Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Voltaggio

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VoltaggioIn auto lo sguardo scivola lontano, mentre il sole sbarazzino gioca con qualche nuvola. La luce rimbalza sui tetti delle case che costeggiano la mia strada e pare che dietro gli alberi che corrono lungo il corso del torrente Lemme vogliano far esplodere la chioma.
Raggiungo così Voltaggio, dopo aver parcheggiato l'auto in piazza dedicata al benefattore Tommaso Gazzola, ripasso rapidamente la storia del luogo per comprenderlo meglio ciò che mi accingo a vedere, o meglio rivedere, visto che il piccolo paese della Val Lemme è stato luogo di refrigerio e riposo ogni qual volta ne sentivo le necessità.
Posto alle pendici e schiacciato tra il colle dove si ergeva la rocca e il torrente Lemme che si beve il Morsone, era già conosciuto ai romani per la sua fonte sulfurea, ma anche per la sua importanza strategica, infatti è posto alla confluenza delle antiche strade della Bocchetta e di Capanne di Marcarolo, che da Genova raggiunge l'oltre giogo e la pianura padana.
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Il mio Piemonte: Boca

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BocaRaggiungo Boca dopo aver percorso strade onduleggianti tra verdi campi fioriti.
Il borgo di Boca è posto sulle rive del torrente Strona, si adagia dolcemente su colline non troppo elevate.
La storia del borgo si perde nella "notte dei tempi" ma poco o nulla si è conservato.
Di certo i primi abitanti della zona sono stati i liguri, poi arrivarono i celti che furono soggiogati dalle legioni romane del console Marco Claudio Marcello nel 222 a.C.
Vi passarono anche i Cimbri, popolazione barbarica di origine germanica. Vi transitarono tutte le orde barbariche che occuparono la pianura padana.
Se un periodo di pace arriva nell'Italia settentrionale con i Longobardi è anche vero che del periodo medioevale si sa ben poco di Boca. Probabilmente faceva parte del comitato di Pombia durante la signoria di Ildebrando di Lumellogno.
Entrato nei domini dell'Imperatore Enrico I, fu poi donato da Corrado I al Vescovo di Novara.
Boca era compresa nella comunità di Muzono, attualmente un piccolo borgo dipendente dal Comune di Maggiora, quando passò ai conti di Biandrate che nel 1217 la cedettero al Comune di Vercelli.
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Il mio Piemonte: Francavilla Bisio

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Francavilla BisioStamattina il sole sarà sfavillante, la primavera è entrata a pieno titolo nei suoi più allegri colori, con i fiori sboccia quel pizzico di serenità che mi permette di fare un breve giro in auto.
Raggiungo le primi propaggini dell'Appennino ligure per fare una visitina ad un piccolo e antico borgo.
Raggiungo così tra i campi di grano, pronti per essere mietuti, dove il giallo oro delle spighe fa da contraltare al verde intenso delle foglie della vite che nascondono il loro prezioso tesoro, i grappoli che stanno gonfiando gli acini del prezioso nettare che mi permetterà, tra qualche mese di assaporare il suo virtu0so frutto, magari bevendo un buon bicchiere di dolcetto.
Ai piedi della collina, anche verdi prati seguono il sinuoso corso del torrente Lemme. Si staglia in cima al colle, guardingo su quello che accade a valle il castello. Raggiungo così Francavilla Bisio, piccolo borgo costituito da un gruppo di case dai tetti di coppo, che corre lungo la valle, dalla quale emerge l'alto campanile della parrocchiale.
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Quelle lenzuola bianche

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papàLe lenzuola bianche e senza pieghe, il profumo della barba appena fatta, quella cuffietta di lana che nasconde quei capelli indiavolati ormai dimentichi di quel rosso pel di carota di un tempo.
Il giornale preferito sul comodino, quella voce monocorda di un tono sopra, la squadra di calcio preferita, la forza di un ideale politico e la delusione dei politici erano gli argomenti preferiti.
Ti ho lasciato così, con un ci vediamo domani.
La telefonata nella notte che non vorresti mai ricevere.
Una corsa inutile. Mille pensieri, mille immagini, mille ricordi, mille cose non dette, mille rimpianti.
Gli occhi che velano le lacrime, tue, mie, di molti. Un vuoto assoluto e assordante.
Il dolore arriva così, senza preavviso. Con una violenza tale da lasciarti senza fiato.
Piangere dicono faccia bene. Io so solo che fa male.
La ricerca nei cassetti della memoria dei momenti felici.
Solo dopo si capisce il valore di quella parola, di quello sguardo, troppo tardi e senza possibilità di ritorno: Papà.
 

