Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il paradiso è tra il cielo e la terra lambito da un azzurro mare (V parte)

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paradisoLa Torre dello Ziro è perfettamente individuabile anche dal mare, posta sulla cima della dorsale del parco del Monte Aureo che chiude ad est nel fitto labirinto di pini marittimi.
Il nome di origine araba le fu attribuito per la somiglianza ad un contenitore tipico di forma cilindrica utilizzato per la conservazione di olio e cereali.
Costruita dal duca Antonio Piccolomini nel 1480 sull'ultima propaggine verso il mare del Castrum Scalellae che, insieme al Castrum Pigellulae (oggi Pogerola), costituiva le mura del Ducato di Amalfi e anche qui come in ogni luogo da "favola" insiste la sua leggenda.
La torre è costruita sui ruderi preesistenti della rocca di S. Felice del XII secolo e la fantasia unita alla tradizione vuole che un alone di mistero e di immaginazione racconti la triste storia della duchessa di Amalfi, Giovanna d'Aragona che qui fu rinchiusa e uccisa insieme ai suoi figli. Figlia illegittima di Ferdinando I d'Aragona nel 1490, all'età di dodici anni, la fanciulla andò in moglie al duca di Amalfi Alfonso Piccolomini. Pare che costui fosse un uomo dissoluto e corrotto e la lasciò vedova e madre di due figli molto presto con il gravoso compito di guidare un Ducato che praticamente era in rovina. Disegnata come giovane e caparbia, riuscì a risollevare il governo e, con l'avvenente maggiordomo di corte, tale Antonio Bologna, a ricostruirsi una famiglia.
Molti pettegolezzi accompagnarono quella liason che passò alla storia come una delle più torride e scabrose relazioni e le susseguenti maldicenze vennero opportunamente sfruttate dai suoi fratelli, i Conti di Gerace.
Etichettata come "la Pazza", i fratelli decisero di soffocare lo scandalo, rinchiudendo la duchessa ed i suoi bambini nella torre dove furono brutalmente trucidati (pare nell'anno 1510); il maggiordomo, compagno di Lei invece, scampato alla cattura, fu ucciso per mano di prezzolati sicari.
Riprendo lentamente la discesa, fino ad arrivare in piazza Santo Spirito per risalire subito dopo su quelle irte scale, di bianco vestite che ti fanno entrare nella Amalfi di altri tempi. Piccole finestre appaiono poste dal padrone di casa a rubare un po' di luce per gli antichi alloggi e nel dedalo di scale, scalette, tortuosi corridoi, stretti e spesso talmente angusti che persino la luce ha difficoltà ad entrarvi avresti difficoltà a trovare la strada se non fosse per la bianca luminosità delle pareti. Dalle piccole finestre si sprigionano gli odori e gli aromi della cucina amalfitana e dalle porte d'ingresso degli alberghi posti all'interno della Amalfi storica vedi aprirsi la luminosa ricchezza di una città capitale. Il misto della cultura dell'Italia meridionale con quella araba ti premette di godere i profumi di antiche spezie e dei ritrovati colori pastello degli interni. Ogni finestra è adorna ed impreziosita dai fiori colorati e, ove trovano spazio, le rosse bougainvilles.
Raggiungo così una piccola e preziosa locanda, posta in un luogo non di passaggio, incastrata tra le case con una semplice porta d'accesso, un vecchio bancone e la sala composta da un unico lungo corridoio senza finestre. La simpatia dei proprietari e il chiasso degli avventori, tutti locali, ti presentano un' Amalfi non solo turistica. La trattoria "Al teatro", come dice il nome, è realizzata in un vecchio teatro delle marionette, dove ho mangiato degli ottimi piatti di pesce, e anche una semplice portata come l'orata all'acqua pazza appare un piatto "reale" per i colori delle verdure, gli aromi profumati e i sapori esaltati dalla semplicità dell'ambiente. L'arredamento non è molto ricco, anzi la propria semplicità lo rende ai miei occhi un vero "must", e le piccole fotografie incorniciate in semplici quadretti di legno, una botte, una rete da pesca strappata formano la composizione insieme a tavoli di legno con sedie impagliate e non uguali tra loro. Grandi tovaglie a quadri bianche e rossi impreziosiscono la tavola, al cui centro sovrana la caraffa di vino bianco fresco vi troneggia.
La passeggiata nell'interno di Amalfi, prosegue fino a Piazza dei Dogi dove il mercato della frutta e della verdura la riporta ad essere la classica città italiana. La piazza è chiusa da palazzi alti due o tre piani alle cui finestre sono stesi i panni appena lavati dalla massaia. Le voci della piccola piazza sono quelle di un mercato italiano, dove il venditore in dialetto incita l'acquisto del suo prodotto, che in bella mostra è posto dentro o sopra alle cassette di legno.
