Blog di Dante Paolo Ferraris

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Il mio Piemonte: Strevi

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StreviLa giornata inizia con i raggi solari che attraversano i vetri della finestra e mi invitano a uscire rapidamente da casa alla scoperta di un altro piccolo borgo.
Coglierò l'occasione per andare a trovare il mio amico Paolo, noto produttore vitivinicolo e a scoprire il borgo di Strevi.
Strevi è un piccolo borgo che sorge alla base, ed alla sommità, di un contrafforte che si affaccia sulla sinistra del fiume Bormida. Lo raggiungo agevolmente e prima di incontrare Paolo voglio fare due passi per i due borghi, quello Superiore ed Inferiore che ne costituiscono il nucleo principale.
Inizio da quello Inferiore che più semplicemente gli Strevesi, lo indicano come di Sotto (Borg ad suta )
Dopo aver parcheggiato l'auto, inizio a scendere delle strette stradine fino a raggiungere il Borgo inferiore, che probabilmente fu il primo agglomerato urbano di Strevi in quanto situato nella zona pianeggiante. Il borgo oggi si presenta con un agglomerato di case, con fattezze rurali e qualche importante palazzo storico con fattezze signorili, costruite intorno all'oratorio dell'Angelo Custode o della Santissima Trinità. Nel borgo inferiore insistono importanti case vitivinicole, la Pro Loco, la stazione ferroviaria e gli impianti sportivi. L'oratorio presenta una facciata senza particolari pregi architettonici, fatto salvo un affresco posto sopra la porta centrale.
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Il mio Piemonte: Castellazzo Novarese

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Castellazzo NovareseStamattina mi avventuro nella verdeggiante campagna novarese per raggiungere il piccolo borgo di Castellazzo Novarese. Questo paese ebbe origine nel periodo medievale, anche se negli anni 50' del secolo scorso, sono stati ritrovati reperti del I secolo d.C. tali da far pensare ad un insediamento di età romana. Il toponimo, è un diminutivo e dispregiativo di castellum, inteso come castello, testimoniata da un'antica fortificazione di cui la massiccia mole del castello è arrivato fino ai giorni nostri.
Castellazzo Novarese ha avuto origine nel periodo medievale ed il nome del luogo pare essere stato era stato Camodeia, nome dei signori del luogo, Da Camodeia. Questa fu una potente famiglia della zona tra il Duecento e il Trecento e che aveva edificato il castello. Il centro abitato si sviluppò attorno alla antica chiesa ormai scomparsa, intitolata a Santa Maria. Sotto il dominio del Comitato di Pombia prima, divenne in seguito un possedimento di numerosi casate: gli Scazzosi di Biandrate, i signori di Asigliano, i Tizzoni, i Caccia di Mandello che acquisirono il feudo nel 1667.
Raggiungo così il borgo, il sole è già alto e i suoi raggi creano particolari giochi di luce specchiandosi nelle risaie allagate che circondano il borgo. Sono molto poche le persone che trovo in giro, d'altra parte gli abitanti sono poche centinaia ed è un giorno feriale. Il castello si erge monumentale al centro del paese, quasi da fare ombra alle poche case del borgo. Parcheggiata l'auto nei pressi del Municipio, un lungo e bell'edificio che ospita il locale ufficio postale e sulla cui facciata una lapide ricorda i militari caduti nelle guerre mondiali.
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Il mio Piemonte: Fresonara

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FresonaraLa giornata si presenta luminosa e tiepidina nonostante sia ancora inverno. Oggi non vado tanto lontana da casa. Mi reco in un borgo piccolino ma interessante per la sua storia. Parcheggio l'auto nel centro del paese per meglio girovagare nelle sue strade. Fresonara ha una storia assai antica infatti nel 951 fu parte della dote di Adelaide di Susa, sposa in seconde nozze dell'imperatore Ottone I. Il borgo era considerato una "corte" e ciò indica la presenza di un castello e di una chiesa. Ma la vicinanza dell'antica Via Emilia Scauri sicuramente avalla la tesi dello storico locale Pietro Vernetti che sostiene l'esistenza di primi insediamenti in epoca romana, attribuendo il toponimo alla famiglia romana dei Fresus, rifugiatasi in questi luoghi durante la persecuzione di Nerone. Ma è solo una tesi in quanto altri ipotizzano il suo toponimo derivato da Frisinaria come corruzione di Frassinaria da bosco di frassini, alberi che anticamente occupavano il territorio. Infatti il territorio era ricco di boschi e acquitrini citata come facente parte della Silva Urbe dal narratore Paolo Diacono che lo definiva come luogo preferito dagli imperatori longobardi che vi svolgevano l'attività venatoria.
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Il mio Piemonte: Mandello Vitta

