Blog di Dante Paolo Ferraris

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Pillole di storia: la tradizione del Presepe e i suoi 800 anni

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Presepe Vivente di GengaIl presepe mi ha sempre affascinato, ricordo con rimpianto quando in famiglia lo realizzavamo. Non era molto grande e nemmeno tante erano le statuine che ci potevamo permettere, ma vi erano le essenziali. Ricordo la ricerca del muschio e i tentativi ripetuti di creare le montagne con la carta da pacchi. L'esperienza del mio presepe finì con l'arrivo in casa di un bel gattone, che aveva fatto del presepio il suo gioco ideale.
Ancora oggi, ammiro con passione le realizzazioni presepiali e se trovo, nel mio girovagare, delle mostre e raccolte di Presepi vado a goderne la visione. Di queste ricordo con piacere la raccolta dei presepi provenienti da tutto il mondo esposti nella basilica superiore di Oropa o quello più piccolo ma meraviglioso esposto nei sotterranei dell'Oratorio e della Chiesa di San Silvestro, di Mornese e raccolto dalle figlie di Maria Ausiliatrice nelle loro missioni in tutto il globo. Tra l'altro il 2023 è stato l'anniversario degli Ottocento anni della prima rappresentazione della natività.
Il primo presepe, nel senso moderno del termine, risale a quello inscenato da San Francesco d'Assisi durante il giorno di Natale del 1223, nel piccolo paese di Greccio vicino Rieti. Anche se le prime testimonianze storiche del presepe risalgono al III-IV secolo, quando i cristiani raffiguravano nelle catacombe, le immagini di Maria con il piccolo Gesù in grembo. Certo non si trattava delle complesse scene presepiali di oggi, ma di semplici rappresentazioni simboliche.
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Pillole di storia: Giovanni Pian del Carpite e una storia sconosciuta

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Giovanni da Pian del CarpiniRileggendo un libro di storia, mi sono imbattuto in un personaggio a cui non avevo mai dato tanta importanza, ma che ritengo debba essere ricordato e magari anche valorizzato. Mi sono soffermato sull'Historia Mongalorum, anche se, in realtà il suo titolo originale e completo dell'opera è Historia Mongalorum quos nos Tartaros appellamus. o Iohannes de Plano Carpini, nacque a Pian del Carpine, oggi Magione in provincia di Perugia nel 1182 circa e morì ad Antivari il 1º agosto 1252. Costui fu un arcivescovo cattolico e missionario francescano. Ma la storia lo ricorda come il francescano alla corte del Gran Khan. Sembra che egli sia stato il primo viaggiatore europeo a visitare alcune corti asiatiche ancor prima del più famoso viaggiatore veneziano Marco Polo. Infatti questo frate francescano fu inviato da papa Innocenzo IV in missione diplomatica alla corte del Gran khan Guyana nel 1245, mentre Marco Polo vi giunse nel 1274, quando regnava Kublai Khan, il quinto e ultimo Gran khan dell'impero mongolo.
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Il mio Piemonte: Vistrorio

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VistrorioTornare in Valchiusella, vuol dire per il sottoscritto rimembrare tanti ricordi di gioventù. Raggiungo così Vistrorio dopo aver seguito il corso del torrente Chiusella. Il territorio si presenta tipicamente collinare con ampie zone coltivate ma con un richiamo montano. Vistrorio è situato nella Bassa Valchiusella, a circa 480 metri d'altezza e conta poche centinaia di abitanti.
Il toponimo Vistrorio deve la sua origine a "Vicus Subterior" che indicava fino al XIV secolo il paese distinguendolo da "Vicus Superior", l'attuale Vico Canavese. Le prime notizie storiche di insediamenti in questo territorio risalgono al V secolo a.C., quando nel Canavese si stabilì la tribù celtica dei Salassi, successivamente sconfitti dalle legioni romane. Le terre valchiusellesi, divennero in seguito facile preda di longobardi e poi dei Franchi.
Dopo un periodo di dominio di Arduino d'Ivrea le terre furono spartite e l'alta Valchiusella, o Valle di Brosso, passò sotto il dominio dei conti di San Martino, distintisi per essere dei tiranni e il borgo non passò indenne nemmeno dalla rivolta dei Tuchini contro i signori del tempo. La Valchiusella passò sotto il dominio sabaudo, dopo una lunga trattativa di pace conclusasi nel febbraio del 1387 firmata nella piazza di Vistrorio, alla presenza dell'intera popolazione.
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Il mio Piemonte: Premosello Chiovenda

