Blog di Dante Paolo Ferraris

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La città patavina di Antenore (II parte)

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Tomba di AntenoreProseguiamo rapidamente per via Roma, dove subito a destra si sviluppa un lungo porticato a fianco della chiesa di Santa Maria dei Servi. Non possiamo non attraversarlo, proprio per la storia di cui è permeato, infatti riutilizza dieci colonne ottagonali di marmo rosso, provenienti dal prospetto dalla trecentesca Cappella dell'Arco del Santo nella Basilica di Sant'Antonio da Padova quando questa fu ricostruita. Il porticato è detto del Campolongo, proprio perché fu Bartolomeo da Campolongo che lo costruì nel 1511.
La chiesa della Natività della Beata Vergine Maria dei Servi, conosciuta come Santa Maria dei Servi, è un edificio religioso trecentesco che si affaccia su via Roma , anticamente via Sant'Egidio.
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Chiaroscuri nella città eterna (III parte)

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RomaScendo lentamente verso Piazza di Montecitorio e percorro via della Dataria. Anticamente questa via era chiamata "strada o salita di Montecavallo" perché appunto conduce alla piazza del Quirinale che un tempo era denominata "Monte Cavallo", mentre ora questa denominazione è riservata alla scalinata. La via fu voluta da papa Paolo V e prende il nome dal palazzo della Dataria Apostolica, vale a dire del Tribunale dei benefici, chiamato "della Dataria" per l'apposizione della data sui documenti, ossia l'attuale Ufficio del registro. Questo edificio è di fine Cinquecento ed era di proprietà del cardinale Orazio Maffei. Dopo la sua morte fu affittato alla Camera Apostolica per la famiglia pontificia e successivamente venduto per diventare la sede della Dataria Apostolica. Il palazzo fu ristrutturato per questo scopo da Paolo V, come rivela il cartiglio con lo stemma del papa Borghese e la relativa iscrizione posta sulla facciata dell'edificio. Una pesante ristrutturazione del palazzo (1860) per volontà di Pio IX inglobò l'antico edificio ad una casa che si trovava sul retro: una lapide al di sopra del portone con lo stemma di papa Mastai Ferretti ricorda proprio questi lavori. Il palazzo rimase di proprietà della Santa Sede anche dopo l'unità d'Italia e fu poi venduto nel 1973 all'Ansa.
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La vestaglia granata

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vestagliaHo una vestaglia da camera color granata che ho usato assai poco, sia perché non mi ricordo di possederla, sia perché non si può definire un vero e proprio indumento.
Fa parte di quei capi d'abbigliamento che tengono spazio nell'armadio e ogni qualvolta devo fare i cambi stagionali eccola lì che mi torna tra le mani e pare dirmi attraverso la morbidezza vellutata del suo tessuto, indossami!
Ma nel mio immaginario, Lei, la vestaglia, assume le parvenze di un velo-lenzuolo-vestito, che nasconde la mia pudicizia ma che richiama, altresì, storie ed immagini licenziose.
Eppure se osservo con attenzione i film anche attuali, Lei è sempre protagonista delle migliori scene.
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Luci ed ombre a Torino (XX parte)

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Sibilla CoomanTornato nella capitale sabauda in treno, arrivo a Porta Nuova che non è esattamente la stazione londinese di King's Cross dal quale, nella serie della Rowling, parte il treno, completamente rosso, denominato Hogwarts Express, diretto al villaggio magico di Hogsmeade da cui gli studenti della scuola di magia si recano ad Hogwarts.
L'Hogwarts Express, parte sul binario nascosto 9 3/4 e gli studenti per poter accedere devono passare attraverso un muro invisibile situato tra i binari 9 e 10. Tale muro è reso invisibile poiché non deve essere scoperto dai Babbani e viene così descritto dalla J. K. Rowling nell'episodio di Harry Potter e la pietra filosofale:« Una locomotiva a vapore scarlatta era ferma lungo un binario gremito di gente. Un cartello alla testa del treno diceva "Espresso per Hogwarts, ore 11". Harry si guardò indietro e, là dove prima c'era il tornello, vide un arco in ferro battuto, con su scritto "Binario Nove e Tre Quarti". Ce l'aveva fatta.»
Ma il treno che mi ha riportato a Torino non è un Hogwarts Express, ma un normalissimo e vetusto locomotore, con carrozze pulite ma che dimostrano tutta la loro età, lontano dall'idea dello sbuffante treno a vapore descritto dall'autrice e ben rappresentato nel film.
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Una breve fuga a Minorca