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Mandello VittaGiorno dopo giorno. il mattino guadagna qualche grado di calore al freddo dell'inverno. Il sole è già alto ed illumina la mia strada che corre tra le risaie del novarese. Raggiungo così Mandello Vitta precedentemente denominato solo Mandello fino al 1863. Il borgo sorge sul luogo di un più antico insediamento longobardo, come lasciano supporre alcuni ritrovamenti di resti di un sepolcreto e di una coppa di vetro, del IV secolo.
Il paese prende il nome dal podestà novarese Robaconte da Mandello, milanese ma originario di Mandello del Lario, che nei primi anni del 1200 vi organizzò un borgo franco sull'antica arteria medievale, denominata "strada Biandrina", che univa Biandrate a Romagnano Sesia e alla Valsesia. Il borgofranco di Mandello fu un importante centro di controllo di questa arteria stradale ed era dotato di una Torre, che ancora oggi posso ammirare nel paese. Nei pressi della torre, fu in seguito costruita la residenza della famiglia dei Caccia, già presente sul territorio dai primi anni del XVI secolo. I Caccia tennero in feudo Mandello fino al XVIII secolo. In seguito ne fu investita la famiglia Vitta, che molto si prodigò per il borgo, tanto che dopo l'Unità d'Italia, nel 1863, il Comune mutò la propria denominazione in Mandello Vitta. Nel 1928 Mandello Vitta fu unito a quello di Vicolungo per formare un nuovo comune con capoluogo e denominazione Vicolungo; assetto amministrativo che durò fino al 1954.
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Il mio Piemonte: Alzano Scrivia

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Alzano ScriviaLa mattinata oggi si presenta con una luce soffusa e calda, eppure l'inverno non è ancora passato. Gli alberi sono avvolti in questa strana atmosfera dove non si percepiscono nemmeno le loro ombre. La strada provinciale che percorro è piena di buche, segno di scarsa manutenzione e devo percorrerla lentamente. Ciò mi permette di osservare cosa mi circonda e le diverse sfumature che il sole crea giocando con i colori. Non vado molto lontano da casa e quindi mi prendo il tempo necessario. La pianura è normalmente intensamente coltivata a prodotti ortofrutticoli. Molti sono gli appezzamenti di pioppi, con i loro fusti alti e snelli penetrati stamattina una un fitta luce che con l'umidità del mattino mi offre particolari sensazione, grazie ai disegni e i colori delle chiome degli alberi.
Il borgo che visiterò è Alzano Scrivia, piccolo centro situato a poca distanza dalla confluenza tra il Po e lo Scrivia. Scarse sono le notizie relative alla storia di questo borgo di poco più di un centinaio di abitanti. Il borgo si chiamò semplicemente Alzano fino al 1925 e dal 1928 al 1946 fu unito alla vicina Molino dei Torti in un unico comune chiamato Molino Alzano. Il toponimo qualcuno lo fa derivare da Acianum, vale a dire "villa di Atius" , presumibilmente un nobile romano, quindi si ipotizza vi fosse una curtes o anche villa ossia un azienda agraria di medie o grandi dimensioni. Divenne poi Atianum, Curtis Acianico, Acianim e infine Alzano.
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L'armadio

