Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il paradiso è tra il cielo e la terra lambito da un azzurro mare (VI parte)

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paradisoLa strada che porta al porticciolo è stretta e trafficata, oltre ad essere a doppio senso di circolazione, e su questa via si affacciano la caserma della Capitaneria di Porto e un noto albergo.
Sempre su questo lungomare dedicato ai Cavalieri vi è il garage della SITA, la società di pullman che collega l'intera costiera con il capoluogo e con Napoli.
L'autorimessa non è grande e devo francamente affermare che ho sempre ammirato la destrezza di questi autisti che con questi moderni autobus percorrono le stradine della costiera e riescono ad entrare nel minuscolo garage che si affaccia su una strada così stretta. Nella mia città di pianura, vista comunque la velocità che tengono su queste difficili strade, un autista di questi mostri d'acciaio, da 54 posti a sedere, potrebbe sembrare un marziano per le sue evoluzioni nella guida, e potrei assimilarli a piloti di torpedoni da corsa.
Costruito su palafitta tra il mare e la spiaggia e con una bellissima veranda sul porto, si trova il Ristorante Lido azzurro; una delle tappe obbligate per un amante della buona cucina in visita ad Amalfi. Il pescato freschissimo di giornata ti accoglie immerso nel ghiaccio, subito all'ingresso del locale, le aragoste sguazzano in grandi teche in attesa di diventare piatti sopraffini. La sala da pranzo del ristorante è ampia, la grande vetrata che la circonda fa entrare il bagliore che sole del Tirreno che sembra voler baciare tutti gli avventori con il suo calore. La sua luce è attenuata da decorate tende da sole. La balconata che da sul mare raccoglie i sapori salini e i profumi che solo il mondo di Nettuno può offrire. Sei obbligato, dal momento in cui vi entri a cercare di non farti ingolosire dalle numerose portate di pesce cucinato come solo la nostra cucina mediterranea sa fare.
Il porticciolo e lo scalo d'oriente sono sempre pieni di piccole e grandi barche ormeggiate. Il divertimento più grande è indovinare la bandiera di nazionalità issata sui grandi yacht o panfili.
Anticamente la parola panfilo (o panfano) indicava un veliero da guerra; oggi il panfilo o yacht è invece una imbarcazione da diporto a vela o a motore. Può avere diverse lunghezze, da circa 6 metri fino a superare i 100.
Il porticciolo è un approdo sicuro per migliaia di turisti che scelgono di visitare la costiera a bordo di piccole barche o di navi e traghetti attrezzati.
Repubblica marinara è ormai divenuto sinonimo di regata storica, una manifestazione di carattere eminentemente storico e culturale, nata nel dicembre del 1954 dal volere del pisano Mirro Chiaverini al fine di rievocare la felice storia delle quattro Repubbliche Marinare. Queste libere città-stato dal X al XVIII secolo scrissero pagine importanti di storia di gran parte dei paesi che si affacciano sul Mediterraneo incrementandone i commerci. La prima regata si svolse a Pisa e da allora, ogni anno a turno, viene ripetuta sul mare di Amalfi e su quello di Genova, ovvero sull'Arno a Pisa e sulla laguna di Venezia.
Voglio però ricordare le edizioni straordinarie che portarono queste pesanti imbarcazioni e i suoi vogatori a Torino nel 1961, sul Po, in occasione del primo centenario dell'Unità d'Italia e a Montecarlo, nel 1999 nell'ambito dei festeggiamenti per il Giubileo di Sua Altezza il Principe Ranieri III di Monaco.
Le imbarcazioni per la Regata sono oggi in vetroresina  del tipo da otto vogatori con timoniere e  sono uguali tra loro per sagomatura, struttura degli scafi, timoni e sovrastrutture. Gli equipaggi indossano i costumi con i colori delle rispettive Repubbliche e i vogatori devono essere nati nella città per la quale gareggiano o esservi residenti da almeno dieci anni. Le barche hanno colori e polene differenti. Quella di Amalfi è azzurra con la figura di prua a forma di cavallo alato, quella di Genova è bianca con il Grifone della città a prua scolpito, Pisa color porpora e l'aquila sulla polena, mentre Venezia è Verde con il Leone di San Marco.
La manifestazione, che si svolge la prima domenica di Giugno, si articola in due momenti importantissimi e complementari tra loro. Apre il maestoso Corteo Storico, segue la Regata dei Galeoni e termina con spettacolari fuochi d'artificio, particolarmente belli ad Amalfi che vanta una grande tradizione di arte pirotecnica.