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Premosello ChiovendaLa giornata si annuncia calda, fortunatamente stamattina mi recherò sulle Alpi Lepontine nel parco della Val Grande. La levataccia era d'obbligo perché il viaggio è lungo. L'auto mangia il nastro d'asfalto chilometro dopo chilometro. Uscito dall'autostrada mi dirigo verso Premosello Chiovenda. Questo Comune fa parte della Valle Ossola, zona conosciuta per la bellezza del paesaggio montuoso e bellezza naturale. Premosello Chiovenda è circondata dalle Alpi nel vallone percorso dal fiume Toce.
Il primo borgo che raggiungo Cuzzago, ora frazione di Premosello Chiovenda ma Comune autonomo fino al 1928. Cuzzago è viene menzionato per la prima volta in un atto del 1015, con cui Pietro III, vescovo di Novara, dona ai canonici di Santa Maria e di San Gaudenzio di Novara tre peschiere poste lungo il fiume Toce, fra cui quella di Cauclago (Capo di lago, mutato poi in Cuzzago). La borgata che ha poco più di qualche centinaio d'abitanti ma che nella stagione estiva si moltiplicano è posto sotto il pizzo Proman e lo Scopello, tra il Rio dei Mulini e il Rio Meggiola. Cuzzago è abbellita dalla presenza di antiche case patrizie dei secoli XVII-XIX, a testimonianza di antiche ricchezze.
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Pillole di storia: Atatürk

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Kemal AtatürkAlla fine della prima guerra mondiale, la Turchia era un paese vinto e occupato dagli alleati dall'Intesa, determinati a smantellare l'impero ottomano. Le condizioni imposte dall'armistizio erano durissime: l'Impero ottomano doveva rinunciare alle province meridionali; Instanbul e gli stretti dei Dardanelli finivano sotto controllo straniero e anche l'Anatolia rischiava di essere smembrata. Infatti il territorio dell'impero ottomano venne spartito fra le potenze europee attraverso il sistema dei mandati. L'obiettivo era quello di annientare l'identità della Turchia.
Il sistema dei mandati era la soluzione trovata dalla Società delle Nazioni per risolvere il problema di un così vasto territorio come quello ottomano; era una nuova forma di amministrazione territoriale. Il mandato prevedeva l'affidamento temporaneo ad una grande potenza degli Stati e dei suoi popoli "non ancora in grado di reggersi da se". Sostanzialmente era un ampliamento dei domini coloniali a tutto vantaggio della Gran Bretagna e della Francia. L'unica nota positiva del sistema dei Mandati che si differenziava dal colonialismo era, almeno in teoria, il riconoscimento del diritto dei popoli extraeuropei all'autogoverno e indicava le responsabilità e i limiti per le potenze mandatarie.
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Pillole di storia: Sacco e Vanzetti.

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Sacco VanzettiQuesta è una pagina di storia statunitense, figlia di "caccia alle streghe" dove la xenofobia in quella che l'epoca degli "anni ruggenti" cercava capi espiatori per giustificare la difesa dell'esponenziale crescita dell'economia statunitense e il clima isolazionista voluto dagli U.S.A. Sacco e Vanzetti sono due vittime innocenti, vittime di un meccanismo processuale perverso: La loro colpa principale era di essere italiani. Per comprendere l'assurda vicenda occorre conoscere i clima in cui nasce la loro triste storia.
Tra il 1922 e il 1928 Gli U.S.A ebbero una rapida ed enorme crescita economica e la produzione industriale fece un balzo del 64%. Vi fu una trasformazione dei consumi della popolazione, dovuta ad una produzione di massa in tutti i settori, da quello alimentare, a quello automobilistico fino a quello tessile. Per favorire i consumi di massa furono incentivate i pagamenti rateali, rendendo più facili gli acquisti non solo di beni primari ma anche di beni capaci di modernizzare le case delle famiglie, anche quelle meno abbienti.
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Il mio Piemonte: Bene Vagienna

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Bene VagiennaRaggiungo così Bene Vagienna il cui toponimo è derivato dall'antico, fa riferimento alla tribù ligure dei Bagienni, che a loro volta traevano il loro nome dal "fagus", il faggio sacro. Nel 1862 al precedente toponimo Bene venne aggiunto il determinante Vagienna (forma latinizzante del precedente Bagiennorum.
Infatti l'origine di Bene la si vuole risalente al periodo Augusteo ed era posta a circa due chilometri dall'attuale capoluogo, in località Roncaglia. Era denominata Augusta Bagiennorum, che insieme ad Augusta Taurinorum (attuale Torino) e Augusta Praetoria (Aosta) era una delle più importanti città romane della Gallia Cisalpina.
Vado subito a visitare i resti e gli scavi di questo importante centro romano che era provvisto di uffici e sontuosi palazzi. Città che venne distrutta, dopo la caduta dell'Impero romano dalle invasioni barbariche ed i sopravvissuti si spostarono in una zona più alta e facilmente difendibile.
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Il Decameròn una storia travagliata

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decameronIl Decameròn è uno di quei libri che ho poco amato studiare, non mi affascinava quella storia che mi sembrava banale, ma con il tempo mi sono appassionato ad esso. Una lettura sciolta, semplice, talvolta divertente. Una storia che benché collocata durante il tragico evento epidemico della peste del 1348, sembra attuale.
Forse, proprio la collocazione storica della narrazione ha poi appassionato la mia lettura. La peste nera si diffuse in fasi successive dall'altopiano della Mongolia, attraverso la Siria la Turchia e la Grecia. Nel 1347 arrivò in Sicilia e da lì a Genova. Nel 1348 aveva già infettato tutta la penisola italiana, allargandosi quindi al resto d'Europa. A partire dal 1353, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire.
Secondo studi moderni, la peste nera uccise almeno un terzo della popolazione del continente,verosimilmente quasi 20 milioni di vittime. Benché il batterio della Yersinia pestis, sia stato isolato solo nel 1894 è solo da allora la peste è diventata curabile; all'epoca era effettivamente considerato un flagello divino. L'infezione della peste ieri come oggi, si trasmette generalmente dai ratti agli uomini per mezzo delle pulci. La malattia si manifesta nella forma bubbonica, setticemica o polmonare.
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Il mio Piemonte: Vignone

