Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Rocchetta Ligure

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Rocchetta LigureLa giornata sembra primaverile, benché siamo in autunno inoltrato. I colori della campagna prima e dei boschi poi, mentre inoltro sugli Appennini liguri hanno ormai sfumature incredibili, ancor più esaltate da un timido sole. Mi inoltro in Val Borbera, costeggiando l'omonimo torrente, fino a superalo ed entrare in Rocchetta Ligure, proprio dove il Borbera si beve il torrente Sisola. Anticamente l'insediamento medievale di Rocchetta sorgeva sulla sponda sinistra del Torrente Sisola, con un castello di modeste dimensioni, ossia la 'Rocchetta' con annesso, nei suoi pressi un piccolo borgo. Nel 1235 risulta tra le proprietà già amministrate per conto dei vescovi-conti di Tortona. Quando nel 1313 Opizzino Spinola, famiglia genovese degli Spinola di Luccoli, ottenne dall'Imperatore del Sacro Romano Impero Enrico II, l'investitura del Castello di Cremonte, e il diritto il controllo su tutti i castelli posti sulla riva sinistra del Borbera. Con questo atto fu riconosciuto sostanzialmente il controllo spinolino in buona parte della Val Borbera.
Rocchetta come molti altri territori nel corso dei secoli entrano a far parte Oltregiogo di Genova, controllati dalle maggiori casate genovesi, quali gli Spinola, i Fieschi, i Doria, i Pallavicini e i Botta Adorno.
Genova infatti, pur essendo una Repubblica senza imposizioni feudali, aveva nelle casate genovesi di fatto dei feudatari, eredi dei disgregati marchesati Aleramici e Obertenghi.
Nel 1607 Stefano Spinola, ottiene dall'Imperatore Rodolfo II, re di Boemia e arciduca d'Austria la licenza di imporre, a Rocchetta, i pedaggi sulle merci in transito.
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Il mio Piemonte: Rocca Grimalda

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Rocca GrimaldaBentornato sole, oggi le nuvole giocheranno con lui, i profumi di primavera stanno annunciandosi nonostante che il freddo sia pungente.
Colgo l'occasione della festa per andare a visitare questo antico borgo.
Voglio visitare il paese prima che inizi la manifestazione della Lachera per potermela poi guardare con calma.
Parcheggio l'auto in un parcheggio realizzato sotto il colle su cui si erge Rocca Grimalda. Al paese si accede da una sola strada che si inerpica verso la cima di questo sperone roccioso che domina la riva destra del torrente Orba.
Arrivo all'ingresso del paese, attraverso un sentiero e una scaletta, mentre la strada asfaltata come una biscia sale verso il castello. Sulla strada vi è un uomo accompagnato dal suo cavallo che tiene per le briglie; a cavalcarlo comodamente seduto sulla sella c'è il suo amico cane che sobbalza al suo passo come se tra i due ci fosse un mutuo accordo.
La camminata mi permette di fare un breve ripasso della storia di Rocca Grimalda.
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Il mio Piemonte: Pietraporzio

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PietraporzioLa giornata si apre con un sole che già dal mattino presto ci dona caldi raggi; l'estate è una di quelle stagioni che deve essere goduta pienamente
La strada per la valle Stura è assai trafficata, sono per lo più auto di turistiche che si muovono dalle diverse località di villeggiatura, di cui la vallata è dotata.
La tradizione vuole che il nome di Pietraporzio derivi da un pretore romano della famiglia Porzia, fondatore del primitivo nucleo ed infatti sullo stemma comunale vi è la scritta "Petra Portici Romani". Tra l'altro una leggenda vuole che il proconsole trovò riparo in una fredda notte, sotto un grande masso posto all'accesso del paese, mentre vi transitava con l'esercito romano. C'è chi invece fa derivare il nome dall'occitano "Peiropùorc" pietra del cinghiale in riferimento alla forma di un grosso promontorio roccioso assomigliante alla sagoma della schiena di questo animale o più semplicemente alla presenza di questi animali in zona.
Certamente in questo luogo, già in epoca romana esisteva una strada, che conduceva alle Clusae, un luogo fortificato che diventerà famoso nella storia militare del Piemonte, oggi conosciuto come le Barricate.
Il borgo fu possesso dei marchesi di Saluzzo fino al 1267, quando Carlo I d'Angiò, conte di Provenza, occupò la Valle Stura. Gli Angiò domineranno la vallata fino alla fine del XV secolo, quando arriveranno i Savoia. Del periodo angioino si ricorda in particolare ciò che riguarda la regina Giovanna.
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Il mio Piemonte: Morano sul Po