Un bar, la farmacia, altri piccoli negozi ornano la piazza a festa, e li subito dopo qualche gradino si trova l' Hotel "Lidomare", piccolo scrigno in centro città. Più volte vi ho alloggiato in stagioni diverse e fu proprio Andrea a farmelo conoscere. Ovviamente nelle piccole città come queste si è quasi tutti partenti e grazie alla parentela di Andrea non mi fu difficile trovare riposo in diversi momenti dei miei viaggi. Ciò anche in alcuni momenti tristi in cui lo sconforto e la debolezza ti assalgono. Fu così anche quando sentii, non molto tempo fa, la necessità di tornare in costiera ed accompagnato dal "Marchese" vi alloggiai per qualche tempo. Costrinsi il povero Stefano, da me chiamato amabilmente il "marchese", a trasformarsi in infermiere e a farmi le iniezioni necessarie per superare la fase acuta della mia malattia che mi porto dietro da tempo e che ogni tanto mi crea problemi d'infiammazione.
Il "Marchese", nativo del biellese benché originario del salernitano, volle accompagnarmi anche quella volta, in una stagione che anche per la costiera amalfitana era fredda e piovosa. E' un ragazzo semplice, gentile e disponibile, lo posso solo ringraziare proprio per l'amicizia che ci lega e per i sani sentimenti che mi ha sempre dimostrato.
Dalla piazza dei Dogi ci ritroviamo, dopo un breve percorso fatto degli ormai tradizionali gradini, nuovamente in piazza Flavio Gioia da dove decidiamo di fare due passi fino al porticciolo turistico e alla spiaggia delle Sirene.
Ma giunto in piazza non puoi non alzare lo sguardo e guardare la natura che celebra la sua festa sulle scoscese balze della costiera, il trionfo della classica macchia mediterranea, fatta di arbusti, cespugli selvaggiamente intrecciati, ove si slanciano gli altissimi fiori dell'agave e i fronzuti alberi di carrube, antico e gustoso dolce dei contadini e dei pescatori. Ma l'occhio non può non perdersi tra il verde arborescente dei clatodi (pale), dal fiore giallo/arancione e dai suoi frutti carnosi e maturi di color rosso/ arancione: così si presenta il fico d'india, di cui solo i glochidi (spine) mi intimoriscono, ma anche i terrazzamenti di limoni intorno al all'Hotel Convento dei Cappuccini hanno un loro perché di ammaliante.
Il limone è il vero principe di tutta la costiera e già nei giardini di Babilonia ci dovevano essere degli splendidi alberi di limoni. Teofrasto di Iresia, greco e botanico del VI-III secolo a.C. lo chiamò pomo della Media. Uno dei primi nomi botanici del limone è stato Citrus medica = proveniente dalla Media.
Nella mitologia greca venne accomunato ai frutti dorati delle Esperidi, successivamente i romani rimasero abbagliati da tali frutti e portarono sulla penisola i dorati frutti e con esse le leggende legate ai limoni adottandole nella propria religione.
Secondo la tradizione greco-romana, i frutti degli agrumi rappresentavano la dote di Era (Giunone), sposa di Zeus (Giove) e questi, geloso del loro splendore, li custodì in un meraviglioso giardino, situato ai confini del mondo dove il sole muore ogni giorno, custodite dalle ninfe Esperidi.
La custodia da parte delle tre sorelle Esperidi, Aegle custode del cedro, Aretusa per il limone, Hesperetusa custode dell'arancio fu violata da Ercole che in una delle sue leggendarie fatiche rubò dal giardino e portò agli uomini i "pomi d'oro".
Gli Ebrei, che lo citano nel Levitico dove viene chiamato albero della vita o albero della purezza per il suo fogliame splendidamente lucido e verde, furono tra i primi che ne iniziarono una coltivazione organizzata.
Con la caduta dell'impero romano non si ha più notizia di coltivazioni o di commercio sistemico del limone in Italia fino alla nascita, con relativi commerci, delle Repubbliche marinare con le quali tale frutto riprese vitalità anche sulle nostre coste. Furono i marinai di Amalfi coloro che svilupparono maggiormente il suo commercio ed infatti nell'XI secolo i Crociati ne introdussero in Italia meridionale (costiera Amalfitana e Sicilia) la coltivazione e l' uso in ricette che ancora oggi sono l'elemento principe per i piatti tradizionali e non solo: il sorbetto di limone, l'insalata di fette di limoni ed aranci condita con olio e sale, la cedrata, il limoncello ecc.
La scuola medica Salernitana dette indicazioni terapeutiche e mediche sui limoni, rimedi che spaziavano dalla cura per le dissenterie a quella dello scorbuto.
L'Hotel Convento dei Cappuccini, che dall'alto osserva Amalfi, è immerso in questo scrigno di verde ed è ricavato nell'antico convento di S. Pietro della canonica, la cui costruzione risale al XIII secolo. Lo puoi raggiungere anche comodamente da Amalfi su un bellissimo e storico ascensore panoramico, ma purtroppo non ci sono mai stato e più volte mi sono ripromesso di andarlo a visitare, soprattutto per il suo chiostro e per la sua chiesa a navata unica impreziosita da decorazioni barocche.
Idealmente con "amici e già amici" riprendiamo la passeggiata verso il porticciolo.



Fine V parte.