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L'armadioIl tavolo è apparecchiato, il cameriere ha appena posato il quartino di vino rosso sulla tovaglia di carta a scacchi bianchi e rossi. Il pranzo è lauto e la compagnia di Tarin e Massimiliano lo rendono ancor più piacevole. Le chiacchiere mentre si pranza variano dal serioso all'ameno. Ho appena detto a Tarin che devo andare a comprare un letto per la casa in cui spero presto di trasferirmi e subito mi dice di andare a vedere se c'è qualcosa nel suo solaio, nella casa di campagna che mi piace. Ci accordiamo per il mercoledì successivo.
Il viaggio su per le colline tortonesi è piacevole, complice la splendida giornata primaverile. La casa di Tarin è un grande cascinale in un piccolo centro urbano. A rapirmi da subito è lo splendido panorama che si gode da questo balcone sulla pianura tortonese. Si riconoscono molti centri abitati che ci circondano, in primis la massiccia mole del Dongione di Carbonara Scrivia e poco più in là, l'occhio non può rimanere indifferente alla grande statua in bronzo luccicante della Madonna con bambino posta sul culmine della alta torre del Santuario della Madonna della Guardia di Tortona. La casa è arredata con gusto e non sembra abitata solo occasionalmente. Anche il giardino è decisamente curato. Saliamo le scale fino a raggiungere il solaio. Una fioca luce di una lampadina pendolante ci aiuta a non calpestare nulla in questo grande sottotetto. C'è di tutto, proprio come nelle grandi case di campagna di una volta, dove ciò che non si usava più non si gettava ma veniva conservato con cura. Dagli scatoloni di giocattoli, ai vecchi sci, a una serie di mobili, alla comoda della nonna. Trovo rapidamente il letto in ferro che mi piace, è bisognoso di un accurato restauro ma è in ottime condizioni,
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Il mio Piemonte: Denice

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DeniceUna distesa di nuvole galleggia nel cielo. L'alba è arrossita davanti al giorno che è avanzato. La strada per raggiungere il borgo che oggi voglio visitare non è molta.
Denice è un piccolo borgo, uno dei paesi di confine, dove l'Alto Monferrato si sposa con la Langa astigiana. Mi ha particolarmente attratto il suo centro storico che risulta tra i meglio conservati, con la sua caratteristica di essere di forma pressoché circolare. Infatti le case creano un recinto chiuso che all'epoca delle incursioni saracene ma le anche per continue guerre feudali, fungeva da protezione della popolazione. Per raggiungere questa borgata di poche centinaia di abitanti sono salito da Montechiaro d'Acqui e mi sono fermato un attimo in località Piani ad ammirare la chiesa Madonna delle Grazie. Si tratta di un semplice edificio, interamente intonacato e tinteggiato di giallino.
La sua caratteristica è di avere un portale a capanna come il tetto della costruzione. In facciata nessuna finestra se non un piccolo oculo posto sotto il culmine del tetto. Strano è il campanile posto sul latro sinistro dell'abside, con le sue caratteristiche lunghe aperture a punta. La chiesa ha la porta chiusa, ma non è difficile ipotizzare che sia a navata unica.
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Il mio Piemonte: Montecastello

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MontecastelloUna distesa di nuvole sembra galleggiare in cielo, ma non fanno paura perché il sole pare volerci giocare a nascondino. In auto raggiungo agevolmente Montecastello che si trova a soli 10 km da Alessandria.
L'abitato, pare essere stato un antico insediamento già abitato durante il paleolitico superiore. Il primo insediamento romano assume un generico nome di Villaro, divenne poi Pontianum dal patronimico Pontius di una famiglia latina insediatasi in loco. L'attuale toponimo deriva dal latino Mons castrum, ossia monte fortificato e compare nei documenti ufficiali tra il 1190 e il 1200 con varie dizioni: Castello di Ponziano, Montecastello di Ponzano, Villaforte di Montecastello. Per raggiungerlo devo costeggiare il corso del fiume Tanaro fino alla sua confluenza con il fiume Bormida. Il borgo, edificato nel corso dei secoli, sembra un lungo biscione che dalle rive del fiume sale verso la cima del colle ove si erge il castello. Infatti, sulla collina anticamente si ergeva un'antica torre saracena adibita a colombaia.
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Il mio Piemonte: Pont Canavese