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Morano PoLa giornata merita un uscita fuori porta, colgo l'occasione per andare a visitare il paese di Morano sul Po, dove ad aspettarmi c'è Luca, il sindaco di questo borgo monferrino. Morano è un centro agricolo - industriale della pianura casalese. Sorge alla sinistra del fiume Po, a valle della confluenza del torrente stura del Monferrato. Il Comune confina con la provincia di Vercelli.
Morano sul Po farebbe pensare ad un borgo costruito in mezzo al fiume, ma è solo un retaggio del passato la definizione "sul Po", infatti la riceve nel 1862 con Regio decreto di Vittorio Emanuele II per distinguerlo da omonimi altri paesi recentemente uniti al regno d'Italia, ossia Morano calabro in provincia di Cosenza e Morano frazione di Perugia.
Anche il toponimo Morano ha diverse, forse leggendarie origini. C'è chi vuole che la prima denominazione derivi dai "mori", ossia dagli schiavi provenienti dall'Africa e utilizzati per setacciare le sabbie aurifere del Po. Altri lo vogliono far derivare dalla coltivazione dei "Muron" o Moro, il nome dialettale del Gelso e del suo frutto. Però ricordiamo che il Gelso proviene dall'Asia. Pare che il Morus Nigra ossia il Gelso nero, originario dell'Asia minore sia stato introdotto in Italia nel cinquecento, mentre il Morus Alba, mentre il Gelso bianco proveniente dall'Asia minore sia di poco prima importazione, ciò rende assai difficile l'attribuzione del toponimo al "Muron". Invece credo che sia molto più credibile il prediale in anus dal nome di persone romana Maurus diffuso nella pianura padana. Di certo Muranus è citato per la prima volta in un diploma dell'Imperatore Ottone III in data 19 luglio 992 come concessione a favore dell'abbazia di Novalesa.
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Il mio Piemonte: Locana

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LocanaMi aspetta un giorno stropicciato e raffreddato. Il vento ha rubato agli alberi le foglie e ora un tappeto di color bruno è ai loro piedi. Ciò non mi spaventa e anche se questo è un giorno intriso d'autunno. Oggi mi dirigo nel canavese, voglio visitare un grazioso paese collocato nella stretta e verdeggiante valle del torrente Orco.
Locana è posta ai piedi del Parco Nazionale del Gran Paradiso fra pascoli e boschi centenari. Il Comune di Locana è il più esteso dell'intero territorio torinese, infatti è esteso per 132,8 km², comprendente i due versanti montani, ciò ne fa un territorio con moltissime borgate, 92 per la precisione, molte disabitate, sparse dai circa 600 m del fondovalle e giunge fino ai piedi della Torre del Gran San Pietro alta circa 3692 metri. Ovviamente cercherò di visitare qualche borgata. Parte del territorio comunale è compreso nel Parco Nazionale del Gran Paradiso.
Sul toponimo vi sono diverse ipotesi, di certo è che Locana, nella lingua occitana è Lucana, che potrebbe derivare dal latino lucis, lucentis ossia splendente o dal gallico leuc o leuko cioè chiarore o biancore, forse per il colore biancastro di alcuni filoni di roccia, ma potrebbe semplicemente derivare da lucus ossia bosco, radura nel bosco con il suffisso pregallico – ana. Di certo il territorio era abitato fin dai tempi più antichi. Le prime notizie certe, su Locana si hanno per la prima volta nel 1185, quando durante il periodo del feudalesimo, la valle fu assegnata ai Signori di San Martino ed ai Valperga. Tra loro fu subito disputa per possedere interamente questa ricca e popolosa plaga della vallata del torrente Orco.
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Il mio Piemonte: Maggiora

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MaggioraLa mia visita al borgo di Maggiora è una buona scusa per ritrovare dei vecchi amici, inoltre percorrerò le antiche strade che ha calpestato il grande architetto Alessandro Antonelli. Mentre attendo l'arrivo di Francesca e Mattia parcheggio la mia auto proprio vicino al monumento che ricorda Antonelli. L'architetto nacque a Ghemme il 14 luglio 1798 dal dottor Costanzo e da Angiola Bozzi. La famiglia Antonelli era però originaria di Maggiora. Alessandro era il secondogenito, mentre il fratello maggiore Antonio, stimato avvocato, dovette presto abbandonare l'attività forense per la prematura scomparsa del padre, per occuparsi delle proprietà della famiglia.
Ercole, terzogenito, fu uno stimato medico, primario di chirurgia all'ospedale di Novara, mentre Giovanni divenne geometra e Francesco un importante avvocato. Alessandro studiò al liceo e al ginnasio di Milano. Sempre a Milano, iniziò a studiare disegno all'Accademia di Brera e privatamente meccanica, matematica e geometria. Laureatosi ingegnere-architetto nel 1824, iniziò a lavorare negli uffici del demanio di Torino e collaborò a costruire la Curia Massima. Recatosi a Roma per un corso di perfezionamento in architettura, studiò gli antichi monumenti.
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Il mio Piemonte: Frassinetto