La passeggiata, ritornati a Piazzale Gioia ci porta, dopo aver goduto del piacere di gustare un buon gelato fatto con i limoni della costiera, verso la chiesa di San Benedetto, sul lungo mare alberato di Corso delle Repubbliche Marinare e il pannello ceramico posto all'entrata di Amalfi raffigurante momenti di vita del popolo amalfitano nel Medioevo.
Al primo piano del Palazzo Municipale, nella sala consiliare che si affaccia sul lungomare, è custodita tra gonfaloni, paramenti sacri e cimeli storici, un'edizione quattrocentesca della "Tabula Amalphitana", il codice marittimo risalente alle origini della celebre Repubblica Marinara. La "Tabula" è composta da 66 capitoli, di cui ventuno in latino e contiene le norme riguardanti aspetti della navigazione, dal nolo agli indennizzi dell'assicurazione (siamo nel medioevo), agli obblighi e diritti del marinaio. Tra l'altro si possono ammirare antichi strumenti nautici ed altri oggetti della marineria medievale recuperati da relitti trovati nei fondali marini.
Il palazzo municipale è ricavato nell'antico convento delle monache benedettine, una splendida costruzione che vanta una superba posizione fronte mare, con la chiesa adiacente che fungeva da chiesa conventuale. Suggestivo il cortile con palme e maestosi colonnati, i cui interni sono molto luminosi e riccamente decorati.
Proprio nella piazzetta retrostante il Municipio, negli anni ottanta esisteva un posto di guardia medica e di primo soccorso, dove per diversi anni prestai attività di volontariato estivo. Ricordo come fosse ieri la moltitudine di turisti che vi facevano visita per piccoli interventi mentre quelli più gravi venivano portati da noi in ambulanza fino a Salerno o a Cava dei Tirreni. Come assistente del medico di turno ricordo un'anziana signora, credo una levatrice. Il suo aspetto, che poteva dimostrare oltre settant'anni, dava a prima vista l'impressione di una bellezza spenta, sbattuta, vissuta e sfiorita. Minuta, dai capelli bianchi con meche nere. Gli occhi, di un nero profondo, fissavano talora in viso le persone con un'investigazione superba; talora si chinavano in fretta, come per cercare qualcosa di nascosto e pare raccontassero ogni sfumatura della vita.
Il naso un po' aquilino disegnava strane forme sul suo viso ovale e di colore olivastro scuro, soprattutto quando la fronte si raggrinzava, e accadeva spesso, come per una contrazione dolorosa; e allora i due sopraccigli neri si ravvicinavano incastonando l'arguto naso.
Tale sguardo poteva far supporre ad un attento osservatore una particolare richiesta di benevolenza o pietà; altre volte potevi coglierci la rivelazione istantanea d'un ostilità inveterata.
L'aspetto, benché il corpo fosse gracile e minuto appariva inizialmente di un non so che di sinistro e di spietato eppure prestava un attento e prezioso soccorso a chiunque si presentasse.
Le labbra, quantunque appena disegnate d'un roseo sbiadito, riuscivano ad essere piene d'espressione ma anche di mistero.
La figura era comunque ben formata benché scomparisse in un certo abbandono nel incedere della camminata, o improvvisamente di fronte a chi chiedeva aiuto compariva risoluto in certe mosse repentine, irregolari e troppo energiche per una donna di quella età.
Nel suo vestire pareva ci fosse qualcosa di studiato e di negletto, che annunciava un'infermiera sicura e determinata, la vita era attillata con una certa cura ma contemporaneamente dimostrava disprezzo o solo dimenticanza della regola femminile nel portamento sgualcito del camice bianco indossato.
Usava solo ciabatte infradito, e la povera donna aveva le dita talmente contorte, quasi annodate tra loro, che sicuramente le portavano dolore nel camminare. Ricordo la sua efficienza e il suo spirito altruista. In dialetto, sbiascicando parole raccolte qua e la da dizionari di tedesco, francese ed inglese riusciva comunque a trovare un modo per tranquillizzare il paziente e dare utili consigli. Non ricordo come si chiamasse, ma la porto nella mia mente come una fotografia, seduta su una sedia li legno e vimini in attesa di essere utile a qualcuno, sempre con il suo cipiglio acceso e la sua voce corvina.
Sotto il Municipio, di fronte al mare si trova il Gran Caffè, il bar dell'aperitivo, da sorseggiare in riva al mare, guardando dalla balconata del lungomare la sottostante spiaggia, ancora piena di bagnanti.



Fine VI parte.