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minorcaMentre cercavo come al mio solito un documento smarrito ritrovo, ingiallita e con l'immagine un po' sbiadita, una vecchia foto di qualche lustro fa che mi ritraeva durante un mio viaggio in Spagna. Non esistevano ancora le macchine digitali ma le vecchie macchine fotografiche a rullini Kodak, con le quali non ti potevi permettere di sbagliare una foto. Il rullino finiva dopo 12/24/36 scatti e lo sviluppo lo pagavi per foto belle ma anche per quelle sfuocate, scentrate ecc.
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L'inverno e il lettone

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lettoNelle mattine d'inverno il lettone caldo ha qualcosa di magnetico che ti trattiene e non vorrebbe lasciarti andare, poi quando sei li che stai per cedere alle lusinghe delle sirene che hanno tessuto la tela delle lenzuola pensi che nessuna di queste ti renderà felice e ti darà di che cibarti, inizi a sentire freddo alla schiena, voci ed urla nelle orecchie dei creditori, scatti come una molla e scappi dalle tentazioni. Accendi la radio e speri che nella notte sia accaduta la rivoluzione e i poveri governino, poi ti rendi conto che è sempre la stessa merda ed un nuovo frustrante giorno è cominciato.
 

Luci ed ombre a Torino (XXI parte)

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Justin Finch-FletchleyCorso Marconi è un viale alberato che offre come prospettiva il castello del Valentino. Voluto dalla Madama reale, oggi la grande via di comunicazione divide in due il quartiere di San Salvario, del quale voglio fare un rapido giro per conoscere una Torino particolare e poco conosciuta dalle guide turistiche.
Il Borgo San Salvario viene ideato e pianificato tra il 1846 ed il 1854, ma già nella metà del '600, su progetto di Carlo e Amedeo di Castellamonte, vengono edificati la chiesa di San Salvatore, da cui prende il nome, e il castello del Valentino, residenza della Madama Reale Maria Cristina di Francia.
Tra gli edifici più antichi vi sono quelli edificati nel 1852 su disegno di Carlo Promis, all'incrocio tra il viale del Re (oggi corso Vittorio Emanuele II) e via Nizza. Questo primo ampliamento si estendeva fino al viale che portava dal castello del Valentino alla chiesa di San Salvario, oggi appunto corso Marconi.
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Chiaroscuri nella città eterna (II parte)

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RomaLungo la strada che mi porta nel piazzale davanti al Quirinale trovo aperta la porta di un'altra importante chiesa, sconosciuta ai più, ai turisti quasi sicuramente. È la chiesa di Sant'Andrea al Quirinale situata nel rione Monti, prospiciente la facciata della Manica Lunga del palazzo del Quirinale. La piccola chiesa fu costruita su commissione del papa Alessandro VII e del cardinale Camillo Pamphili, nipote di papa Innocenzo X, tra il 1658 e il 1678 su progetto di Gian Lorenzo Bernini.
La facciata si apre su un piccolo sagrato che pare più grande, grazie a due ali concave, che illusionisticamente ampliano lo spazio prospettico. Completano la facciata una gradinata semicircolare ed un portico d'accesso monumentale. Sovrastante alla trabeazione della facciata troviamo rappresentati due pesci che affiancano la conchiglia su cui è impresso il Nome di Gesù (IHS). La chiesa è a pianta ovale, con l'asse maggiore trasversale; le sue piccole dimensioni appaiono così dilatate offrendo all'occhio un ampio respiro. Le due absidi laterali non sono utilizzate da cappelle, così da costringere lo sguardo del fedele e del visitatore direttamente sull'altare maggiore, costituito da una cappella in cui la pala d'altare è illuminata da una fonte di luce nascosta, creando una scenografia teatrale che Gian Lorenzo Bernini ha spesso usato.
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La città patavina di Antenore (I parte)

