Blog di Dante Paolo Ferraris

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Luci ed ombre a Torino (LVII parte)

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Horace LumacornoMi avvio in Corso Galileo Ferraris, questa ampia strada alberata, parrebbe non nascondere nulla d'interessante, ma non è vero. Infatti subito s'incontra l'Istituto Magistrale Augusto Monti. Un bell'edificio in stile liberty, progettato da Giorgio Scagnatta e Camillo Dolza, costruito nel 1906. Colpiscono l'ingresso coperto da un elegante tettoia in ferro battuto e vetro e i molto curati e bei finestroni.
L'area dove sorge attualmente anche l'Istituto, è ancora oggi denominata " Siberia" Un tempo vi era una grande piazza, oggi scomparsa dedicata alla città di Venezia. La "Siberia" era una zona malsana ma che può raccontare molte storie. Come quella delle tote Rostagn, ossia le "Signorine di Rostagno" come venivano chiamate delle asinelle, dal nome del loro proprietario. Il grande prato erboso in cui girovagavano le asinelle, era anche stato scelto come deposito per materiale da costruzione. Il latte di queste asinelle si credeva fosse prodigioso per curare il mal di petto., ed il prato era indicato come il "prato del lattaio".
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Il bigliettaio del bus n° 5

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TulonIn televisione, un vecchio film in bianco e nero mi ha riportato alla mente particolari momenti della mia infanzia. La scena in questione era quella del bigliettaio che sugli autobus prendeva i soldi consegnando il permesso di viaggio o obliterava l'abbonamento. Il film mi ha ricordato quando da piccolo prendevo l'autobus da Marengo per andare a scuola a Spinetta. La memoria mi lancia un flashback in cui i passeggeri stavano rigidamente seduti vicino alle porte posteriori dell'autobus e vicino ai finestrini. L'unica porta da cui potevi accedere all'autobus era quella posteriore, dove stava il bigliettaio, seduto come su un trono, su un piccolo sgabello, mentre la porta anteriore era riservata alla discesa. Il bigliettaio aveva sempre un cappello con fregio societario e visiera, camicia azzurra con cravatta scura e completo blu scuro. Con sguardo truce ti guardava quando tra bambini alzavamo un po' la voce per scherzare.
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Luci ed ombre a Torino (LVI parte)

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Marge DudleyNell'adiacente via Antonio Fabro, una lapide ricorda che al civico n. 6 che vi abitò, una delle più note figure dell'antifascismo torinese: Piero Gobetti.
Raggiungo il luogo d'appuntamento e trovo ad attendermi Ron e Erminione davanti ad un locale di ristorazione recentemente aperto il M** BUN. Il locale è un agrihamburgheria di tradizione piemontese. Infatti vi puoi trovare solo prodotti slow fast food prodotti in Piemonte. Ron che è un divoratore di carne, è particolarmente affezionato a questo locale, che nemmeno io disdegno, sia per la qualità dei prodotti che per il rapido servizio. Ordiniamo due bei panini con carne di fassone piemontese, il locale serve anche robiole al forno, carne cruda battuta al coltello, acciughe in salsa verde e rossa, dolci tipici come bônet e panna cotta, vini piemontesi e altre bevande prodotte in Piemonte.
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Pina, la mia lucertolina

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lucertola pinaAncora intorpidita, Pina, così ho chiamato la mia lucertolina, esce da chissà quale buco dove è rimasta nascosta dormendo tutto l'inverno. Mi soffermo a guardarla, mi aveva tenuto compagnia tutta l'estate precedente sul piccolo balconcino che si affaccia sulla cucina. Le piaceva prendere il sole tra i vasi delle piante aromatiche, ma non disdegnava nemmeno una passeggiata tra i vasi dei gerani. Quante volte, annaffiando i vasi, le ho fatto il bagno, facendola scappare quando si mimetizzava tra le alte foglie della menta o si nascondeva sotto i grandi fiori delle zinnie. Era l'unico momento che la vedevo scappare, per il resto, la mia presenza anche se rumorosa sul balcone non la spaventava. Sono contento di rivederla, ha messo fuori la testolina e la muove da tutte le parti, come a voler riconoscere il luogo che la ospita. Ogni tanta la linguetta biforcuta guizza svelta dalla bocca.
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Il mio Piemonte: Piedicavallo

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Piedicavallo (Valle Cervo)È una bella giornata di sole e con Lele e Gian decidiamo di andare a fare un tour in Valle Cervo, ed esattamente a Piedicavallo.
Mentre ci inerpichiamo sulle strette e tortuose strade di montagna, Lele mi racconta alcune leggende che la riguardano. Tra esse mi ha particolarmente interessato quella de l'Òm Salvè perché è legata alla storia del Maccagno, un formaggio a pasta semicotta, tipico delle valli biellesi e della Val Sesia. Il nome dovrebbe derivare dall'alpe Maccagno, alpeggio valsesiano. Altre persone credono, invece, che il nome derivi da Maco antico capo di qualche locale tribù. Il Maccagno ha una forma cilindrica e una crosta di color paglierino, mentre la pasta è bianco-paglierino, il suo sapore è dolce con un aroma che ricorda il burro. Il latte è rigorosamente di vacca di razza Bruna o Pezzata Rossa d'Oropa.
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Luci ed ombre a Torino (LIV parte)