Leonardo da Vinci

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LeonardoA 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci non potevo non andare a visitare i suo luoghi natii. Il borgo di Vinci è immerso in una campagna verdissima tra vigne e oliveti ed è situato alle pendici del Montalbano nel cuore della Toscana. Il borgo per incantevole che sia, è diventato famoso nel mondo per il fatto di avere dato i natali a Leonardo da Vinci e perché vi si trova il museo leopardiano, con le più importanti ricostruzioni di invenzioni del grande maestro.
Voglio, innanzitutto, con voi ripercorrere brevemente la storia di questo famoso personaggio. La vita in fanciullezza del piccolo Leonardo ce la riporta suo nonno Antonio da Vinci raccontandoci che Leonardo viene alla luce alle tre di notte di sabato 15 aprile 1452, secondo il calendario gregoriano, ossia alle ore 21.40 del 23 aprile secondo il calendario precedente; figlio primogenito nato da una relazione illegittima tra il notaio ventiquattrenne Ser Piero da Vinci e Caterina, una donna di estrazione sociale modesta.
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Il mio Piemonte: Fontanetto Po

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Fontanetto PoC'è il sole, non serve altro per raggiungere il piccolo borgo di Fontanetto Po.
Il territorio del piccolo borgo appare come emerso in un grande lago. Infatti le risaie che lo circondano sembrano far emergere le sue antiche mura da un grande lago. Il sole riflettendo sull'acqua disegna colori vivi, quasi incandescenti.
Il riso sarà presto alto e il suo biondo colore riverbera sulle rogge e canali, dove l'acqua lo ha per mesi alimentato.
Il borgo, posto sulla sinistra del grande fiume Po, nel vercellese, forse insiste su quello che un tempo era l'abitato romano di Ceste – Vetusto Cestis, ancora attestato come tappa al XXXII miglio della strada che collegava Pavia con Torino. Con le invasioni barbariche il vecchio borgo scomparve dalla memoria collettiva.
I primi reperti sono di epoca longobarda, rinvenuti nel 1886 durante le costruzioni della linea ferroviaria Chivasso-Casale. Già prima dell'anno Mille, Fontanetto era infeudata all'Abbazia benedettina di San Michele di Lucedio, poi detta di San Genuario.
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A zonzo con il calessino (XXVII parte)

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CalessinoAbbiamo appena passato l'incrocio che conduce a Miagliano, senza entrarvici, ma dalla strada si vede il corso del torrente Cervo e il ponte che conduce all'antico borgo.
La mia attenzione è però rivolta al greto del fiume, perché luogo di una antica vicenda storica. Questa racconta di Giovanna Monduro, moglie di Antonio o Antoniotto Monduro di Miagliano ma abitante a Salussola. Costei non era una persona molto stimata da parenti e vicina di casa. Alcuni affermavano che era troppo bella per essere una donna normale, altri affermavano che era troppo loquace ed invadente. La vicenda ha luogo nel 1470, quando Giovanna fu processata per stregoneria. Antonia Monduro, moglie di Guglielmino, chiamata a testimoniare, il 21 gennaio dichiara che Giovanna, l'anno precedente aveva profetizzato, durante un diverbio, che entro un anno sarebbe morto "il meglio" della famiglia di Martino Monduro. In seguito, a questa conversazione i due figli di Martino, rischiarono di soffocare Agostino, uno dei due figli morì.
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Il mio Piemonte: Riva presso Chieri

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Riva presso ChieriNel caldo afoso del pomeriggio con il sole che crea particolari giochi e riflessi di luce, m'avvio per raggiungere la casa di Paola a Chieri, colgo l'occasione per visitare un piccolo borgo posto nella pianura tra Chieri e Villanova d'Asti.
Il suo toponimo allude ad una ripa o riva di un torrente a cui è affacciato l'abitato di Riva presso Chieri. I primi documenti che lo citano sono del 1152 in cui l'imperatore Federico Barbarossa lo infeuda metà del Borgo al conte Guido di Biandrate. All'epoca dell'infeudazione esisteva un castello su territorio di Riva, ora scomparso. L'altra metà viene infeudata dall'Imperatore nel 1164 al Marchese Guglielmo del Monferrato. Dal XIII secolo la storia di Riva è indissolubilmente legata a quella di Chieri che si avvia a diventare uno dei più importanti comuni subalpini. Nel 1212 dopo che l'imperatore Ottone IV lo aveva affrancato da tutti gli obblighi verso il Vescovo di Torino, Chieri acquista Riva nel 1223 e già nel 1229, passa all'onore delle cronache in quanto vi viene firmata la pace fra Chieri e i conti di Biandrate.
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A zonzo con il calessino (XXVI parte)