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Tomba di AntenoreA Padova ci sono stato tante volte, ma purtroppo sempre per impegni lavorativi e comunque sempre dalla mattina alla sera. Una città che mi ha sempre affascinato, caotica, ma di quella confusione equilibrata che coinvolge e da cui piace farsi trasportare.
Le mie conoscenze sulla città sono limitate, questo non diminuisce la mia voglia di conoscere e studiare, anzi stimola la mia curiosità.
Ogni qualvolta mi ci reco, cerco di ritagliarmi qualche ora per passeggiare per il centro e mettere il naso nei suoi piccoli vicoli, rapire con gli occhi tutti quei particolari caratteristici della gente padovana, ma anche ascoltare il vociare di piazza delle Erbe.
L'ultima volta, quella che ispira questo post, era ovviamente una così detta toccata e fuga, in cui mi ritaglio quel poco tempo necessario per fare due passi con il mio amico e collega Flavio.
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Luci ed ombre a Torino (XIX parte)

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Gilderoy LockhartLa Piazza è intitolata al re di Sardegna Carlo Felice (Torino 1765-1831). È una piazza elegante, porticata su tre lati, realizzata nel 1861 dall'architetto francese Pierre Barillet-Deschampes, con al centro il giardino recintato Sambuy, ed è il biglietto da visita della città per chi arriva alla stazione ferroviaria di Porta Nuova. La piazza è un salotto all'aperto, frequentato da giovani coppie di innamorati, che trovi sedute sulle panchine, mentre sono prese nelle loro effusioni amorose, lontane dagli occhi indiscreti dei passanti, grazie alla folta vegetazione degli alberi. Il giardino è movimentato da leggere ondulazioni del terreno e da vialetti in porfido che lo attraversano diagonalmente offrendo vedute con diverse prospettive. È impreziosito da piante ad d'alto fusto, da un bel laghetto con tanto di alto zampillo, da una fontana e da un gazebo che ospita dalla primavera all'autunno concerti ed altre manifestazioni.
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Ode alla beata stupidità

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asinoQuando non sai, ma credi di sapere; quando la lingua vola come una farfalla chiusa in una buia scatola di scarpe; quando sali sul palco degli imputati e ti senti un re; quando dispensi i tuoi consigli credendo che siano universali; quando fai volontariato solo per indossare una divisa; quando ti senti appagato se gli altri ti guardano; quando fingi interessamento per dimostrare il tuo affetto, tutto ciò è ipocrisia, sublimazione della stupidità. Sentirsi arrivati in cima alla piramide per quella spilla in più è come essere grandi e grossi come gli elefanti ma dotati del cervello di una pulce. Eppure sono tanti i pachidermi che girano per strada, che ricoprono incarichi delicati e che si muovono come dentro una cristalliera, per appagare il proprio ego bevono tutta l'acqua dello stagno lasciando morire gli altri di sete. Costoro pensano di entrare nelle pagine della storia, ma il tempo che da tempo è galantuomo, li relegherà nel libro dei peggiori guinness dei primati. Nostro Signore benché benevolo non gli ha creato posto in paradiso, nonostante tutte le domeniche questi pachidermi si genuflettano in chiesa. Neanche il diavolo li vuole all'inferno perché creerebbero scompiglio. Ed allora rimangono nel purgatorio terrestre a ingannare gli onesti. Sono felice di essere nato ignorante, non agogno di essere ricordato, felice di dover pagare per i miei sbagli e di dover dire grazie a tanti. Essere qualcuno non vuol dire apparire ma semplicemente saper vivere. Tecnica difficile questa che i nostri politici, dirigenti e di coloro che pensano di essere furbi, quantificano in denaro, passaggi televisivi e presenze sul palcoscenico. Vivi e lascia vivere è un'arte che non entra nei guinness ma che ti da la tranquillità e ti porta sulla tortuosa strada della felicità.
 


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