di castagne. Poi il maniscalco, i fabbri, sarte e cappellai.
I lavori più umili come il cavatore di ardesia detta "clapa", in latino per il dialettale ciappa utilizzata per l'impiego edilizio, i pastori, i contadini, i mulattieri e i carbonai erano le persone che si aggiravano per strette strade e caruggi di Triora. Tutte professioni documentate nel museo con dovizia di particolari storici. Ovviamente quello che mi affascina e incuriosisce di più è la storia della stregoneria, magia nera e bianca. Il dramma dei processi per stregoneria di Triora fra 1587 e 1588 mette in evidenza la figura della donna, letta come genitrice e figura impura.
Storie antiche che hanno origine assai lontane che vedono queste donne vestite di nero e di mistero, severe brutte ed arcigne. Ma anche Ecate, Iside, Diana / Artemide, Holde, Berthe, Oriente, Erodiade erano considerate entità talvolta. La stryx del mondo romano che diventa strega nell'etimologia moderna non è altro che un rapace notturno che Ovidio nei suoi Fasti descrive come avida di sangue umano in particolare di lattanti e Plinio il Vecchio ci ricorda che veniva usato come epiteto offensivo rivolto alle donne, ahimè è tutt'ora utilizzato.
Figura non distante da altre figure mitologiche come la Lamia, la bellissima regina della Libia, trasformatisi in mostro infanticida per vendicarsi dell'affronto di Era. Di Lamia si era innamorato Zeus. Era per vendicarsi trasformò la donna in un mostro, ed uccise i figli che aveva avuto da Zeus. Una diversa versione della leggenda dice che Era le uccise i figli e Lamia si trasformò in un mostro per il dolore. Ma anche di Medusa, una delle Gorgoni, unica mortale fra le tre e loro regina, che, per volere di Persefone, era la custode degli Inferi.
Costoro avevano serpenti al posto dei capelli, zanne lunghe come quelle dei cinghiali, mani di bronzo e ali dorate ed avevano il potere di pietrificare chiunque avesse incrociato il loro sguardo. Le Gorgoni rappresentavano la perversione nelle sue tre forme: Euriale rappresentava la perversione sessuale, Steno la perversione morale e Medusa la perversione intellettuale. Le Arpie per gli antichi greci erano mandate dagli dei per punire i mortali per il loro malvagio operato; Virgilio le descrive con un bellissimo viso, snelle ma con un corpo da uccello dalle grandi ali e adunchi artigli, anche Ariosto le descrive e afferma che sono sette con volto pallido e femminile mani rapaci dalle lunghe unghie ricurve, caratterizzate da un corpo di un serpente.
Omero nell'Odissea descrive Circe, una maga della mitologia greca in grado di creare pozioni magiche "pharmaka" con i quali trasforma a sua volontà gli uomini in animali come accadde all'equipaggio di Ulisse "… e mescolò alla bevanda filtri nocivi, perché dimenticassero completamente la patria…. Percuotendoli con una verga, li chiuse nel porcile. Avevano, davvero la testa, la voce, il corpo e le setole dei porci, ma la loro mente era intatta come prima" (Odissea, X, vv 235.40). Sono tanti i testi greci e romani che ci riportano storie mitologiche di magia ed esoterismi, come Seneca nella sua tragedia Medea e Orazio in Epodi quando scrive di Canidia ecc.
Il museo è un percorso storico non solo di narrazioni storiche ma anche di oggettistica come amuleti e talismani strumenti i quali maghi catturano il potere degli astri e delle energie positive presenti in natura per proteggersi se stessi e i propri clienti, oppure oggetti per la divinazione, fenomeno che consiste nel poter leggere gli eventi accaduti o che accadranno. Queste pratiche divinatorie o mantiche, possono essere induttiva o intuitiva: la mantica induttiva è soprattutto legata alla facoltà di leggere attraverso il comportamento degli animali o con il manifestarsi di eventi meteorici e prevedere il futuro.
Mentre la mantica intuitiva una forma di divinazione che si realizza attraverso la lettura di segni estatici, di veglia ecc… la divinazione popolare, quella più legata alle streghe vedeva l'uso di semplici strumenti di cucina come il setaccio, la caraffa ma anche forbici, candele e lo specchio. Sono raccontati anche i malefici, ossia l'azione rivolta a danneggiare persone, animali anche attraverso il malocchio. Presente anche racconti sui sortilegi, sulla superstizione, sui sabba e magia nera e bianca. Spazio la trova anche la Befana, temuta giudice del comportamento dei bambini.
Con questo personaggio si evidenzia l'ambivalenza della figura che da un lato è notturna, vola su una scopa, usa il calderone ed ha fattezze arcigne ma è anche dispensatrice di doni. Le streghe, la befana, l'idea della magia ha sempre affascinato e incuriosito i più piccoli ma anche gli adulti. Infatti, giustamente una sezione del museo è dedicato ai racconti delle streghe, soprattutto nei fumetti. Vi ritrovo tanti fumetti letti da bimbo ma anche da adolescente e non solo: da quelle di Dylan Dog, alla strega pasticciona Brumila di Russel Myers, da quella di Guido Crepax "Baba Yaga" a quella di zio Paperone con la fattucchiera Amelia e molte, molte altre.
Un giusto spazio è dato anche alle erbe e alle pozioni che con queste potevano prodursi per guarire ma anche per portare alla morte o alla "perdizione". Dopo un immersione in questo viaggio fantastico, il cui mio pensiero finale è burlesco, infatti mi è tornato alla mente, abbandonando Palazzo Stella, quando il Boccaccio già a metà del XIV secolo arriva a farci ridere di queste riunioni notturne grazie alla burla fatta a maestro Simone da Villa da parte di Bruno e Buffalmacco.
Mi immergo nella realtà e vado ad ammirare l'oratorio di San Giovanni Battista che si affaccia sempre sulla piazza, oggi una ricca pinacoteca di quadri del Gastaldi e del Cambiaso e custode di una preziosa statua del Maragliano raffigurante San Giovanni Battista. Questo oratorio sostituisce un altro più piccolo che era sottostante alla Collegiata. Vi si accede attraverso un bel portale di raffinata eleganza in marmo bianco con nicchia e statua del Santo titolare recante la data 1694.



Fine II parte.