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Pont CanaveseIl vento sbeffeggia l'autunno, ma lui non se ne preoccupa, tanto il suo percorso è ancora lungo prima di incontrare l'inverno. Il cielo intanto è azzurro e luminoso e la strada che percorro è sgombra, sarà perché è sabato ed è mattina presto. Per visitare questo importante borgo del canavese dovrò fermarmi a dormire almeno una notte. Mentre sono in viaggio ripercorro brevemente la storia di Pont Canavese.
Si racconta che i primi abitanti del luogo vi vissero a partire dal 3500 a.C. Abitavano presso il Monte Oliveto, in caverne e utilizzavano le grotte naturali per ripararsi. Per i Salassi, il territorio fu denominato Rondilitegna, che significa "passaggio a due valli". Quando Pont fu occupato dai Romani fu indicato come "Ad duos pontes". Ciò è dovuto perché l'abitato si trova alla confluenza dei torrenti Orco e Soana. Il nome di Pont lo si trova per la prima volta in un documento storico nel 1110. Ossia quando quando l'Imperatore Enrico I, in un diploma conferiva ai Conti del Canavese tra le altre terre, anche Pont. Infatti Pont divenne capoluogo del feudo denominato "Pont e Valli", comprendente le valli dell'Orco e del Soana, sotto il dominio dei De Canavise. Però una leggenda popolare vuole che le torri e i castelli di Pont siano stati costruiti da Re Arduino intorno
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Il mio Piemonte: Omegna

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OmegnaLa giornata è fredda e nebbiosa, decido di prendere l'auto la mattina presto per andare a cercare un cielo limpido. Con l'auto mi dirigo a nord e decido di recarmi sul lago d'Orta. Appena supero Casale Monferrato la nebbia si dirada e ben presto scompare dalla mia vista e un timido sole, benché freddo, accompagnerà da questo momento la mia giornata.
Omegna oggi è un importante polo industriale della provincia del Verbano-Cusio-Ossola. Il borgo di oltre 15.000 abitanti è adagiato intorno alla sponda settentrionale del lago d'Orta e lungo la valle creata dal torrente Nigoglia. Curioso sapere che il Nigoglia è l'unico torrente del bacino del Po di sinistra che scorre da sud verso nord. Infatti, il Nigoglia è un emissario del lago d'Orta e poi dopo un breve periodo, confluisce nel torrente Strona. Sul torrente Nigoglia è presente molta cultura popolare e anche citazioni letterarie. Infatti, nel romanzo per ragazzi "C'era due volte il Barone Lamberto" ovvero "I misteri dell'Isola di San Giulio" del 1978 dell'omegnese Gianni Rodari, il torrente è menzionato. Anche nel libro "draghi loco pei" della omegnese e saggista Ersilia Zamponi, descrive il torrente così: "a Omegna il lago alla Nigoglia si consegna ma il canale Nigoglia scorre per un chilometro poi non ne ha più voglia". La tradizione popolare di Omegna dice che "la Nigoeuja la va in su; e la legg la fém nu"; e la legge la facciamo noi. Omegna a nord è chiusa dal massiccio Mergozzolo o anche Maniccio di Mottarone, e dalla cornice montuosa in cui si apre la stretta valle formata dal torrente Strona.
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Rovigno

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RovignoIl viaggio in auto è lungo ma l'aspettativa è alta. Varcato il confine italiano, dobbiamo attraversare un breve tratto di strada in Slovenia, prima di raggiungere la Croazia. In Istria il panorama è verde e lussureggiante, la strada si snoda tra dolci colli, dove i campanili gareggiano con gli alti alberi che da secoli caratterizzano la Croazia i borghi che attraversiamo si susseguono con i loro antichi castelli e le lussuose dimore nobiliari. Da lontano lo skyline della città di Rovigno mi appare caratterizzato dall'alto campanile della chiesa di Sant'Eufemia.
La storia della cittadina in cui passeremo le ferie è molto antica e risale all'età del ferro e del bronzo, quando quest'area era abitata dalla tribù mercantile degli Hisri. Nel 177 a.C. Rovigno diventò parte dell'impero romano e assunse il nome di Arupinium o Mons Rubineus ossia pietra preziosa. Più tardi assunse il nome di Ruginium e Ruvinium ma anche Ruigno, Ruinio, Revigo, compare anche come Rubinum. Alcuni credono che il nome possa derivare da Rufinius del nome di un proprietario terriero in epoca romana. Dopo un lungo periodo di prosperità e con l'inizio del decadimento dell'impero romano, Rovigno diventò oggetto di saccheggi sia da parte degli unni che di altri popoli nomadi assetati di conquista.È in questo periodo che gli abitanti iniziarono a trasferirsi sulle isole fortificandole. Rovigno, dopo il periodo di dominio britannico, passò sotto il controllo dei longobardi e poi dei franchi.
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