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VignoneIl mattino è ancora fresco e il sole già scalda l'aria e strappa i colori appannati al cielo. In auto sono arrivato stamattina presto sulle coste del lago Verbano o Maggiore e nell'aria sento il profumo dei gelsomini. Lasciata Intra, salgo sui colli prospicienti questo magnifico specchio d'acqua condiviso tra Piemonte e Lombardia. Tornante, dopo tornate arrivo nel comune di Vignone posto nella zona collinare alle spalle di Verbania Intra, lungo le pendici del Monte Cimolo.
Il borgo gode di una splendida posizione soleggiata e con ampia vista sul Lago Maggiore. Il toponimo ricorda che un tempo il suo territorio era costellato di vigneti che occupavano buona parte della sue campagne, ora purtroppo scomparsi. A ricordarcelo oltre al nome sono i tralci di vite pampinosi di verde e con due grappoli di uva bianca e nera, simbolo del paese, posti sullo stemma comunale. La presenza dell'uomo in queste lande si perde nella notte dei tempi, grazie a ritrovamenti archeologici dell'età del bronzo. Ma anche ritrovamenti di tombe datate tra il II sec. A.C e il II sec. d.C segnalano la continuità stanziale di popolazione, forse anche dovuto al clima mite che il luogo gode.
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Il mio Piemonte: Lemie

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LemieLa sveglia ha suonato che era ancora buio, un caffè nero, caldo e senza zucchero. Un pezzo di focaccia la comprerò strada facendo perché la mia meta, oggi è tutt'altro che vicina. L'auto sembra mangiare rapidamente l'asfalto. Dopo una breve sosta dopo Torino già vedo le Alpi Graie e sono pronto a salire per la Valle di Viù. Voglio visitare Lemie e il suo territorio. Il toponimo secondo alcuni deriverebbe dal latino lamiae, "luogo delle fate o streghe"; questa interpretazione è supportato dalle numerose leggende sulle streghe che popolano la vallata. Altri invece lo fanno derivare dal latino, ma da limes, confine, con il significato di "luogo ai confini", probabilmente località di confine in cui stazionavano le truppe romane di frontiera.
La mia prima tappa è il ponte di Forno che può a ragione considerarsi uno dei maggiori tesori della Valle. Questo caratteristico ponte in pietra si trova leggermente fuori la borgata di Forno e attraversa il torrente Stura. Fu edificato probabilmente nel 1477 in sostituzione di un precedente ponte, danneggiato durante l'alluvione del 7 agosto 1469. E' costituito da due arcate disuguali a schiena d'asino in pietra: la maggiore è caratterizzata da un'edicola centrale, un tempo decorato con affreschi. Sul ponte transitava la mulattiera proveniente da Viù. Il ponte sembra essere stato eretto per volontà dei fratelli Goffi, titolari della concessione per lo sfruttamento delle miniere di ferro e di rame e per questo è anche detto ponte Goffi.
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Il mio Piemonte: Olcenengo

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OlcenengoIl vento sussurra il silenzio e il verde esplode in ogni via. Lo sguardo assonnato mi chiede perché ho assecondato la sveglia, ma la voglia della scoperta e tanta. Intanto l'azzurro in cielo si spande e presto lo conquisterà. La macchina sfreccia ormai in autostrada e poco dopo mi trovo tra le risaie del vercellese. Oggi mi dirigo a Olcenengo e da Vercelli pecorrono circa una decina di chilometri in un bel rettilineo in cui a destra e a sinistra della strada si alternano risaie e macchie verdi di alberi che segnano i corsi d'acqua e i fontanili. In lontananza il campanile di Olcenengo pare circondato da un enorme laguna.
Questo mi crea un senso di immenso spazio d'acqua, interrotto solo da campanili e filari d'alberi ma soprattutto evidenzia come la pianura vercellese sia dedita alla monocoltura risicola, al cosiddetto "oro bianco". Ripercorro brevemente la storia di questo comune. Alcuni storici ipotizzano che Olcenengo fosse un sito longobardo, ma non si sono ritrovamenti archeologici se non il toponimo con il suffisso -engo di origine germanica, altri lo fanno derivare dal gentilizio latino Aucenia da nome di persona Aucia, certo è che nel 964 è documentato come Auzeningo. In questo documento è ricordato come il suo territorio fu devastato da orde di Ungari dove nella vicina Vercelli già gli ungari avevano fatto saccheggio, uccidendo altresì il vescovo e tutto il clero.
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