Blog di Dante Paolo Ferraris

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Too little...

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SomaliaDa qualche giorno i telegiornali di tutto il mondo non mostrano più le immagini che spezzano il cuore di bambini somali malnutriti, con le pance gonfie, di lattanti che poppano dagli scarni seni di madri senza latte, mentre le mosche si muovono ronzanti intorno agli occhi delle piccole creature. Le scene delle madri, dalle braccia scarne e con gli occhi che sembrano fuori dalle orbite, che cullano i piccoli corpicini dei loro bambini, cercando di farli addormentare, cosi da non sentire così i crampi della fame, colpiscono sempre l'immaginario collettivo.
Immagini che trovi oggi solo negli appelli, ad esempio di M.S.F. o di AGIRE, in onda su alcuni canali nazionali e non sempre nelle ore di maggior ascolto, ACNUR, UNICEF, S.O.S. VILLAGGIO DEI BAMBINI, OXFAM invece preferiscono lanciare appelli sui maggiori social network, mentre le nostre ricche trasmissioni di Rai e Mediaset continuano invece a regalare migliaia di euro a chi scopre la scatola giusta.
La maggioranza degli italiani sdraiati comodamente sotto gli ombrelloni di una qualunque spiaggia, sfogliano distrattamente la decima pagina di un qualche giornale nazionale, ove un piccolo trafiletto accenna alla tragedia somala; il tutto mentre svogliatamente ci si gusta un bel gelato.
Si, la tragedia del corno d'Africa non interessa nessuno in questo mondo mediatico e dell'opulenza si muore ancora di fame, mentre riempiamo i nostri voraci bidoni della spazzatura con gli avanzi delle nostre libagioni. I supermercati sono stracolmi di crocchette per cani, patè di ogni sapore e gusto per i nostri gatti, mentre a poche ore di aereo uomini, donne e bambini muoiono ancora di fame.
Fa più morti la fame che la guerra, non so se è più doloroso morire per una pallottola che ti accascia immediatamente al suolo, o tra i dolori di uno stomaco che si rivolta su se stesso, e tu non hai nemmeno più le forze per gridare.
Gli ambientalisti fanno lunghe disquisizioni sulla siccità ricorrente che affligge la Somalia. Le organizzazioni umanitarie bussano alla porta dei potenti di tutto il mondo in cerca di fondi per dar da mangiare a chi sta morendo di fame. I governi fanno promesse che non mantengono.
Intanto la fiumana di "morti di fame" lascia la Somalia per il Kenya, l'Etiopia. Migrazione epocale che non si ferma più se non davanti all'interrogatorio di Munkar e Nakīr nella loro tomba di sabbia e sassi. Una massa di disgraziati che viene quotidianamente incanalata nei campi profughi in Kenya e Etiopia, straripanti di miseria umana.
Eppure la tragedia era annunciata da anni; La Somalia vive nel limbo di chi non vuole assumersi responsabilità, lasciata alle volontà dei "Signori della Guerra" ed alle scarse capacità di intervento dell'Unione Africana. Forse se ci fossero miniere e petrolio, l'attenzione dei potenti del mondo sarebbe più esplicita.
Si leggeva già nei resoconti di Organizzazioni non governative presenti in Somalia, lo scrivevano i pochi giornalisti che si interessano dei problemi dell'Africa, che all'orizzonte c'era una drammatica stagione senza piogge. La gente cercava già riparo dai venti aridi del deserto che avanzava qualche mese addietro, la parola carestia era sulla bocca di tutti, i pozzi da tempo erano prosciugati come affermavano i missionari cattolici, e gli scontri tra le tribù erano per far abbeverare le proprie greggi.
Un nuovo disastro umanitario che rimarrà impunito, davanti ad un mondo che sta a guardare. Le colpe, se ci sono, e io credo che ci siano, stanno da tante parti, nei potenti che non si interessano di fame nel mondo se non per granai di Paperon de Paperoni; delle multinazionali che hanno interesse allo status quo; ai mass media che devono far audience con canzonette e talk show. Ma è colpa anche delle O.N.G., alibi preferiti dai governi per lavarsene le mani, quali novelli Pilato davanti alla fame del mondo, scaricando su di esse compiti anche politici. La loro responsabilità sta soprattutto nell'aver perso credibilità di fronte all'opinione pubblica. Troppe volte mi sono sentito dire da amici e conoscenti, "non dare soldi intanto li spendono per loro", " non arrivano mai ai poveracci".
Purtroppo in parte è vero anche questo, troppo spesso i rotocalchi sono pieni di storie di appropriazione indebita da parte di personaggi che vestono uniformi di alcune organizzazioni no profit o, se non peggio di peculato se l'organizzazione è pubblica. Spesso senza rendicontare i soldi incassati e come sono stati spesi o facendolo in un modo che sia difficile capirci.
Eppure io ci voglio credere ancora, non me la sento di buttare tutto alle spine e il mio contributo l'ho dato a chi in questi anni si è dimostrato trasparente, efficiente e sensibile lavorando in Sudan, Kenya, Somalia e Etiopia da anni.
Purtroppo anche in Somalia, per affrontare questa NON nuova emergenza umanitaria e nemmeno NON annunciata posso solo affermare che il mondo civilizzato ha fatto poco ed è arrivato nuovamente tardi.

Te min. Te laat.