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FrassinettoUn caldo mattino mi ha svegliato, il fresco sfila via piano piano e il sole che sussurra all'alba convincendola che è arrivata la primavera. Sono già in auto in corsa verso la mia meta e davanti a me vi è un cielo azzurro così limpido che da tempo non vedevo. Oggi vado in Valle Orco e precisamente voglio visitare Frassinetto. L'origine del suo nome potrebbe derivare della presenza di frassini sul suo territorio, altri affermano che derivi dal toponimo Fraxinetum derivante dall'arabo "Farakhshanit" che significa luogo fortificato, pensando ad un antico insediamento arabo, durante le scorrerie saracene attorno all'anno Mille. Personalmente sono convinto che deriva dall'abbondanza di frassini sul suo altopiano. Non ho trovato tante informazioni sul suo territorio, forse in antichità il territorio era abitato dal popolo dei Salassi che per sfuggire all'avanzata romana, nel I secolo a.C. trovò rifugio su questi monti. Qualcosa di più si conosce dell'epoca medioevale, quando condivise le sue vicende con Pont Canavese, essendo assoggettato ai medesimi feudatari, ossia i conti di Valperga e i conti di San Martino. La lotta tra le due diverse fazioni dei nobili del luogo, non lasciarono indenni la popolazione di Frassinetto fra il XIII ed il XIV secolo. Inoltre è certo che anche la sua popolazione partecipò alla famosa rivolta dei Tuchini nel 1386. Subì nel 1399 l'occupazione delle truppe del conte Amedeo VIII di Savoia inviate a sedare gli ultimi centri della ribellione e per far pagare un conto assai salato agli abitanti di Frassineto e di Pont Canavese, pari a 1135 ducati per ottenere il perdono dei Savoia. La storia di Frassinetto segue poi le vicende del canavese e della dinastia dei Savoia, fatte anche di guerre, carestie ed epidemie. Ma soprattutto la storia di Frassinetto è fatta di vicende legate alla faticosa vita dei contadini di montagna con le loro tradizioni.
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Il mio Piemonte: Cameri

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CameriLa giornata è appena iniziata, in auto corro già sull'autostrada verso il novarese. Oggi voglio visitare il territorio comunale di Cameri che confina con la Lombardia, ed è percorso dal fiume Ticino e dal torrente Terdoppio oltreché attraversato dai canali Regina Elena e Cavour.
Questo borgo ha origini molto antiche quasi coevo di Novara, fondato dai Liguri, primi abitatori dell'Italia Settentrionale. Ai Liguri si sovrapposero i Vertecòmari o Còmari che darebbero origine al toponimo di Cameri (Còmari, Càmeri) secondo alcuni storici, altri hanno opinioni molto diversificate.
Anche Cameri come Novara divenne colonia Romana. Alcuni ritrovamenti archeologici in località Bornago e Argine provano gli antichi insediamenti dell'epoca romana imperiale.
Successivamente in un documento del 912 Berengario I, su richiesta del vescovo di Pavia Giovanni e del conte e marchese Olderico, concesse al vassallo regio Leone, di costruire castelli in alcuni suoi possedimenti, tra cui Cammari e Bornago. Il territorio passò poi ai Conti di Biandrate. La sua storia segue dapprima, quella del Comune di Novara ed era il 28 luglio 1358 quando Galeazzo Visconti, entrato vittorioso a Novara fece distruggere i castelli non fedeli, fra cui quello di Cameri. Nel 1441, Cameri con il novarese divenne un feudo degli Sforza. Il territorio subì ripetute occupazioni, distruzioni dei vari eserciti che tra il XVI-XVII secolo vi passarono e vi combatterono. La popolazione fu decimata anche dalla peste che sconvolse ampie parti d'Italia nella terza decade del XVII secolo.
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Il mio Piemonte: Ingria

