Blog di Dante Paolo Ferraris

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Di corsa con le piume al vento

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bersaglieriEra mia intenzione poter assistere al raduno nazionale dei bersaglieri che si è svolto a Torino, anche questo in occasione del 150° dell'unità nazionale. Purtroppo diversi impedimenti non me lo hanno permesso.
Sono sempre stato ammaliato da questo corpo militare un po' per la sua specificità di arma un po' per la sua storia, infatti i cappelli piumati dei bersaglieri sono parte integrante della storia d'Italia e hanno contribuito a scriverla, dalla guerra di Crimea, alla Liberazione fino alle attuali missioni internazionali.
Il Corpo è tornato a Torino in occasione del 150° dell'Unità Nazionale nella città che gli diede i natali il 18 giugno 1836 per volontà ed iniziativa del Generale Alessandro Ferrero della Marmora. Mi sarebbe piaciuto vederli marciare o meglio correre per le strade con i loro cappelli piumati, mentre animano le piazze sabaude con le loro fanfare, tra una folla di gente che li considera tra i corpi più amati del nostro esercito.
Un Corpo valoroso, sempre ritratto dai più grandi artisti durante i fatti d'arme più importanti della nostra Italia fin dai primi passi del processo di unificazione italica. Dalla guerra d'indipendenza a quella di Crimea, dalla presa di porta Pia allo sbarco di Trieste del 1918, dalla guerra di liberazione alle prime missioni di pace del Generale Angioni in Libano nel 1982.
Qualche mese orso avevo compiuto un mesto pellegrinaggio alla tomba del loro fondatore a Biella. La mia visita al sepolcro. posto nella cripta della chiesa di San Sebastiano voleva manifestare oltre ad un minimo di curiosità anche la mia simpatia per questi uomini d'altri tempi che portarono a compimento un così ardita idea, e un po' mi irrita l'idea di trovare domani dei bersaglieri senza il loro tradizionale fez rosso, come oggi voluto dal moderno esercito italiano.
Io avrei voluto partire, come sempre, da un luogo e da un ricordo alessandrino non sempre scritto sulle pagine della nostra storia patria, ma che tanto significò per la nostra Unità Nazionale.
Infatti attraverso un importante azione di politica estera, il Cavour riesce ad inviare un corpo di spedizione in Crimea al fianco delle truppe francesi, inglesi e turche. Il Corpo di spedizione vede la nutrita presenza di bersaglieri che il 14 Aprile 1855, alla presenza del Re Vittorio Emanuele II, proprio dalla piazza d'armi di Alessandria, partiranno alla volta di Genova per imbarcarsi verso la Crimea.
Furono 15.000 i militari inviati in Crimea, agli ordini di un altro La Marmora, il Generale Alfonso, fratello di Alessandro e già Ministro della guerra e sarà sempre in Alessandria che il Re li attenderà per passarli in rassegna dopo la vittoriosa battaglia della Cernaia, purtroppo senza la presenza del Gen. Alessandro Ferrero della Marmora che mori di colerà proprio in Crimea il 7 giugno 1855. Infatti Alessandro La Marmora è luogotenente generale al comando della seconda divisione del corpo d'armata inviato in Crimea dove già si trovavano il fratello Alfonso, comandante supremo del contingente sabaudo in Oriente. Poco dopo l'arrivo Alessandro La Marmora si ammala di colera e muore su un letto da campo a Kadikoi. Viene sepolto nel cimitero degli eroi a Balaklava ma la salma tornerà in Italia nel 1911 e sarà sepolta a San Sebastiano a Biella.
Sono pagine importanti per un corpo come i bersaglieri che vedono il loro battesimo del fuoco proprio l'8 aprile 1848, durante la prima guerra d'indipendenza nei presi del ponte di Goito agli ordini del colonnello comandante Alessandro Ferrero della Marmora. Poi ancora li ritroviamo sotto le Mura aureliane di Roma, il 20 settembre 1870, quando il tratto di fortificazioni adiacente la Porta Pia fu lo scenario della fine dello Stato Pontificio con la famosa breccia, scavalcata a suon di tromba da un manipolo di bersaglieri e da altri fanti decretando la fine del potere temporale del papato e l'inizio di una nuova Italia unita.
Fu sempre Alessandro La Marmora a proporre come dovesse essere la foggia del cappello dei "fanti piumati": "uno shakò (cioè un copricapo con visiera) basso e leggero, fatto in modo da coprire la nuca dagli ardori del sole e ad impedire alla pioggia di penetrare dal collo...". Il cappello consiste di una coppa di feltro nero, rotonda, con una tesa piegata intorno per riparare il capo,ma anche per impedire di riposare con la testa a terra: il bersagliere doveva stare in piedi e vigile a difendere il suolo patrio. Il caratteristico pennacchio è composto da numerose piume di varia lunghezza, di colore bronzo con varie iridescenze. Inizialmente le piume erano di gallo cedrone, oggi sono di uccelli orientali. Il pennacchio del Corpo dei Bersaglieri era volutamente folto perché uno dei requisiti fondamentali del Corpo stesso doveva essere la prontezza, lo slancio e la resistenza nella corsa.
Ed è appunto nella corsa che quelle "piume al vento" dovevano dare un segno. Il fez invece ha origine in Crimea dove entusiasmati dal valore dei " Fanti Piumati", gli Zuavi, reparti speciali del Corpo di spedizione francese, offrirono in segno di ammirazione il loro copricapo. Dopo il cappello piumato il fez carminio è divenuto un' altro emblema di orgoglio e distinzione del Bersagliere. Il cordoncino che collega il Fez al fiocco azzurro doveva essere di lunghezza ridotta (max. 30 cm.) tale da permettere a quest'ultimo di dondolare tra le spalle. Tradizione che dopo la sfilata di Torino del 2011 andrà persa per sostituire il fez cremisi con un basco color nero.
Pagine gloriose di una storia di sacrifici, propria di tanti italiani che nelle diverse divise ma anche da cittadini comuni, con diverse ideologie politiche hanno costruito il nostro bel paese e che oggi la politica, che ieri ha fatto dell'Unità nazionale la sua bandiera, ora deve difenderla dal proprio interno, ma saranno i nipoti e pronipoti di coloro che l'anno costruita a costruire nuovi capisaldi di democrazia e unità.