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Dudley DursleyCi gustiamo lentamente le nostre coppette di gelato, mentre guardiamo transitare i passanti nella via dedicata allo "struscio" cittadino. Non posso percorre tutta via Garibaldi, devo raggiungere il luogo di appuntamento con Ron ed Hermione. Lascio Remus Lupin con un caloroso saluto, speranzoso che i nostri rapporti tornino un giorno ad essere sorridenti come un tempo.
Percorrendo via San Tommaso e via Monte di Pietà, mi viene in mente che nel tratto finale di via Garibaldi vi siano ancora lapidi che ricordano illustri personaggi come per esempio Nino Oxilia (1889 – 1917), poeta torinese vissuto a cavallo fra Crepuscolarismo e Futurismo, la sua lapide è posta vicino al civico 9. Costui, già giornalista, a soli ventidue anni raggiunse la fama nel 1911 con la commedia a tema studentesco "Addio giovinezza!" (scritta con l'amico Sandro Camasio) poi trasformata in operetta nel 1915.
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Pensierino inutile della domenica mattina

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Buona Domenica!Dopo aver letto il giornale e ascoltato il radiogiornale, mi core veloce un inutile pensiero, quasi uno sfogo. Fintanto che metteremo la nostra croce sulle schede elettorali a vassalli di un imperatore non otterremo mai nulla per la plebe. Continuiamo a farci imbonire da venditori di sterco magico che cura tutte le malattie, continuiamo a credere che il futuro si legga nella sfera della fattucchiera, che il più forte ha sempre ragione, che sia giusto vivere divisi in classi sociali, in base al colore della pelle, che noi, io compreso, siamo i detentori della verità, che l'urlatore saprà difendere gli altri, che lamentarsi è giusto perché gli altri non fanno nulla, perché intanto tutti rubano, perché l'erba del vicino è più verde. Continuiamo a credere a chi promette il bene della società, plaudiamo chi ci garantisce sicurezza, lavoro e paradiso eterno. Continuiamo ad illuderci che abbiamo la pancia piena, le scarpe nuove, un vestito firmato, l'iPhone, la casa con piscina e un posto da tronista da Maria de Filippi. Ecco, mentre Voi credete queste cose e il nostro bel Paese va in merda, io mi metto le vecchie scarpe, il consunto ma colorato vestito e dopo il caffè, dopo aver mandato a cagare il mondo patinato dei superficialotti ipocriti vado a fare due passi e a godermi la domenica.
 

Un uomo deve saper piangere

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pierrotUn detto popolare dice che un uomo non piange mai. Ma non è vero: anche gli uomini piangono. Piangere non è un male, non è un atto di debolezza, non è da considerare un peccato o espressione di paura. Il corpo umano ha bisogno di piangere, perché piangere aiuta a scaricare la tensione nervosa e lo stress. Aiuta a riflettere, a ritrovare se stessi ed ha un effetto sedativo dopo aver subito momenti di tensione emotiva.
Le ragioni del perché un uomo pianga sono molteplici, le più comuni sono la tristezza, la rabbia, la frustrazione, ma è anche espressione di gioia ed allegria.
D'altra parte se ci pensiamo, quando siamo nati la prima cosa che facciamo è urlare e piangere, è un modo di comunicare che non va represso. Poi da bambini, qualcuno mi raccontava che gli uomini non devevano piangere, che il pianto è associato alla debolezza.
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Luci ed ombre a Torino (LV parte)

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Michael CornerOrmai sono in via Monte di Pietà e manca poca strada per raggiungere il luogo d'incontro con i miei amici.
Questa strada prende il nome dall'Istituto che forniva prestiti su pegni, ora sede di una banca. Il Monte dei pegni fu fondato da Claudio di Seyssel, docente all'università di Torino e vescovo di Marsiglia nel 1519. Costui fu giureconsulto e letterato di chiara fama e le sue spoglie furono tumulate nel duomo di Torino. Mori infatti un anno dopo aver istituito il Monte dei Pegni. Questa istituzione ebbe nella sua lunga storia diverse traversie, infatti dopo qualche anno di attività cadde in crisi per colpa delle guerre che tormentarono la seconda metà del 1500. Nel 1579, dopo un periodo di chiusura, fu riaperto per iniziativa dei Gesuiti. Nel 1825 l'amministrazione dell'ente venne affidata alla Compagnia delle Opere Pie di San Paolo, ora è sede di una banca, come ovvio che sia. Molti non lo sanno ma il cosiddetto Monte di Pietà è così chiamato perché il primo e più famoso Banco dei Pegni a Roma si trova a Piazza Monte di Pietà.
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La città ideale

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Città idealeQuando esco a fare due passi o un breve giro in bicicletta nel paesino dove abito o in città, penso inesorabilmente al quadro visto a Urbino, alla Galleria Nazionale delle Marche, intitolato "Veduta da città ideale". Esso è stato dipinto da un anonimo artista dell'Italia Centrale di fine XV secolo. Non vi è nessuna somiglianza tra il quadro e la mia città. Anzi ultimamente è l'antitesi del quadro stesso.
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Mattina d'inverno

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invernoLa sveglia deve ancora suonare che gli occhi si aprono. Dalle tapparelle della finestra non filtra nessuna lama di luce. Il rumore delle auto che sfrecciano nella sottostante strada raccontano che la giornata ha preso vita. Il lamentoso miagolio dei miei due gatti, posizionati dietro la porta della stanza, annunciano che l'ora di lasciare il caldo piumone è ormai giunta. Il freddo rende le coperte più corte e i minuti più brevi. Con pigrizia stendo le stanche gambe, quasi a voler allontanare le lenzuola che per una notte hanno raccolto i sogni.
Dopo una notte che apparentemente sembra lunghissima ma che non ha allontanato la stanchezza accumulata, gli sbadigli si fanno frequenti e come se le gambe fossero estranee al resto del corpo, mi ritrovo seduto sul bordo del letto, pronto a ricominciare un'altra giornata.
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