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CalessinoRaggiungiamo così Campiglia Cervo, posto al centro del fondovalle del torrente Cervo che lo percorrere. È uno dei principali centri turistici della vallata che nasconde molte bellezze e tra queste anche curiosità e leggende.
Le prime notizie di Campiglia risalgono al 1207, quando in una bolla del Papa Innocenzo III, si cita l'esistenza di una chiesa dedicata a San Martino. La stessa chiesa, all'epoca rettoria, fu tra le prime nel 1575 a staccarsi dalla chiesa matrice di San Lorenzo di Cacciorna. Già nel 1580, l'originaria chiesa, viene nel frattempo dedicata a San Bernardo da Mentone e a San Tommaso Apostolo, e più tardi ai Santi Bernardo e Giuseppe.
L'attuale chiesa parrocchiale fu consacrata nel 1662, ricostruita sulle preesistenti fondamenta. Questo edificio presenta una facciata arricchita con lesene e cornici del 1866; l'interno è a tre navate e custodisce un polittico del 1565 di Bernardino Lanino. Un'altra tela importante è il Crocefisso con le Pie Donne di Giovanni Antonio Cucchi. Costui, campigliese di nascita, in frazione Ondini nel 1690, è considerato uno dei più prolifici pittori decorativi attivi in Lombardia e nel Biellese, sembra essere stato tra i più richiesti cantori delle glorie delle famiglie patrizie milanesi.
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Un tempo che fu nei nostri paesi!

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zuppa di ceciAl mattino del giorno di Ognissanti tutti partecipavano alla Messa, il pomeriggio si tornava in chiesa per la processione e poi ci si recava al cimitero a fare il giro delle tombe a trovare i propri cari, per una visita agli amici che ci avevano abbandonato troppo presto, a rimembrare pregi e difetti di ognuno, a deporre un fiore, accendere un lumino. Alla sera tutti riuniti intorno al desco famigliare, c'era anche chi recitava il rosario con tutti i 15 misteri e poi si cenava con castagne bollite e vino nuovo. La notte si lasciava la tavola imbandita con tanto di libagioni per la visita notturna dei nostri morti.
Tra il giorno di Ognissanti e quello dei Morti le visite ai cimiteri, vestiti con l'abito bello si ripeteva e anche il cerimoniale del pasto, magari con una zuppa di ceci con le gustose costine e testina di maiale, ma anche con lo zampino.
Le serate erano passate intorno al camino o alla stufa dove i nonni raccontavano le antiche leggende orali tramandate di generazione in generazione. I bimbi stavano con gli occhi sgranati e la bocca aperta ad ascoltare le storie con il cuore colmo di paura. Poi a nanna, dopo aver acceso una candela e posta sulla finestra della cucina, per invitare i propri morti che alzati dalle loro tombe tornavano a casa per una notte a sedersi intorno al tavolo della cucina.
Tradizioni perse, rimaste nella memoria dei più anziani, sostituite da fuggevoli visite ai cimiteri, forse una veloce preghiera, un breve ricordo del defunto. Grandi vasi di costosi fiori sostituiscono tutto il resto che poi dimentichi appassiranno. Unica tradizione rimasta è la zuppa di ceci ma rigorosamente priva di troppi grassi. Solo le persone anziane si soffermano un attimo in più e partecipano alle funzioni religiose, quasi a voler trovar conforto in un futuro che è inesorabile ed uguale per tutti.
 

A zonzo con il calessino (XXV parte)

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CalessinoIntravediamo da lontano Rosazza con i suoi tetti in losa. Il calessino pare abbia voglia di arrivarci velocemente, infatti in pochi minuti ci ritroviamo in Paese e parcheggiamo il bolide rosso a tre ruote, vicino alla chiesa. Lele ci sta già attendendo per fare un giro insieme nel piccolo borgo.
L'abitato di Rosazza, è un piccolo Comune abbarbicato alle pendici di una irta montagna, le cui case in pietra sembrano incollate. Il Borgo è bagnato dal torrente Cervo e dal torrente Pragnetta, suo affluente, che proprio a Rosazza si sposano, poco distanti dall'antico ponte in pietra posto sulla provinciale che supera quest'ultimo corso d'acqua.
La storia di Rosazza coincide con quella di tutti gli altri centri abitati della valle. L'isolamento della vallata, che non ha sbocco, l'ha tenuta isolata per molti anni e questo apparente sfavore l'ha però preservata, mantenendone la sua originalità.
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