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IngriaLa giornata si presenta calda ed afosa, ma in soccorso oggi arriverà la montagna e la bellissima val Soana. Dopo un viaggetto in auto e una bella arrampicata in auto lungo il corso del Soana arrivo a Ingria. Il cielo è limpidissimo, di un azzurro incredibile, mi ricorda il mantello del principe di Biancaneve nel film animato di Walt Disney.
Questo comune ha un territorio assai grande che si distende su i due versanti boscosi che corrono lungo il corso del torrente Soana. Su questo distesa verde di boschi di latifoglie, principalmente castagni e faggi, nascosti tra alberi ci sono molte frazioni che con i campanili delle loro borgate che fanno fatica a trovare spazio in questa lussureggiante selva ombrosa. Albaretto, Albera, Arcavut, Bech, Beirasso, Belvedere, Bettassa, Borgognone, Camprovardo, Cavagnole, Ciuccia, Fenoglia, Ghiaire, Mombianco, Monteu, Querio, Reverso, Rivoira, Salsa, Villanuova, Viretto sono i nomi di alcune frazioni o borgate, per lo più disabitate o abitate durante la bella stagione. Infatti il comune di Ingria fatica a raggiungere i 50 abitanti. Non riuscirò a visitarli tutti ma cercherò di vederne i maggiori. Secondo alcuni studiosi il nome di Ingria deriverebbe da un patronimico tedesco Ingrich, ipotizzando un dominio longobardo sulla zona. I primi documenti storici che parlano di questo centro risalgono all'XI secolo quando Ingria che è posto all'inizio della val Soana con tutta la valle fu feudo dei conti di Valperga. Di certo si sa che i suoi abitanti parteciparono alla rivolta dei turchini e che furono domati solo nel 1435, dopo quattro anni di accanita resistenza, dalle truppe del duca di Savoia. La popolazione della vallata e della valle Orco era duramente provata dalla carestia, dalle pestilenze e dagli onerosi tributi
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Il mio Piemonte: Momo

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MomoLa mattinata è iniziata con il segno meno davanti ai numeri che indicano il freddo. Il riscaldamento dell'auto è acceso e l'aria calda sta tentando di sbrinare i vetri. Rimpiango per un attimo il letto da cui da poco sono uscito e dove ero protetto con un soffice piumone. Ma la voglia di uscire era tanta, forse era una necessita ed è sicuramente solo un passo verso la primavera che è ormai alle porte. Ma sono sicuro che un timido sole mi accompagnerà un questo mio girovagare per il Piemonte.
Lasciata l'autostrada e percorso comode strade, già illuminate da un impacciato sole che fatica a scaldare, entro nell'abitato di Momo. Questo Comune del novarese è posto ai confini del terrazzo fluviale del torrente Agogna. Il primo insediamento umano conosciuto in questo luogo è sicuramente di epoca preromana e potrebbe essere di origine celtica, ma fu la sua eccezionale posizione geografica, posta all'incrocio tra la via "Settimia" poi "Francisca" che da Novara, attraverso il Cusio, conduceva ai passi alpini e la medioevale strada pedemontana che collegava il porto sul Ticino di Oleggio con il guado sul Sesia a Carpignano a favorirne lo sviluppo. In epoca romana, quest'area del terrazzo fu soggetta a centuriazione con il frazionamento dei terreni che favori l'insediamento di nuove famiglie e lo sviluppo agricolo. Da questi insediamenti può derivare il toponimo del borgo, forse dal nome gentilizio Mummio, Console romano.
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Il casino generazionale

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Gatto ArturoSono nato nel periodo in cui il televisore era in bianco e nero e i canali televisivi nazionali erano due. Il secondo canale era entrato in programmazione nel 1962 e per il terzo dovevo aspettare fino al 1979. I canali TV privati erano ancora lontani ad entrare nelle case delle famiglie. Il 6 maggio 1971 inizia a diffondere le sue trasmissioni in Italia TV Capodistria, in lingua italiana e Tele Montecarlo, emittente televisiva privata di lingua italiana del Principato di Monaco, attiva dal 1974 al 2000. Costoro furono negli anni Settanta e nei primi anni Ottanta, la principale alternativa ai canali televisivi della RAI. Con grande fortuna, già fanciullo, potevo andare a vedere al pomeriggio, nella sala TV dell'albergo davanti a casa mia, il Napoleon, la TV Svizzera italiana che aveva già iniziato la produzione di programmi televisivi a colori. Ero cresciuto in anni in cui i programmi per bambini iniziavano alle 16 e finivano alle 18 e obbligatoriamente dopo Carosello bisognava andare a dormire.
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